Una situazione davvero imprevedibile: le elezioni politiche del 23 giugno in Albania si sono svolte con risultati oltre ogni aspettativa che restituiscono al Paese la certezza della governabilità. Lo scrutinio si è concluso la sera del 26 giugno, mai era accaduto che si svolgesse in tempi così brevi. Tutte le forze politiche – tranne i nazionalisti – hanno accettato i risultati delle urne. Una maggioranza record (84 deputati) è andata alla coalizione di centro-sinistra con a capo il Partito socialista di Edi Rama. Sono rimasti solo 56 deputati alla coalizione di centro-destra guidata dal Partito democratico di Sali Berisha che, incassata la sconfitta, ha annunciato la sua uscita di scena. Ma qual è il risultato più profondo di questa tornata elettorale? Cosa attendersi per il futuro del Paese? Sono interrogativi che, a pochi giorni dal voto, fanno riflettere gli analisti politici e il mondo socio-culturale del Paese delle aquile.
I valori verso cui aspirare. “L’Albania – spiega Romeo Gurakuqi, docente di storia del diritto all’Università europea di Tirana e membro dell’Accademia albanese delle arti e della scienza – si è affacciata alle elezioni in un accanito clima politico, con un sistema elettorale inadeguato” e con l’esigenza di venir fuori, a livello democratico, dall’attuale “fase embrionale”. Ma la strada da compiere è ancora tanta, “soprattutto – sottolinea Gurakuqi – se si tiene conto che negli ultimi quattro anni si sono registrate contrazioni delle libertà individuali”, azioni di controllo delle opinioni di esponenti del mondo culturale e intellettuale, oltre che “corruzione galoppante, rapporti clientelari da parte del potere con componenti sociali di dubbia legalità”. Per questo nelle elezioni, da poco svolte, sono emersi, ancora una volta, quei nodi che la Conferenza episcopale albanese ha denunciato in un recente documento: voti comprati o estorti sotto minaccia, manipolazioni varie, etc. Tutti fattori, commenta il docente, che portano a “una rappresentanza pilotata, che va contro i valori di civiltà e spirito europeo verso cui aspirare”.
L’esigenza di riforme. Realizzare il sogno di un’Albania “pulita”, secondo Gurakuqi, non è impossibile, basta “neutralizzare le cancrene che si tramandano di potere in potere”, realizzando una serie di riforme istituzionali. Innanzitutto, “è indispensabile creare un bilanciamento regionale dell’esecutivo, dell’amministrazione, del sistema di giustizia e dei pilastri che reggono lo Stato. È essenziale una ricostituzione della Repubblica, per riscattarla dalle ombre del conservatorismo ottomano, insieme a una riformulazione della Costituzione”. L’Albania ha poi bisogno di “una riforma del sistema dei partiti, che punti alla democrazia interna e metta al bando tutte quelle formazioni che promuovono la violenza”. E ancora: “È necessaria e importante una riforma amministrativa del Paese, secondo le divisioni regionali del periodo precedente la dittatura. Ciò trasformerebbe l’attuale sistema elettorale in maggioritario, garantendo elezioni in un solo round e la formazione di due alleanze elettorali distinte, con a capo una leadership predefinita”.
In cammino verso l’Ue. Passi e riforme importanti per la normalizzazione del Paese, ma anche e soprattutto per il suo futuro in chiave europea. Anche se su questo tema è richiesta “una riflessione approfondita”. Infatti, affermaNest Zefi, giurista, “al di là dell’uso ipocrita e strumentale della locuzione ‘integrazione europea’, abusata e usurata nell’ultimo ventennio dai politici albanesi per scopi meramente contingenti e utilitaristici, solo in questo ultimo periodo sta prevalendo negli albanesi l’astuzia della ragione e il desiderio autentico di non perdere l’occasione storica di avanzare nella ‘alfabetizzazione’ democratica e nello stato di diritto”. Secondo Zefi, “la vera Europa e il suo spirito ontologico si possono ritrovare dentro la storia della stessa Albania. Depositaria ne è soprattutto quella minoranza martoriata per cinque secoli dalle orde ottomane, i cattolici albanesi, da valorizzare per fungere da lievito e traino per la mentalità giusta in proiezione del futuro europeo del Paese. Spiace, però, costatare che i cattolici albanesi continuino a essere emarginati nonostante i numeri e il peso specifico oggettivo. È, infatti, ancora presente l’inerzia di una mentalità escludente, propria dei superstiti dei pregressi regimi sconfitti dalla storia, ma che hanno ancora tanta voce”. Anche questa, forse, è una situazione che porterebbe risultati oltre ogni aspettativa.
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