di Gianni Borsa

Infine è arrivato il momento di votare. Dopo una campagna elettorale a dir poco non entusiasmante, giocata soprattutto su questioni e diatribe nazionali, gli italiani sono chiamati a eleggere 76 eurodeputati che siederanno al Parlamento europeo per i prossimi cinque anni. Le votazioni si svolgono in tutti i 27 Paesi dell’Unione, coinvolgendo 370 milioni di cittadini Ue per eleggere complessivamente 720 parlamentari europei.

Nella prossima legislatura il Parlamento europeo – di concerto con le altre istituzioni comunitarie, Consiglio e Commissione – sarà certamente chiamato ad affrontare sfide da “cambiamento d’epoca”: sviluppo sostenibile, mutamento climatico, invecchiamento della popolazione e denatalità, migrazioni, sicurezza, diritti sociali, rivoluzione digitale… Anche per questo è necessario inviare a Strasburgo e Bruxelles rappresentanti che abbiano a cuore un’Europa più unita, coesa, efficace nel rispondere ai bisogni e alle attese dei cittadini. Serviranno eurodeputati motivati da valori alti, competenti, capaci di dialogo, perché la politica in sede europea è fatta di convergenze, di equilibri dinamici, di punti d’incontro che mirino al bene comune europeo. Un bene comune che sappia inoltre tener conto della scena internazionale. Nazionalismi e populismi viaggiano invece in direzione contraria.
È forse possibile individuare almeno tre parole chiave che offrono qualche criterio per l’8 e 9 giugno.
La prima è “memoria”. Se si perde il senso della memoria c’è il rischio di trascurare i motivi fondanti che posero le basi della prima Comunità europeae che ancora oggi – inscritti nei Trattati – ne dovrebbero plasmare e indirizzare l’azione: la centralità della persona, la pace, il rafforzamento della democrazia e dello stato di diritto, la solidarietà tra i popoli europei, lo sviluppo materiale e sociale, l’apertura al mondo. La storia ci consegna un patrimonio da non sperperare e semmai da custodire (perché è fragile e sempre a rischio) e promuovere nel nuovo contesto globale.
Il secondo termine è “responsabilità”. Ogni cittadino è depositario di diritti e doveri. Anche di quelli relativi alla costruzione – e al miglioramento – della comunità in cui vive:e, dunque, è chiamato alla partecipazione democratica. Il voto è una responsabilità: richiede di informarsi (sulle istituzioni, sulle politiche comunitarie, sulle proposte di candidati e partiti), di conoscere, per poi votare consapevolmente. Perché esiste un pericolo: affidarsi totalmente agli slogan di qualche politico o leader particolarmente comunicativo e ammiccante può condurre a un voto assegnato solo sulla simpatia, o sugli interessi di parte o sulla “pancia”, oppure basato su una disinformazione diffusa ad arte. I populisti ci contano molto!
Terza parola, che forse racchiude le altre due, è “futuro”.La politica, anche quella europea, deve cercare di rispondere ai temi dell’oggi, ma non può esentarsi dal considerare i possibili sviluppi futuri, maturando dunque visioni e progetti per il domani, da perseguire con tenacia, scelte e strumenti adeguati. Qui torna, più profetica che mai, la famosa frase di Alcide De Gasperi: “Un politico pensa alle elezioni, ma uno statista pensa alle prossime generazioni”.
Ecco, qui sta il punto: il Parlamento europeo, e l’Ue nel suo insieme, sono chiamate a essere protagonisti della scena mondiale oggi per contribuire a disegnare un mondo più giusto e vivibile per i nostri figli e i nostri nipoti.
Votare l’8 e 9 giugno chiama in causa – in questo senso – la nostra coscienza e il nostro impegno per un domani migliore.

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