Da Rio a Cracovia. La Giornata mondiale della gioventù torna in Polonia, 25 anni dopo l’edizione del 1991 a Czestochowa. “È una notizia che ci riempie di orgoglio e di gratitudine”: Jaroslaw Reszczynski, già console a Roma, docente di diritto all’Università di Cracovia, dove vive, saluta così l’annuncio, fatto da Papa Francesco durante l’Angelus, che la prossima Giornata mondiale della gioventù si terrà in Polonia, a Cracovia, nel 2016. Da Giovanni Paolo II a Papa Francesco, e “ritorno”: abbiamo raccolto la testimonianza di chi ha vissuto per intero queste due stagioni della Chiesa.
Come ha accolto l’annuncio di Papa Francesco?
“È una notizia bellissima per tutti i polacchi, ed è emblematico che sia annunciata proprio nell’anno in cui, verosimilmente, dovrebbe avvenire la canonizzazione di Giovanni Paolo II. La situazione della Chiesa polacca, sulla quale aleggia ancora la persona di Giovanni Paolo II e il suo magistero, è un po’ quella di una Chiesa che si sente come senza padre, senza una presenza spirituale che ha lasciato un’impronta tanto grande, con la sua spiritualità, non solo in Polonia ma in tutta la Chiesa. La Chiesa polacca si sente un po’ orfana, e dopo la prima visita di Papa Benedetto nel 2006 tutti i polacchi si aspettavano un rafforzamento che ora, con l’annuncio della prossima Giornata mondiale della gioventù a Cracovia, è finalmente arrivato. I polacchi nutrono moltissime speranze per Papa Francesco, e questo annuncio di oggi fa fare alla nostra Chiesa un passo in più. La storia va avanti, e Papa Francesco va con la storia, forse ne accelera addirittura lo sviluppo: ancora una volta lo Spirito Santo soffia nella direzione buona, e così cresce la speranza. Non solo per la Polonia, ma per tutta la Chiesa”.
Da polacco, come descriverebbe l’intuizione che ha portato Giovanni Paolo II a istituire le Giornate mondiali della gioventù?
“Io credo che l’intuizione di Giovanni Paolo II sia stata dettata dalla consapevolezza di un’accelerazione della storia. Basti pensare al rapporto tutto speciale che Papa Wojtyla aveva con il mondo dei media: aveva compreso che la vita è fatta di avvenimenti, di eventi a cui la risonanza mediatica aveva il potere di dare un’eco ancora più grande. Al fondo della sua intuizione, però, c’era anzitutto il suo grande amore per i giovani: Giovanni Paolo II amava la gioventù, si sentiva bene tra i giovani, voleva dare più importanza alle nuove generazioni. Aveva capito che il fenomeno dello stare insieme, del vivere un avvenimento comune dà più forza rispetto a una catechesi singola, in parrocchia. Prima Benedetto XVI, e poi Papa Francesco hanno dato continuità alle idee di Giovanni Paolo II, che ieri come oggi continuano a portare frutti”.
Qual è la “risonanza” delle Gmg nella Chiesa polacca?
“Tutti coloro che hanno vissuto le prime Giornate mondiali della gioventù si sentono sempre figli di quegli eventi: l’impronta è rimasta su milioni di persone. È come qualcosa di buono che ritorna, e diventando più vecchi è normale che si torni di frequente al passato… Un’altra caratteristica delle Gmg, nel modo in cui le aveva concepite Giovanni Paolo II, era il risvolto personale, ma anche sociale di tali eventi: oltre a cambiare la vita delle singole persone, erano concepiti come eventi in grado di dare una spinta anche alla società”.
Giovanni Paolo II e Papa Francesco: due Papi che hanno un “feeling” particolare con i giovani. Quali sono, secondo lei, i tratti comuni e le differenze?
“Quello che mi colpisce, guardando la figura di questi due grandi Papi, è la continuità. Giovanni Paolo II e Papa Francesco sono due personalità molto diverse, eppure sono in qualche modo paragonabili tra di loro: si sente che entrambi amano i giovani, e i polacchi aspettano con ansia e trepidazione di constatare con i loro occhi questa continuità. Se, però, Giovanni Paolo II rimaneva sempre un punto di riferimento al di là di loro, Papa Francesco sembra quasi volersi ‘sciogliere’ tra i giovani, consumarsi tra la gente. In questo influisce molto la sua cultura di provenienza. C’è un aspetto che accomuna l’America Latina e i popoli slavi: sono popoli per i quali contano molto le emozioni, e il Papa sa esprimerle in modo molto bello e saggio. Papa Francesco ha un dono: è come un fiume nell’alluvione, prima fa scorrere copiosamente l’acqua e poi sa dirigerla in quella direzione che per lui è importante. E lo fa con poche, ma efficaci parole. Le emozioni hanno un grande valore, sono molto efficaci per poi stimolare l’intelletto. Sia Giovanni Paolo II che Papa Francesco, infine, sono Papi che intendono imprimere alla storia un grande cambiamento: tirano il carro della Chiesa nella stessa direzione, anche se le vie, i modi e le azioni sono diverse, a seconda delle circostanze”.
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