DIOCESI – Si è concluso da una settimana l’incontro diocesano a Montemonaco che ha riunito clero e laici della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto per un momento di confronto e di comunione ecclesiale, fortemente voluto dai Consigli Pastorali e dai gruppi di ascolto che, come affermato dallo stesso vescovo Carlo Bresciani, è stato “un desiderio di crescere insieme come Chiesa, un santo desiderio suggerito dalla Spirito Santo”.
Abbiamo incontrato due protagoniste di questo incontro diocesano per farci raccontare le loro impressioni in merito all’esperienza vissuta: la dott.ssa Maria Chiara Verdecchia, pedagogista, psicologa clinica e responsabile della formazione in Diocesi, e la dott.ssa Elena Aubert, laureata in Lettere e Storia dell’Arte, operatrice del Servizio Civile Universale presso l’Ufficio Cultura del Comune di Grottammare e capo del Gruppo Scout San Benedetto 3.

Quale è stato il suo ruolo a Montemonaco?
Maria Chiara V.: Il mio compito è stato quello di elaborare uno strumento di lavoro, applicando il metodo sinodale, per accompagnare la condivisione nei tavoli costituiti da laici, presbiteri, religiosi. In questo, sono stata supportata, costantemente, da un lavoro di équipe e da un gruppo di facilitatori, che si è messo a disposizione, nei vari incontri di formazione. A tal proposito vorrei ringraziare il vescovo Carlo Bresciani, il vicario generale don Patrizio Spina, i sacerdoti, i facilitatori e tutto il team con cui collaboro che mi ha fatto davvero apprezzare la nostra Diocesi: l’ho trovata infatti molto predisposta alla formazione e a mettersi in cammino. Ammiro moltissimo il lavoro di don Gianni Croci, responsabile della Pastorale Diocesana: stimo la sua competenza, la sua creatività e soprattutto la voglia di stare al passo con i nuovi metodi pedagogici.
Elena A.: Io sono stata una facilitatrice del gruppo giovani. Come dice la parola stessa, il mio compito è stato quello di facilitare l’ascolto e il confronto durante i tavoli sinodali, gestendo i tempi nelle varie fasi dell’incontro, focalizzando la discussione sul tema principale e sintetizzando alla fine il contributo degli intervenuti. Il gruppo giovani, che mi è stato affidato, era formato da alcune ragazze adolescenti appartenenti alla mia parrocchia, quella di San Filippo Neri, e numerosi ospiti della Caritas Diocesana, quindi di diverse nazionalità ma tutti giovani aventi in media un’età di circa venticiqnue anni. Essendo un gruppo multietnico, abbiamo parlato un po’ in italiano, un po’ in inglese e abbiamo anche avuto due ragazzi che hanno fatto da interpreti con i Pakistani e gli Arabi. In questo modo, nonostante la barriera linguistica, siamo riusciti a comunicare con tutti.

Quali sono le sue impressioni in merito a questo evento?
Maria Chiara V.: Lo “stare insieme”, non così scontato e abituale nelle comunità cristiane, a mio avviso, ha creato momenti di entusiasmo nelle persone. L’esperienza di provare a mettersi in ascolto di sé e dell’altro, ha favorito un clima relazionale sereno, contraddistinto da gentilezza ed empatia. Il coraggio di mettersi l’uno accanto all’altro, percependosi vicini senza pre-concetti, costituirà, senza dubbio, buone basi collaborative per costruire una nuova parrocchia, capace di rispondere, adeguatamente, alle esigenze reali dell’intera Comunità.
Elena A.: La mia impressione è che c’era assolutamente bisogno di poter mettere insieme, in un momento di confronto e ascolto attento, realtà diverse all’interno della Chiesa. E non solo. Nel nostro tavolo abbiamo accolto ragazzi anche di un’altra religione, poiché molti di loro sono musulmani. Questo non è stato un motivo di distanza o di ostacolo, bensì di arricchimento sia in termini sia culturali che religiosi: abbiamo scoperto abitudini e culture diverse, nuovi punti di vista e storie personali di vita molto diverse delle nostre. Ogni storia è stata una testimonianza molto forte che ci ha fatto riflettere profondamente.
Può dire, in poche parole, il messaggio rilevante giunto dai vari tavoli sinodali?
Maria Chiara V.: Lasciare andare alcune cose, che sempre si son fatte, ed avventurarsi insieme in nuovi sentieri, con la consapevolezza dell’essere ancorati in Gesù. Colgo l’occasione per ringraziare tutti, perché, se da un lato ho cercato di formare, dall’altro ciascuno mi ha reso migliore.
Elena A.: Per il nostro tavolo il messaggio più rilevante è stato scoprire quanto la Chiesa sia accogliente! Noi parrocchiani a volte questa Chiesa la sentiamo un po’ stretta; invece questi ragazzi hanno sperimentato in modo molto concreto quanto la Chiesa sia in grado di accogliere senza pregiudizi e senza giudizi. I ragazzi musulmani, infatti, ci hanno detto che sono riusciti qui da noi a vivere la loro vita nella libertà, senza imposizioni, senza obblighi, scegliendo se accettare o meno una proposta di vita cristiana. A livello personale, inoltre, questa esperienza mi ha aperto a nuove possibilità, a nuovi confronti, facendomi comprendere che, oltre allo scoutismo a cui sono legata e abituata, ci sono altri modi per vivere la fede cristiana e il bello di tutti è proprio quello di porsi delle domande e darsi insieme delle risposte.

 

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