“Le conseguenze indirette della guerra sulla salute della popolazione sono state altrettanto devastanti. Le cattive condizioni di vita, la mancanza di accesso all’acqua potabile, la mancanza di vaccinazioni e di accesso all’assistenza sanitaria hanno creato le condizioni per esacerbare significatamene la prevalenza di malattie e l’insorgenza di focolai”. Lo denuncia Msf, le cui équipe hanno registrato più di 100.000 casi di malaria, curato più di 2.000 persone per il colera e registrato diverse migliaia di casi di morbillo. Le donne incinte sono particolarmente colpite dalla mancanza di accesso all’assistenza sanitaria: nell’ultimo anno, Msf ha assistito più di 8.400 parti e ha effettuato 1.600 parti cesarei.
Anche la malnutrizione è un bisogno critico e crescente. Msf ha supportato il trattamento di oltre 30.000 casi di malnutrizione acuta in un anno. In Darfur settentrionale, nel campo di Zamzam i tassi di malnutrizione hanno raggiunto la soglia d’emergenza specialmente tra i bambini ed è allarmante il numero totale di decessi giornalieri.
“I pazienti muoiono a causa delle ferite provocate dalla violenza e di malattie prevenibili, i bambini muoiono a causa della malnutrizione. I vaccini si stanno esaurendo e sono già scoppiati focolai di malattie mortali come il colera e il morbillo. I dati sono estremamente allarmanti e ci aspettiamo che la situazione peggiori. Le previsioni sull’insicurezza alimentare sono estremamente preoccupanti anche per il resto del paese. Questi sono solo alcuni indicatori medici degli immensi bisogni basati sulle poche aree in cui Msf è in grado di accedere e rispondere, ma sappiamo che questa è solo la punta dell’iceberg. I bisogni in tutto il Paese sono enormi e in gran parte non soddisfatti”, dice Christos Christou, presidente internazionale di Msf.
Molto spesso le équipe di Msf si trovano a essere gli unici attori umanitari nelle aree in cui lavorano. Di fronte agli immensi bisogni della popolazione, è necessario e urgente un massiccio aumento della risposta umanitaria.
“Per fornire assistenza sanitaria lavoriamo in un contesto di estrema insicurezza ed è fondamentale che le parti in conflitto aderiscano al diritto internazionale umanitario e alle risoluzioni umanitarie dell’accordo di Gedda che hanno firmato nel maggio dello scorso anno per proteggere i civili e garantire un accesso umanitario sicuro a tutte le aree del Sudan e questo include la revoca urgente del blocco, l’apertura delle frontiere e degli aeroporti – conclude Christou -. Esortiamo le Nazioni Unite a usare la loro influenza e la loro leadership in questa crisi per garantire che le parti in conflitto rispettino questi obblighi e per avviare con urgenza un rapido aumento della risposta umanitaria. Esortiamo inoltre i donatori ad aumentare i finanziamenti per la risposta umanitaria in Sudan. Senza questi tre impegni essenziali, non sarà possibile fornire una risposta umanitaria sufficiente per evitare che questa crisi colossale peggiori ulteriormente”.
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