Pubblichiamo la Lettera dalla Caritas diocesana di San Benedetto del Tronto
Alla scrittrice Elsa Morante un giorno chiesero quale fosse la più bella frase d’amore che mai si potesse dire e lei rispose che era semplicemente: “Hai mangiato?”. E’ la preoccupazione di ogni mamma, è la preoccupazione della Chiesa chiamata ad essere madre. E’ vero c’è fame di senso, fame di spiritualità, ma c’è anche fame di pane. E nei vangeli si racconta di come Gesù si preoccupa anche di questo.
Sulla terra ci sarebbero le risorse per tutti, purtroppo una piccola minoranza ne usa più del 90% per cui agli altri rimangono solo le briciole. Di cibo c’è bisogno anche nel nostro paese, tanto è vero che diverse famiglie bussano alle nostre Caritas per chiedere generi alimentari. Purtroppo negli ultimi tempi gli aiuti che arrivano dalle istituzioni sono molto diminuiti. Ci scrive la segretaria di una Caritas parrocchiale: “Stiamo assistendo ad una penosa carenza di viveri in quanto ne arrivano sempre di meno, anche i criteri con i quali vengono dati gli alimenti destano più di una perplessità, a titolo esemplificativo 1 pollo ogni 4 persone, 1 Kg di farina ogni 8 persone. E’ mai possibile che dobbiamo assistere impotenti a questa situazione? Ad aprile, in occasione della Pasqua, per sopperire alle carenze abbiamo acquistato dei prodotti e dei buoni spesa, oltre ad aver organizzato una raccolta di alimenti ma, ovviamente, non è sostenibile sul lungo periodo”.
Di fronte a questa situazione è importante ricordare la funzione pedagogica della Caritas che è quella di sollecitare la comunità cristiana perché non venga meno la solidarietà. A volte siamo come il ragazzo del vangelo che ha solo “cinque pani d’orzo e due pesci” e pensiamo che sia nulla per tanta gente. Ma come insegna il vangelo, quanto mettiamo nelle mani di Gesù il poco che abbiamo per condividerlo questo è sufficiente per sfamare tanta gente. Bisognerà sensibilizzare le nostre comunità programmando iniziative e organizzando raccolte, senza smettere di essere una voce profetica anche presso la comunità civile.
Scrive San Giacomo: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta (2,14-17).
Giustamente siamo preoccupati di prendere o di distribuire, ma prima di tutto occorre imparare a donare. È solo così che si sperimenta la sovrabbondanza: l’amore non si esaurisce, ma genera amore.
0 commenti