DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Sono solo tre i versetti della lettera di Paolo ai Romani che, oggi, la liturgia ci propone. E, in questo breve testo, troviamo alcune affermazioni molto importanti e, soprattutto, molto esigenti.
La prima: «…non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole…».
Non dobbiamo avere debiti, fatta eccezione che nel campo dell’amore; infatti nel campo dell’amore resterà sempre qualche debito, perché il nostro amore verso gli altri non è un passo che compiamo per primi, il che farebbe dell’altro un debitore nei nostri confronti; è invece una risposta, mai completa, all’amore che Dio ha manifestato per noi, amore che precede il nostro proprio amore e che rimane sempre inappagato. In amore saremo sempre debitori. Nessuno può ritenersi in credito nell’amore vicendevole!
Il ragionamento può sembrare complicato ma, quello che l’apostolo ci vuole dire, è semplicemente questo: voi non siete tenuti a nient’altro che ad amarvi gli uni gli altri. Per Paolo, dunque, l’amore non è un semplice impulso del cuore che oggi c’è e domani non c’è più, ma un dovere che chiede di essere sempre riconosciuto e praticato.
Continua ancora la lettera: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai […] e qualsiasi altro comandamento si ricapitola in questa parola: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”».
I singoli comandamenti non sono soppiantati e annullati dal comandamento dell’amore ma, in esso, trovano il loro motore, la loro ragion d’essere, il loro senso, la loro motivazione ultima, la loro pienezza. Facciamo un esempio: io non uccido perché la legge mi impone questo obbligo, io non uccido innanzitutto perché amo, e in quanto amo rispetto il fratello e non uccido!
La lettera conclude, infatti, con queste parole: «La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della legge infatti è la carità». Non c’è più bisogno di imparare tutti gli altri precetti e impegnarsi a praticarli perché, chi pratica l’amore, non potrà mai andare al di fuori dei parametri indicati nella legge.
Un esempio concreto lo troviamo nel Vangelo di Matteo. È un brano, quello di questa domenica, in cui si parla della correzione fraterna, una forma sublime dell’amore che chiede rispetto e stima dell’altro e una grande libertà dal proprio egoismo.
Se capita che un altro ti offende, quale soluzione è possibile? Gesù è molto chiaro, c’è una sola soluzione: se uno offende o danneggia un altro, che si riconcilino tra di loro, cioè che si perdonino reciprocamente.
Il dato fondamentale è che il perdono reciproco tra gli uomini è anche il perdono di Dio. Per questo Gesù nel Vangelo dice: «…tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo».

Cioè, tutta la comunità ha il potere stesso di Gesù: quello di sciogliere e perdonare perché ciascuno di noi è chiamato alla responsabilità di liberare e guadagnare il fratello, sempre.
Una responsabilità nell’amare di cui ci parla anche il profeta Ezechiele nella prima lettura: «Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Se io dico al malvagio: malvagio, tu morirai, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato”».
Concludendo: se davvero il Signore ci ha cambiato la vita, allora ha cambiato anche il nostro modo di vedere e di occuparci degli altri. Proviamo?

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