DIOCESI – “Caro Vescovo Carlo, quando dieci anni fa siamo venuti a Brescia per incontrarti è stato spontaneo prenderci per mano perché da subito abbiamo avuto la percezione che avremmo camminato insieme come fratelli e ci saremmo sostenuti vicendevolmente”.
Con queste parole, ieri, domenica 24 giugno, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina, il Vicario Generale della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Don Patrizio Spina, durante la Celebrazione di ringraziamento della diocesi al Vescovo Carlo Bresciani, ha aperto il proprio discorso. A breve pubblicheremo un articolo con la cronaca della serata.
Don Patrizio ha poi affermato: “Così è stato infatti: in alcuni momenti tristi e difficili ci siamo stretti per mano, come quando il terremoto ci ha impaurito e ha frantumato alcune nostre certezze. Che cosa avremmo potuto fare, forse all’inizio non riuscivamo nemmeno ad immaginarlo, ma insieme tutto quel lavoro di ricostruzione è cominciato ed è stato piano piano portato a termine.
Durante questi anni un tema che hai spesso declinato è stato quello della relazione o ancora meglio della grammatica delle relazioni e ancor prima delle parole forse qualcosa lo abbiamo imparato dal tuo stile sobrio e discreto, estremamente educato delle storie e dei cammini personali.
Anche quando la difficoltà di comprendere gli inevitabili disagi delle fatiche umane potevano rischiare di farci impantanare, tu ci hai aiutato ad essere pazienti e ad andare oltre.
La pandemia: all’inizio notizie frammentate e discordanti che ci arrivavano dagli organismi centrali e qui sui territori scelte difficili da prendere, immediatamente e con pochi parametri di riferimento.
Ti sei preso le tue responsabilità e ci sei stato vicino a decifrare quel tempo assurdo che forse in futuro qualcuno potrà meglio raccontare, ma al momento ci hai sostenuto e non sono mai mancati i tuoi consigli.
Di errori ne abbiamo fatti ma grazie a Dio non ci siamo fermati al reciproco rimprovero ma, rimboccandoci le maniche, ci siamo messi di nuovo a lavorare nella vigna del Signore che era quella reale, che era davanti ai nostri occhi e che richiedeva di nuovo la nostra presenza e la tua con noi.
La ricostruzione è quindi andata avanti e molto si è concluso, il virus del distanziamento sociale e dell’isolarci è stato debellato e piano piano abbiamo ritrovato il gusto di avvicinarci, ognuno con i propri tempi. E tu ci hai rispettato anche in questo: grazie per la discrezione e la delicatezza
Grazie per averci custodito e difeso, senza mai metterci in difficoltà o in imbarazzo, facendo tutto ancora una volta con discrezione e silenzio. Hai difeso e custodito i tuoi preti, con pazienza e resilienza.
La nostra gente ti ha conosciuto e ti ha apprezzato e la simpatia nei tuoi confronti è cresciuta sempre più: negli ambienti di lavoro, con i pescatori, nelle scuole, nelle gite. Ci sei stato e ci sei stato davvero, senza finzioni.
Grazie per quanto hai fatto per questa Cattedrale, perché l’hai sempre voluta più bella. Grazie anche a te è partito il restauro del nostro organo ed infine hai chiesto a don Giorgio Carini – che ringrazio per averti risposto- di realizzare due opere per riempire le lunette sovrastanti gli ingressi di questa nostra Chiesa: la tempesta sedata e la Gerusalemme celeste. Chi vuole entrare troverà riparo nelle tempeste ed uscirà con il desiderio nel cuore di vivere la Gerusalemme celeste.
Ti lasciamo un piccolo e semplice dono, che troverà spazio tra i tuoi bagagli: una casula verde, del tempo ordinario, perché l’augurio è di portarci gli uni gli altri con semplicità, facendo del nostro ordinario qualcosa di straordinario, continuando a stimarci e a rimanere amici, al di là delle distanze.
Pensando a questo saluto, da subito mi sono venuti in mente i versi di una nostra poetessa sambenedettese, Bice Piacentini che vorrei provare a regalarti:
Sammenedette:
Lu mònne ‘ntire pù pure ggèrà
lu mònne ‘ntire comma sta piantate,
e quanne scillu tutte reggerate,
revì jècche e tte sinte ricrìa.
Quiste jè nu paèse ‘ffatturate;
se lu sci viste ‘n te lu pù scurdà
e lu frastìre che cca capetate
ce revè, preste u tarde, ‘n ce penzà!
Puoi pure girare tutto il mondo,
l’intero mondo come è fatto
e quando lo hai girato tutto,
qui torni e ti senti ricreare/rinfrancare
Questo è un paese incantato
Se lo hai visto una volta non te lo scordi più
E il forestiero che ci è arrivato
Ci ritorna, presto o tardi, stai sicuro
Grazie Vescovo Carlo, Dio ti benedica”.
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