DIOCESI – Pubblichiamo la lettera della Caritas diocesana di San Benedetto del Tronto  – Ripatransone – Montalto delle Marche.

Si avvicina l’anno del Grande Giubileo, un anno particolare di cui troviamo una prima idea nella Bibbia. Si legge nel libro del Levitico che avveniva ogni 50 anni, poiché era l’anno ‘in più’, da vivere ogni sette settimane di anni (cfr. Lev 25,8-13). Anche se difficile da realizzare, era proposto come l’occasione nella quale ristabilire il corretto rapporto nei confronti di Dio, tra le persone e con la creazione, e comportava la remissione dei debiti, la restituzione dei terreni alienati e il riposo della terra. Nella Chiesa papa Bonifacio VIII nel 1300 indice il primo Giubileo, chiamato anche “Anno Santo”. Nel corso dei secoli diverso è stato il modo di celebrarlo: all’origine coincideva con la visita alle Basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo e successivamente si sono aggiunti altri segni, come quello della Porta Santa.  Certamente la carità costituisce una caratteristica principale essendo il segno preminente della fede cristiana e sua forma specifica di credibilità. Scrive Pietro nella sua prima lettera: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8).

Il giubileo è il tempo del riposo. Nel libro del Levitico si legge: “Non seminerai… non poterai la tua vigna. Non mieterai… non vendemmierai…; sarà un anno di completo riposo per la terra” (Lv 25,4-5). Forse realmente tutto questo non sempre avveniva, ma può diventare per noi uno stimolo per imparare “l’arte del riposo”. Spesso in Caritas ci facciamo prendere da un attivismo frenetico e molti sentono il bisogno di soste di riflessione, di spazi di formazione e spiritualità, di maggiore attenzione alle relazioni bisognose di riconciliazione. L’anno giubilare può davvero offrire l’occasione per rivedere le cose che si fanno, quelle che si sono sempre fatte, quelle che si dovrebbero fare, confrontandosi con franchezza e, come viene ricordandoci il vescovo Gianpiero, facendo tesoro di quanto abbiamo assimilato con il cammino sinodale. Si tratta di mettersi in ascolto della Parola di Dio, dei fratelli e di tutti i compagni di viaggio, anche di quelli che nessuno vuol sentire, per fare insieme un necessario discernimento. Sarebbe davvero bello ritrovarsi, prima ancora per fare qualcosa, per raccogliersi in preghiera, per conversazioni fraterne, per incontri amicali. Tutto questo non significa mettere da parte il servizio bensì il non perdere di vista quanto scrive S. Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: “Ed egli mi ha detto; «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (cfr 2Cor 12,7-10). A volte dimentichiamo di essere tutti poveri e che abbiamo bisogno della grazia di Cristo per fare esperienze di condivisione, per farci accogliere ed accogliere, per scrivere storie di fraternità e riappacificazione. Potrebbe esserci utile come guida per il confronto l’ultima pubblicazione della Caritas diocesana “Duc in altum”.

Facciamoci “pellegrini di speranza” e preghiamo come ci ha indicato papa Francesco:

Padre che sei nei cieli,

la fede che ci hai donato nel

tuo figlio Gesù Cristo, nostro fratello,

e la fiamma di carità

effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo,

ridestino in noi, la beata speranza

per l’avvento del tuo Regno.

La tua grazia ci trasformi

in coltivatori operosi dei semi evangelici

che lievitino l’umanità e il cosmo,

nell’attesa fiduciosa

dei cieli nuovi e della terra nuova,

quando vinte le potenze del Male,

si manifesterà per sempre la tua gloria.

La grazia del Giubileo

ravvivi in noi Pellegrini di Speranza,

l’anelito verso i beni celesti

e riversi sul mondo intero

la gioia e la pace

del nostro Redentore.

A te Dio benedetto in eterno

sia lode e gloria nei secoli.

Amen

(Preghiera del giubileo)

 

 

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