Ernesto Preziosi
La storia dell’Azione cattolica, fin dalle sue origini, è segnata da un legame speciale con il Papa. La radice è duplice, da un lato il momento storico in cui nasce la Gioventù Cattolica di Mario Fani e Giovanni Acquaderni (1867), poco prima della presa di Roma, dall’altro una motivazione per così dire teologica che dice l’identità dell’associazione.
L’Ac nasce in quella fase, definita dagli storici intransigente, in cui i cattolici si schierarono a difesa del Papa e del papato, non accettando il fatto compiuto e non partecipando alla vita politica dello Stato unitario: si apre la “Questione romana”. Anni difficili in cui l’Italia era percorsa da venti anticlericali che portavano ad avversare apertamente la religione. Basti pensare che al momento dei funerali di Pio IX, nel 1878, il corteo funebre, che si snodava dal Vaticano alla Basilica di San Lorenzo fuori le mura, dovette essere difeso dagli attacchi di chi voleva gettare la salma nel Tevere.
Papa Mastai aveva stabilito un legame intenso con la Gioventù cattolica, e con Acquaderni in particolare, confidando nel ruolo che quei giovani avrebbero potuto avere per il futuro della Chiesa. Saranno proprio quei giovani a vegliare la salma del Papa iniziando una tradizione che sarebbe durata nel tempo, ripetendosi anche alla morte dei successori.
L’altra motivazione ha un valore differente ed è riferita all’identità teologica dell’Azione cattolica, quell’ecclesialità che il Concilio ha richiamato nell’Apostolicam Actuositatem tra le note fondamentali e distintive dell’associazione. Sta qui il suo riferirsi non a questo o quell’aspetto della vita cristiana, non a singoli carismi fondativi, ma alla Chiesa stessa nel riferimento apostolico al Papa e ai vescovi.
Due caratteristiche che hanno dato origine ad un intenso rapporto tra i giovani di Ac e il papato.
Dopo il 1870 il Papa si considera “prigioniero” in Vaticano rinunciando a uscire da quelle mura; sarà la Gioventù Cattolica a organizzare i primi pellegrinaggi, le prime udienze per far pesare meno quell’isolamento e far sentire il calore e la fedeltà di quei giovani. Sarà solo l’inizio di una lunga serie di incontri.
La vicinanza tra i giovani di Ac e il Papa riguarderà anche la Gioventù femminile nata nel 1918 e guidata dalla Beata Armida Barelli. Tanti sarebbero gli episodi, ne basti uno: Ida apprende della morte di Pio XI (siamo nel 1939) mentre è a Pegli. Si precipita a Roma dove, accompagnata dal cardinale Pizzardo, visita la salma di Pio XI appena esposta nella Cappella Sistina. Torna a visitarla con mons. Confalonieri, che “le permise di deporre lì accanto un mazzo di violette portate dalla riviera”. Anche la Gioventù femminile di Ac organizzerà raduni in Vaticano, udienze che portano dal Papa decine di migliaia di giovani. La testimonianza dell’ultimo saluto al pontefice si è mantenuta nel tempo. Alla morte di Paolo VI (1978), una rappresentanza delle giovani si recherà a Castelgandolfo mentre i giovani veglieranno la salma in San Pietro.
I grandi raduni, il convenire a Roma, per manifestare la propria fede al successore di Pietro è stata talvolta vista come una sorta di trionfalismo, forse anche per i particolari momenti storici in cui avvenivano (i famosi raduni di centinaia di migliaia di giovani nel settembre 1948), in realtà per tantissimi giovani ha costituito un atto di fede e di fiducia nel “Bianco Padre che da Roma…”. Un’esperienza forte, capace, come testimonierà Carlo Carretto, di lasciare una traccia profonda nel vissuto personale.
Il legame speciale tra i rami giovanili, l’Ac e il Papa proseguirà lungo il Novecento con le udienze e i raduni in piazza San Pietro durante il pontificato di Giovanni Paolo II (la cui salma verrà vegliata dai giovani di Ac) e di Benedetto XVI. Papa Wojtyla nel dicembre 1978 rivolgendosi agli aderenti dell’Ac e compiacendosi per “quello che rappresentate nella Chiesa italiana” dichiarava: “In voi, dunque, io posso e devo soprattutto confidare”. Papa Benedetto nel maggio 2008 dirà per i 140 anni dell’associazione come lo “speciale e diretto legame con il Papa” non sia superato ma attribuisca “piuttosto una grande responsabilità alla vostra vocazione laicale”.
Incontri, discorsi, piccoli segni, tradizioni che dicono essenzialmente il senso profondo di una “fedeltà al papa” che va oltre la persona dei singoli pontefici e richiamano ciò che per l’Ac è la nota costitutiva dell’ecclesialità. Il fine immediato dell’Ac infatti è il fine stesso della Chiesa: “l’evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti” (AA n.20).
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