foto SIR/Marco Calvarese

Nessuna possibilità, per il momento, per Indi Gregory – la neonata di sette mesi, affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, che i medici britannici non intendono curare – di arrivare all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Il giudice dell’Alta Corte Robert Peel ha deciso, ancora una volta, che è “nel migliore interesse” della bambina che vengano staccati i supporti vitali. Ai genitori della piccola, Dean Gregory, 37 anni, e Claire Staniforth, 35 anni, impegnati da settimane in un estenuante battaglia legale per salvare la figlia, non viene consentito, quindi di trasferirla in Italia dove i medici ritengono abbia una buona possibilità di sopravvivere. Il giudice Robert Peel, ha deciso, tuttavia, che i medici non possono spegnere il respiratore artificiale, che mantiene in vita Indi, fino alle 15, ora italiana, di domani per consentire ai genitori di ricorrere, ancora una volta, in appello. Sono stati propri i medici del “Queen’s Medical” di Nottingham, l’ospedale dove si trova la bambina, a ricorrere ai giudici perché i genitori, che sostengono che Indi risponde agli stimoli, piange, muove braccia e gambe, si oppongono alla sospensione dei supporti vitali. Come nel caso di Charlie Gard e Alfie Evans lo Stato ritiene di conoscere e tutelare meglio, rispetto alla famiglia, l’interesse del minore. “Anche se il trasferimento in Italia comporta qualche rischio, l’unica alternativa che ci viene offerta nel Regno Unito è di accettare la morte di Indi”, ha dichiarato il padre della bambina Dean Gregory, che è sostenuto dai legali della charity del movimento per la vita “Christian Concern”. “L’offerta dall’Italia è l’unica possibilità che abbiamo di curare nostra figlia e, come genitori, vogliamo seguire questa strada”.

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