La società civile dell’Ecuador alzi la voce contro l’introduzione dell’eutanasia, per via giudiziaria. La Conferenza episcopale dell’Ecuador (Cee) torna sulla recente sentenza della Corte costituzionale, recepita dal Governo, che ha di fatto depenalizzato l’eutanasia attiva e passiva. “La Costituzione e la legge devono essere al servizio della salute e della vita di tutti gli ecuadoriani, soprattutto di coloro che soffrono intensamente di malattie dolorose, cercando tutti i mezzi possibili per alleviarle”, ricordano i vescovi. Il 7 febbraio la Corte costituzionale dell’Ecuador ha approvato la depenalizzazione dell’eutanasia con la sentenza 67-23-IN/24, in risposta a una causa presentata da Paola Roldán, una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), una malattia degenerativa incurabile. Il Paese diventa il 9° ad approvare questa pratica.
L’episcopato, pur avvertendo nel suo messaggio che si tratta di una sentenza “vaga” in termini di presunta portata, perché non è chiara, ha anche notato con preoccupazione che la “cultura dell’usa e getta” sta diventando per alcuni giudici del Paese “un nuovo elemento della nostra realtà sociale”. E, hanno aggiunto, si tratta di una decisione che eccede i poteri del Tribunale e di un’interferenza incostituzionale nella funzione del legislatore. “Dare spazio all’eutanasia senza pretendere una legge sulle cure palliative è un ulteriore esempio del cinismo delle nostre istituzioni e del fallimento sociale e politico di chi le guida”, proseguono.
“L’eutanasia non è una questione di libertà personale. La libertà del paziente, in una condizione di grande vulnerabilità, è fortemente condizionata ed emotivamente condizionata”, scrive ancora la Cee nella sua nota. L’esortazione è quella di proseguire nel compito di alleviare e accompagnare la sofferenza di chi soffre di malattie, incoraggiando la promozione di una legge sulle cure palliative nel Paese.
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