Marcello Filotei – Vatican News
«Candentibus» o «cantantibus», questo è il dilemma. Che non sarebbe nemmeno troppo complicato da risolvere con un dizionario latino a portata di mano. Ma se sei un amanuense medioevale e hai delle fonti non precisamente affidabili, è alto il rischio di commettere un errore di trascrizione, e come conseguenza diretta della tua svista Santa Cecilia può diventare Patrona della musica. Secondo la tradizione, la nobile romana, vissuta nel terzo secolo, con l’arte dei suoni ha avuto poco a che fare in vita. Le cronache raccontano del suo matrimonio con il nobile Valeriano, che accettò di abbracciare la fede in Cristo e di vivere in castità. In epoca di persecuzioni i due giovani furono condannati a morte dal prefetto di Roma Turcio Almacchio, con loro rimase vittima della scure imperiale anche il notabile Massimo che, incaricato di condurre gli sposi al supplizio, si era convertito alla fede cristiana. Ma non basta, prima di morire il 22 novembre del 230 Cecilia convertì anche i mandanti della sua esecuzione. Fin qui, però, la musa Euterpe non figura.
Nella Passio, redatta qualche secolo dopo, si narra però che il giorno delle nozze cantantibus organis, cioè mentre gli organi suonavano, la santa decantabat nel suo cuore con le parole «conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa». Questo è il motivo per il quale è patrona della musica. In realtà il verso latino è frutto di un errore di trascrizione. Cecilia non stava, come pensavano i medievali, cantando la sua purezza verginale nel giorno del suo matrimonio tra l’allegra armonia di organi, ma pregava candentibus organis, cioè mentre si arroventavano gli strumenti di tortura.
Lei che ha ritenuto più nobile «nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d’oltraggiosa fortuna» piuttosto che «prender armi contro un mare d’affanni e, opponendosi, por loro fine» si è dunque ritrovata quasi per caso a essere ritratta contornata da strumenti musicali, a ispirare capolavori immortali, a dare il nome ad Accademie e scuole di ogni grado, e soprattutto a fare del 22 novembre di ogni anno un giorno che non può passare sotto silenzio.
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