“La violenza nasce dall’odio seminato da troppi anni, il rancore accumulato è esploso ma questo non giustifica la violenza da qualsiasi parte arrivi. Sia il popolo israeliano che quello palestinese vivono nella sofferenza causata dalla violenza cieca e sorda. Cosa succederà a questi popoli?”.

È quanto si domanda padre Ibrahim Faltas, vicario custodiale, in una nota inviata al Sir, nella quale commenta gli ultimi fatti legati alla guerra in corso a Gaza. “Jabalya – spiega il frate – è uno dei campi profughi che nei giorni scorsi è stato bombardato per due volte. Come in tanti altri campi a Jabalya vivevano migliaia di persone. Tanti hanno perso la vita, migliaia hanno perso gli affetti, i parenti e gli amici, il rifugio e il riparo della casa, i servizi più essenziali. Nelle stesse ore sono morti sedici soldati dell’esercito israeliano”. “Gli ospedali, le chiese, le moschee, i centri di aggregazione, le case crollate – si legge nel testo – hanno sepolto le persone ma hanno anche distrutto la loro storia, i ricordi delle vite che le stanze conservavano, i sogni dei giovani, le nostalgie degli anziani e le speranze di tutti” annota il francescano della Custodia di Terra Santa che poi rivela: “Fino a qualche giorno fa erano i genitori a scrivere i nomi dei figli sulle loro mani per poterli riconoscere in caso di morte. Ora sono i bambini a scriverlo sulle mani di altri bambini. Non è umanamente possibile pensare a questo”. “Non dobbiamo mai dimenticare la guerra, come ci ha chiesto il Papa durante l’Angelus. Non stanchiamoci – esorta padre Faltas – di chiedere con forza di fermare le armi immediatamente, di portare le parti a parlarsi con l’aiuto di mediatori giusti. Ai bambini innocenti di Betlemme fu tolta la vita per ordine di Erode e a causa della sete di potere, malattia degli uomini di ieri e di oggi. Morirono innocenti e nel silenzio. Gli innocenti, tutti gli innocenti, non hanno bisogno di silenzio ma della voce di ognuno di noi. Cessate il fuoco”.

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