(Foto Parlamento europeo)

Di Gianni Borsa

La settimana europea di Strasburgo, al di là dei risultati ottenuti circa le votazioni per Roberta Metsola (presidenza dell’Europarlamento) e Ursula von der Leyen (presidenza della Commissione), segnala un ritorno della politica sulla scena Ue.
Dalle elezioni del 6-9 giugno l’Europa comunitaria è stata quasi sempre sulle prime pagine dei giornali o comunque ha riempito le cronache politiche. Il Consiglio europeo (capi di Stato e di governo), nelle riunioni del 17 e del 27-28 giugno, aveva consegnato soprattutto l’idea di una spartizione di poltrone, quelle dei top jobs.
La sessione plenaria del Parlamento europeo del 16-19 luglio ha riportato in prima linea i partiti – o meglio i gruppi politici – che abitano l’emiciclo. Dove certamente non sono mancate trattative su nomi e poltrone (basti pensare alla spartizione dei posti per i 14 vicepresidenti del Parlamento e per le presidenze delle commissioni parlamentari), masi è anche registrata una convergenza (tattica più che tematico-programmatica) fra le principali forze “europeiste”, sbarrando la strada alle pressioni dei gruppi euroscettici o sovranisti.Non tutto è filato liscio, e differenze di visione tra popolari, socialdemocratici, liberali e verdi ce ne sono e si sono palesate. Ma il “cordone sanitario” verso le destre ha funzionato: i conservatori (Ecr), ma soprattutto i “patrioti” e il gruppo “Europa delle nazioni sovrane”, sono rimaste ai margini dei giochi. Va detto che questi “rassemblement”, rappresentando una parte significativa dell’elettorato, non possono essere messe sempre all’angolo, pena rendere muti ed emarginati dalla politica Ue milioni e milioni di cittadini europei.
Eppure la convergenza delle famiglie pro integrazione comunitaria è un segnale interessante per il futuro della stessa Unione europea.Arriveranno nuove sfide e problemi che si aggiungeranno a quelli in corso. “Il futuro è tutt’altro che prevedibile”, ha giustamente osservato Roberta Metsola parlando in emiciclo. Ebbene, il futuro, che sempre ci precede, richiederà visione politica, disponibilità al confronto, capacità di immaginare risposte nuove ed efficaci. Per tutto questo occorrono politici e partiti che all’Europa credono, pur senza trascurare che la stessa Ue ha bisogno di cambiare, di riforme.
Un primo, timido indizio sulla capacità di risposta delle istituzioni europee è arrivato. È solo l’inizio, gli indizi vanno sempre verificati. Ma è un buon inizio.

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