Di Carmine Arice
“Padre mi ricordi nella preghiera”. Quante volte ho sentito questa richiesta da parte di malati incontrati nelle corsie degli ospedali o al termine di colloqui nei quali mi sono stati confidati dolori che appesantivano l’animo di fratelli e sorelle in umanità. La preghiera di intercessione è la forma di orazione più conosciuta, quella che insegnano mamma e papà ai bambini, ma è anche quella più presente nella preghiera liturgica. A fronte di questo ampio uso nella vita della comunità cristiana, la preghiera di intercessione a volte è anche la forma più “contestata” perché ritenuta immatura rispetto all’orazione mentale, la meditazione o l’adorazione. Non mancano, poi, coloro che ritengono non opportuno dire al Padre eterno quello che deve fare per i suoi figli, men che meno pensare di far cambiare idea al Signore o richiamarlo dalla sua distrazione verso situazioni dolorose che rischiano di mettere in dubbio la sua esistenza e la sua bontà.
Tutto questo ci dice quanto sia complesso parlare della preghiera più frequentemente menzionata, desiderata e praticata dai fedeli, sia da un punto di vista teologico che pastorale. Eppure se diamo uno sguardo alla Scrittura ci accorgiamo subito che la preghiera di intercessione è una delle forme di orazione più presente nella fede del pio israelita. I Salmi sono 150 preghiere ispirate, molte delle quali sono di intercessione per chiedere al Signore che intervenga, benedica, custodisca e a volte persino punisca le malvagità degli uomini. Il discorso sarebbe lungo.
Ancor più sorprendente è il Nuovo Testamento: i vangeli ci narrano che il Cristo intercede presso il Padre doni per i suoi figli, basta considerare la preghiera sacerdotale di Gesù che troviamo al capitolo 17 del Vangelo di Giovanni ove domanda di custodire i discepoli nell’unità, lontani dal maligno e dalla tentazione, e perseveranti nella fede. Alla preghiera di intercessione educa i suoi discepoli (cfr. Lc cap. 11) insegnando a chiedere con insistenza i doni celesti, in particolare lo Spirito Santo. Tutto questo ci rende vigilanti nel dire che la preghiera di intercessione è per persone ancora “immature” nel cammino di fede o che sia una preghiera dalle caratteristiche pagane. Come sempre, le cose di Dio hanno una dimensione di mistero che non sempre si è capaci di comprendere pienamente. Forse ci può aiutare a capire l’importanza della preghiera di intercessione due considerazioni, una di carattere antropologico e l’altra di carattere teologico e spirituale che ora condivido.
Siamo esseri-in-relazione con gli altri uomini e le altre donne che vivono sulla terra e siamo molto più dipendenti gli uni dagli altri di quanto pensiamo. Nella preghiera di intercessione si evidenza, allora, il nostro essere relazione non solo con Dio ma anche con gli altri come pure la nostra solidarietà per la sorte dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Inter-cedere significa “interporsi” fra due parti con una compromissione attiva a favore di un nostro fratello in umanità. La seconda considerazione la faccio riportando un testo straordinario di Benedetto XVI tratto dal Messaggio per la Quaresima del 2012: “I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione: la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano”. In questa prospettiva intercedere il dono dello Spirito Santo per i nostri fratelli in umanità è davvero un atto di squisita carità fraterna.
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