Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano, da Vatican News
Le immagini diffuse dai media in queste ore a Gaza mostrano fotogrammi ai limiti della sopportazione. Bambini, anche piccolissimi, il cui pianto solca il volto annerito dal fumo o sporco della polvere dei palazzi crollati sotto le bombe. Bambini in braccio a genitori e parenti con la bocca aperta a urlare per il dolore di una perdita. Di un familiare o di un arto. Insieme a queste, le fotografie di minori disperati davanti alle bare dei genitori in Ucraina oppure quelle di ragazzini in Africa di neanche 10 anni con in mano un kalashnikov, seduti su un carro armato, già addestrati ai conflitti. Bambini morti (come i sette neonati prematuri deceduti nelle incubatrici in ospedale a Gaza), bambini feriti, bambini migranti, bambini soldato, bambini sfruttati: è tollerabile tutto questo? Quanto deve durare ancora la sofferenza dei più piccoli? Quella davanti alla quale il Papa più di una volta ha detto che non c’è risposta, ma solo lacrime.
Ed è proprio il Papa a richiamare nuovamente l’attenzione verso i minori nella ricorrenza che ne ricorda i diritti imprescindibili, la Giornata mondiale dei diritti dell’Infanzia, istituita nel 2008 e celebrata nel giorno in cui si ricorda l’anniversario dell’approvazione (20 novembre 1989) da parte dell’Assemblea delle Nazioni Unite della Convenzione Onu sui diritti di Infanzia e Adolescenza. Il trattato sui diritti umani, forse, più ratificato al mondo.
Mentre si svolgono le iniziative per la campagna Unicef Bambini tra guerre ed emergenze dimenticate che vuole ricordare i tanti bimbi che nel mondo vivono contesti di emergenza, con un particolare focus su sei Paesi colpiti da violenze, Francesco si fa presente su X (ex Twitter), e tramite l’account in nove lingue e da milioni di followers @Pontifex, diffonde il suo messaggio che ha il fine di un monito e la forma di un quesito – anzi, due – quali spunti di riflessione.
“Quanti bambini sono privati del diritto fondamentale alla vita e all’integrità fisica e mentale, a causa dei conflitti? Quanti bambini sono costretti a partecipare o assistere ai combattimenti e a portarne le cicatrici? Nessuna guerra vale le lacrime dei bambini”
Una frase, quest’ultima, che prosegue idealmente l’appello lanciato esattamente dieci giorni fa, il 10 novembre, dallo stesso Pontefice nel messaggio inviato ai partecipanti alla VI edizione del Forum di Parigi sulla pace. “Nessuna guerra vale le lacrime di una madre che vede suo figlio mutilato o morto”, denunciava Francesco. E aggiungeva: “Nessuna guerra vale la perdite della vita anche di una solo una persona umana, che è un essere sacro, creato a immagine e somiglianza del Creatore; nessuna guerra vale l’avvelenamento della nostra casa comune; nessuna guerra vale la disperazione di coloro che sono forzati a lasciare la loro patria e vengono privati, da un momento all’altro, delle loro case e di tutti i legami familiari, amicali, sociali e culturali che hanno costruito, talvolta da generazioni”.
Nessuna guerra – “Sempre, sempre, sempre una sconfitta per l’umanità”, come ha avuto modo di ribadire il Papa nell’Angelus di ieri – vale il vedere quelle immagini. Un pugno allo stomaco; un peccato di cui, diceva il Papa già durante le celebrazioni a Santa Marta dei primi anni di pontificato, “Dio ci chiederà conto”.
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