PODCAST – Per la rubrica di podcast “Il Punto”, curata dalla giornalista Carletta Di Blasio, oggi è on line il podcast “Aborto e fine vita: come dovremmo parlarne noi cristiani?“.
La scorsa settimana, in una delle numerose chat di cui faccio parte, ho assistito ad un bel confronto sul tema dell’aborto. Alcuni cristiani hanno discusso su quale sia il modo migliore di dissuadere una donna dall’abortire. Fin dove dovrebbe spingersi lo zelo cristiano e dove invece dovrebbe fermarsi per non diventare molestia, magari offensiva, intimidatoria o coercitiva?
Se vuoi sapere come sia finito il confronto, ascolta qui il podcast:
Susanna Faviani
Grazie Carla per questa bella testimonianza! Condivido ogni tua parola. Il cristiano è soprattutto discreto e delicato, mai impositivo o prepotente. L'empatia è il primo sentimento che dovrebbe accompagnarci prima del giudizio. Personalmente penso che il Cristiano si riconosca prima dai fatti successivamente e forse non sempre - dalle parole. Se una società stesse vicina alle persone in difficoltà queste non si sentirebbero sole e forse una mamma avrebbe il coraggio di tenere il bambino che le sta crescendo in grembo. Per il fine vita sono d'accordo con te, la delicatezza e l'empatia al primo posto piuttosto che la saccenza evangelica ( a parole). Grazie!
Pietro greco
Mi scusi ma si citano due cose non vere: 1) "Chi siamo noi per imporre,,," Nessuna legge impone di non abortire, è vero il contrario: si sta andando sempre più nella direzione di impedire di parlare a chi difende la vita.. 2) "Neppure Dio lo fa [ di imporre]": Si dimentica il quinto comandamento: Non uccidere ABORTO: nel 2021, dati ISS (Ist.Sup.Sanità) in Italia le IVG notificate sono state 63653, cioè 174 ogni giorno... più gli aborti da farmaco, non notificati, stimabili in oltre 10.000/anno In ogni ora"lavorativa" di ogni giorno, vengono eliminate 22 vite umane, Non "grumi di cellule" come tristemente il laicismo le definisce.... Sono vite che, se non eliminate, sarebbero state destinate come sostiene qualcuno, all'infelicità? È, forse, "'imposizione" o addirittura "violenza" (come citato nel post riportato) distribuire un volantino che induca la donna a riflettere? O piuttosto è violenza incendiare, come è successo a Roma, la sede di centri pro vita? È imposizione o violenza affiggere un manifesto con un bambino e la scritta: "facciamoli nascere" ? O è piuttosto violenza imporre di toglierli come ha fatto il comune di Roma? É imposizione o violenza pregare il Rosario davanti all'ingresso dove si eseguono aborti? È imposizione o violenza la proposta di far ascoltare alla madre il battito cardiaco del feto? (percepibile dalla sesta settimana). È imposizione o violenza il volontariato dei centri CAV (Centro Aiuto alla Vita) che aiutano materialmente e spiritualmente molte donne incinte a portare avanti la gravidanza, alcune delle quali tornano a ringraziarli per essere divenute madri e soprattutto per non aver ucciso il loto bambino? Due giorni fa, è stata condivisa una semplice ma bella testimonianza: un uccellino, piccolo "come due acini d'uva'", salvato e accudito da due buone persone, l'hanno chiamato "Soffio": quanta dolcezza, attenzione, cura... Mi è venuta spontanea una riflessione che vorrei comunicare in serenità senza la benché minima venatura critica nè polemica. Spero che almeno una parte dei buoni sentimenti che gli uccellini o altri animali in difficoltà ci suscitano e che giustamente "accendono" la nostra fattiva bontà, possa scaturire anche verso coloro che hanno a cuore I tantissimi "Soffio" (174 ogni giorno, dati 2021 ISS) che purtroppo non potranno soffiare più... È vero, sono più piccoli di "due acini d'uva", alla nona settimana (termine "legittimo" per praticare IVG), sono grandi come un'oliva ma già dalla sesta, quando sono piccoli come un semino di pera, in quel "semino" il cuore, come lei sa, comincia a battere.. Serena giornata con la Santa Vergine, venerata ieri come Madre della Chiesa, MAMMA MITE E CORAGGIOSA di tutti noi. Pietro greco, vostro lettore
Colomba
cara Carla affronti temi impegnativi e , come al solito, entri in profondità con delicatezza e sensibilità. Chi diamo noi per giudicare gli altri? - dici- e dove dobbiamo fermarci per non assumere atteggiamenti prevaricanti che possono sembrare anche violenti? La risposta è certamente personale e aperta, come in tutte le questioni che riguardano i grandi temi della vita. Possiamo attingere ai testi sacri, alle parole dei grandi pensatori e teologi, ma alla fine è con umiltà e compassione che dobbiamo avvicinarci all' Altro, sapendo che in ogni rapporto siamo noi ad entrare in gioco, siamo noi che impariamo sempre qualcosa in questo meraviglioso dialogo che intratteniamo con l'Altro e non c'è nulla di predefinito quando si tratta di rapporti e scambi tra persone.
Carletta Di Blasio
Grazie, Susanna, Pietro e Colomba, per le vostre considerazioni, che stimolano, a loro volta, ulteriori riflessioni. L'argomento meriterebbe più tempo e più spazio, magari in un confronto diretto, fatto di persona, mentre ci guardiamo negli occhi. Tuttavia, dovendo sintetizzare, mi limito a scrivere questo. Sul fatto che abortire significhi uccidere, non ci sono dubbi. Qui ci si sta confrontando sui modi con i quali noi cristiani siamo chiamati a dirlo e con i quali siamo chiamati in generale ad annunciare il Vangelo. Credo che, nei momenti terribili in cui si è sopraffatti dagli accadimenti e non si è lucidi, una persona non abbia bisogno di qualcuno che la giudichi, bensì di qualcuno che l'abbracci e le dica che il Signore le vuole bene e che gliene vorrà sempre, qualunque cosa decida di fare. Al "non uccidere", che pure è giusto - anzi oserei dire ovvio per un cristiano - è preferibile un "se vuoi", meglio ancora se detto con la stessa delicatezza che usa Gesù con il giovane ricco: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel Cielo; poi vieni e seguimi». Quel "se vuoi", quella delicatezza fanno la differenza. Grazie per essere dei nostri assidui lettori ed ascoltatori. Vi abbiamo nel cuore.