(Foto Vatican Media/SIR)

Un incontro all’insegna del dialogo e del rispetto reciproco, con lo sguardo rivolto verso il cielo, nella consapevolezza di rappresentare “un formidabile potenziale di bene a servizio della società”. Questo il senso dell’Incontro ecumenico e interreligioso svoltosi oggi presso l’Hun Theatre di Ulaanbaatar, in Mongolia, meta del 43° viaggio apostolico di Papa Francesco.

“Permettetemi di rivolgermi a voi così, come fratello nella fede con i credenti in Cristo e come fratello di tutti voi in nome della comune ricerca religiosa e dell’appartenenza alla stessa umanità” che – ha esordito il Papa – “nel suo anelito religioso, può essere paragonata a una comunità di viandanti che cammina in terra con lo sguardo rivolto al cielo”.

Facendo quindi riferimento alle bellezze della Mongolia, raccontate da poeti e credenti (Guglielmo di Rubruk, Viaggio in Mongolia, XIII/3, Milano 2014, 63), il Papa ha paragonato le sue immense distese di terra e di cielo alle “due dimensioni fondamentali della vita umana: quella terrena, fatta di relazioni con gli altri, e quella celeste, fatta di ricerca dell’Altro, che ci trascende.

La Mongolia ricorda insomma il bisogno, per tutti noi, pellegrini e viandanti, di volgere lo sguardo verso l’alto per trovare la rotta del cammino in terra”. Dopo aver ringraziato ciascuno e ciascuna per la presenza e per ogni intervento, il Papa ha individuato nell’”essere insieme nello stesso luogo” un primo importante messaggio dell’incontro: “Le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società. Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli”.

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