Gianni Borsa
La centralità dei popoli europei nel processo di integrazione, il ruolo delle istituzioni di Strasburgo e Bruxelles, “nodi” rilevanti come i conflitti in corso e l’aspirazione alla pace e i fenomeni migratori, le prossime elezioni per il rinnovo dell’Euroassemblea. Sono alcuni fra i temi affrontati nel corso dell’incontro svoltosi venerdì 26 gennaio in Vaticano tra Papa Francesco e mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece). Abbiamo rivolto qualche domanda a mons. Crociata.
Una udienza con il Papa è sempre una bella esperienza, consentendo un confronto certamente ricco di spunti. Quale il “clima” dell’incontro con Francesco?
Il clima dell’incontro è stato molto sereno e attento allo stesso tempo. Papa Francesco, come sempre, si è mostrato sensibile e a tratti pensoso sul cammino dell’Unione europea, soprattutto in questa fase. Parte sempre dall’ispirazione iniziale dell’Unione, quale si ritrova nelle grandi figure che le hanno dato avvio subito dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.
Su quali temi europei vi siete particolarmente soffermati?
Il Papa ha a cuore la libertà dell’Europa, intesa innanzitutto come respiro dei popoli, che devono avere la possibilità di esprimere se stessi, la propria cultura e i propri valori, in un rapporto costruttivo e creativo con gli altri popoli legati attraverso i rispettivi Paesi da impegni precisi nell’Unione europea. Un ruolo importante per la crescita dell’Unione può venire, senza ombra di dubbio, dall’allargamento ai Paesi che sono in attesa di entrarvi.Quanto più l’Unione europea assume le dimensioni dell’intera Europa, tanto più si allontana la possibilità di guerre nel nostro continentee si rafforza la dinamica che conduce verso una unità sempre più forte e verso un solido equilibrio tra organismi dell’Unione e cittadinanza dei popoli.
Sono state sollevate osservazioni sui conflitti e l’urgenza della pace? Oppure sui fenomeni migratori e l’accoglienza dei rifugiati in Europa?
La preoccupazione per le guerre in corso è costante, come del resto possiamo registrare dalla puntualità e dalla frequenza degli interventi del Papa. Quello delle migrazioni è una spina che fa molto soffrire. Diventa incomprensibile come un’Europa sempre più immersa in un inverno demografico possa non vedere – seppure certo non basterebbe – anche solo la necessità per la sua sopravvivenza di un apporto come quello degli immigrati. Le stesse misure adottate, come il recente Patto su migrazioni e asilo, sono l’espressione della volontà di trovare una linea comune, da parte di tutti i Paesi membri, e nello stesso tempo, però, di una tendenza a scaricare su altri il carico e gli effetti dei flussi immigratori e di mettere la sicurezza e la difesa dei confini al di sopra del dovere di accoglienza e di solidarietà. Bisogna andare verso una visione che dia ordine insieme ai flussi migratori e ai processi di inserimento e di integrazione nei vari Paesi secondo possibilità e in misura proporzionata.
A giugno gli europei eleggeranno il nuovo Parlamento europeo. Il Papa ha toccato questo argomento durante il vostro colloquio?
La tornata elettorale europea è, come sempre e più di altre volte, un passaggio critico; viene messa infatti alla prova la possibilità che gli orientamenti politici degli elettori diano luogo a una maggioranza che sappia guardare seriamente al futuro dell’Unione europea; ma è incombente anche il quesito su quanti effettivamente si avvarranno del diritto di voto.È necessario ravvivare una coscienza diffusa di partecipazione.Purtroppo pesa un’immagine, e tante volte una realtà, di un centro dell’Unione europea che procede ignorando sensibilità, attese, bisogni e problemi dei popoli di cui dovrebbe essere espressione e guida, quanto meno nelle materie che sono di competenza comunitaria ma a volte anche oltre. Questo alimenta insofferenza, rifiuto, e quindi anche anti-europeismo e assenteismo.
Altri argomenti emersi durante l’incontro con papa Bergoglio?
Un tema che è emerso nell’udienza con il Santo Padre e che è di grande importanza per il lavoro della Comece è il dialogo istituzionale della Chiesa con le istituzioni europee, che è supportato da un articolo dei Trattati dell’Unione. Questo dialogo a volte viene portato avanti in maniera proficua, altre volte corre il rischio di diventare una formalità. È importante che esso venga rafforzato con il nuovo Parlamento e la nuova Commissione che usciranno dalle elezioni di giugno.
Dieci anni fa, nel novembre 2014, il Papa fece visita a Strasburgo, rivolgendo un discorso al Parlamento europeo e un altro al Consiglio d’Europa. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti… A suo avviso quali passi avanti ha compiuto l’integrazione europea? Quali gli eventuali ritardi o passi indietro?
Il cammino di integrazione dell’Unione europea è cresciuto nel corso dei decenni. Non si può parlare di passi indietro, forse di allentamento o in certi momenti di arresto. Ci sarebbe bisogno di passi avanti più decisi in alcuni ambiti, che potrebbero segnare un rafforzamento del ruolo europeo nel panorama globale.Purtroppo l’Unione europea appare debole nel contesto geopolitico, pur avendo assunto posizioni nette e coerenti, come, per esempio, nel caso della guerra in Ucraina e nella lotta al cambiamento climatico.Nella stessa direzione essa dovrebbe crescere. Ma questo richiederebbe un superamento di egoismi di parte, da non confondere con la legittima libertà e identità culturale e valoriale di ciascun popolo. Il nodo è riuscire a raccordare volontà di unità che viene dalle istituzioni europee e dall’oggettiva esigenza di integrazione e di crescita dell’Unione e, dall’altro lato, condivisione e partecipazione consapevole da parte dei cittadini europei. Il rischio della divaricazione è grande. Per questo c’è bisogno per tutti del senso dei valori e della spiritualità, di un’anima, come diceva Jacques Delors.
Un suo messaggio ai giovani che per la prima volta potranno votare per il Parlamento europeo?
Papa Francesco anche in questo momento rivela un’attenzione speciale ai giovani e alla loro capacità di cambiamento e di rinnovamento. Ai più giovani si deve dire che l’Europa è il loro domani, che sono chiamati a costruire fin da ora, perché il loro presente anticipi il meglio di ciò desiderano per se stessi e per tutti in avvenire. Il voto è il primo decisivo passo nella giusta direzione.
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