DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

«A che cosa potremmo paragonare il Regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?», chiede Gesù alla folla che lo sta ascoltando.
Sicuramente potrebbero venirci in mente immagini che hanno a che fare con la grandezza, con qualcosa di glorioso, maestoso…ma, fortunatamente, ci viene incontro Gesù stesso e ci aiuta con
un’immagine molto precisa: «E’ come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono
fare il nido alla sua ombra».
Che immagine questa che Gesù ci propone!! Da un inizio minuscolo (la grandezza di un seme di senape è un millimetro, un millimetro e mezzo) viene messo in atto un processo prodigioso di crescita, che sfocia in un arbusto imponente.
E non serve che l’agricoltore vada ogni giorno nel campo a dissotterrare il seme per controllarne la crescita o tiri ogni giorno le foglioline della pianta appena sbocciata per aiutarla a crescere.
Rovinerebbe tutto. Il campo fa il suo lavoro, porta a compimento la vita che il seme ha dentro sé stesso. È questione, allora, per noi, di crescere nella fiducia che la vittoria, il compimento, il frutto non spettano a noi, ma alla potenza che è dentro ogni atto di bene che possiamo compiere, nella esperienza di vita che possiamo trasmettere. L’unica cosa chiesta all’uomo, cioè, è porre in essere
l’atto di bene e poi attendere. «Tutti infatti – ci dice San Paolo – dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male».
E il risultato della semina di bene sarà quello di una pianta con «rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». E’ l’immagine del Regno di Dio che abbraccia tutti i popoli della terra, è l’immagine di quell’amore infinito di Dio per l’uomo che offre riparo e vita a
tutti e a ciascuno.
E’ la promessa di Dio, che leggiamo anche nella prima lettura tratta dal libro del profeta Ezechiele.
La discendenza di Davide sembra essere ormai un albero reciso, destinato alla sterilità, ma, in questo contesto Ezechiele rivolge al popolo inattese parole di speranza: «Un ramoscello io prenderò
dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente… metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico».
La Parola di questa domenica ci aiuti, davvero, a non lasciarci travolgere dalla fatica, dall’affanno, dalle contraddizioni, dallo scoraggiamento, a non viaggiare nella logica di obiettivi, risultati da raggiungere, di strategie sempre nuove da mettere in atto.
Ci aiuti, questa Parola, a leggere ogni momenti storico e della nostra vita alla luce della fedeltà di Dio – questo è essere profeti! -, rimettendo foglie e frutti sui nostri rami rinsecchiti, anche quando la sterilità sembra essere il solo, inevitabile destino.
Proprio «lungo la notte», come canta il salmista, la speranza impara a dilatare i suoi confini!

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