Di Nicola Salvagnin
Diceva Leo Longanesi: “In Italia non si potrà mai fare una rivoluzione, perché ci conosciamo tutti”.
Insomma, la si può anche proclamare e sventolare, ma poi tutto s’accomoda.
Questo per tranquillizzare anzitutto chi teme che la legge sull’autonomia differenziata che sta attraversando il Parlamento, sia dirompente per gli equilibri istituzionali italiani. Se si pensa che l’autonomia differenziata è stata inserita in Costituzione nel 2001, che 23 anni dopo siamo ancora lì a vedere come concretizzarla e che i promotori di quella riforma costituzionale oggi votano contro la stessa, si può concludere serenamente che la situazione è grave, ma non seria.
Grave perché in teoria stiamo adattando da decenni un vestito, dimenticandoci del corpo. E cioè: questo è uno Stato che funziona male, con una burocrazia elefantiaca e inefficace; con disparità territoriali enormi, pur con alcune materie già da tempo nelle mani delle Regioni. Oggi, a parità di regole e risorse per ogni Regione, perché migliaia di calabresi vengono a curarsi nel Veneto e nessun veneto va a curarsi in un ospedale calabrese?
Dagli anni Novanta nel Nord esiste un partito e un movimento di idee che propugna una sostanziale autonomia regionale simile a quella che hanno Trento e Bolzano (e che ha pure la Sicilia, però con esiti infelici). Ognun per sé, Roma per tutti (ma meglio più lontana e ininfluente). L’idea era ed è che una maggiore autonomia delle Regioni determinerà un miglioramento generalizzato. In caso contrario – ma sottaciuto per ragioni squisitamente elettorali –, un miglioramento di alcune Regioni del Nord che vengono viste come “benefattrici” senza contropartita di altre molto meno virtuose. E tutti a fingere che non sia così.
Insomma, noi sul solco dei Land tedeschi, in una Germania che funziona bene. Ma la statalista Francia funziona altrettanto bene. Quindi è il vestito o il corpo il problema?
Con questa legge – che è sostanzialmente procedurale –, le Regioni potranno chiedere allo Stato una serie di funzioni (fino a 23) che spaziano da cose anche logiche, a mezze assurdità: ma il tutto verrà vagliato dalla conferenza Stato-Regioni e da votazioni parlamentari con un iter molto articolato. Quindi relax: non si attiverà la politica estera del Molise con un emendamento infilato nottetempo in un decreto milleproroghe. Lo Stato spenderà gli stessi soldi di prima (valà?), si dovrà sempre garantire un’equa fruizione dei diritti sociali per tutti i cittadini italiani.
Già: ma già oggi bisogna garantire un’equa fruizione dei diritti sociali a tutti i cittadini. Senza risultati apprezzabili e con sperequazioni enormi. Non si capisce perché e come le cose cambierebbero in meglio con l’autonomia differenziata. Perché i soldi sono sempre quelli: il problema è la capacità di utilizzarli. Come di utilizzare il buonsenso: ve le immaginate 20 ordinanze regionali diverse sulle mascherine in tempo di Covid?
Se fioriranno le rose, vivissimi applausi: è meglio star… meglio, che peggio. Se si complicheranno solo le cose senza alcun risultato apprezzabile, sarà la prova che il “tutto cambi perché nulla cambi” gattopardiano è il vero motto da mettere sulla nostra bandiera.
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