FOLIGNANO – “È una bella tradizione quella di ricordare ed onorare un Patrono, ma  la memoria migliore è quella di chi vive innanzitutto la spiritualità del Santo e poi, dopo averla vissuta, la tramuta ai figli e ai giovani”. – Si è aperta con queste parole del parroco don Joseph Katembwe la Celebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri Domenica 15 Settembre 2024, alle ore 18:00, presso la chiesa San Gennaro in Folignano in occasione della festa del Santo Patrono. La Santa Messa, concelebrata dal parroco don Joseph Katembwe, dal diacono Rinaldo De Angelis e da tutti i fedeli convenuti, ha registrato la partecipazione anche delle massime autorità civili e militari locali: presenti, infatti, il primo cittadino Matteo Terrani, l’assessore Costantino Nepi, la consigliera Eleonora Ritrecina, il comandante della Stazione dei Carabinieri Villa Pigna di Folignano, il luogotenente Alessandro Giorgione, e il brigadiere Domenico Masciocchi.

Dopo la lettura del Vangelo del giorno (Mc 8,27-35) da parte del diacono Rinaldo, riguardante il celebre momento in cui Gesù chiede ai suoi discepoli «La gente, chi dice che io sia?», il vescovo Gianpiero lo ha commentato con queste parole: “Il Vangelo di oggi ci ricorda quel momento della vita di Gesù in cui Egli si trova di fronte ad un bivio. Da un lato può decidere di smettere di parlare alle folle, smettere di fare segni e gesti che sono quelli del Messia che Israele attende e quindi ritirarsi a vita privata. Dall’altro, invece,  può andare fino in fondo, vivere la propria messianicità entrando a Gerusalemme nella consapevolezza di andare incontro alla morte. Ormai il sinedrio, infatti, ha già deciso la sua morte. Sembra dire: ‘Questo Gesù contraddice la nostra religione e la nostra tradizione.  Interpreta la legge di Israele in un modo che noi non possiamo sopportare. La sua misericordia, la sua mitezza, ci è semplicemente insopportabile. La libertà, per cui l’uomo viene prima della legge, è insopportabile. Per questo abbiamo deciso di eliminarlo!’. E Gesù sceglie  la seconda via, punta dritto verso Gerusalemme. E spiega che il Messia che Dio dona, non è un politico, un sovrano potente che scaccia i nemici romani dal suolo di Israele. Il Messia che Dio ha promesso, è un re mite, che è venuto a portare nel mondo un Regno che coinvolge gli uomini di tutto il mondo, un Regno di pace, di giustizia, in cui ogni uomo scopre una propria dignità. E quindi tutti possono anticipare il sogno di Dio, che è quello della fraternità universale. Tutto terribilmente diverso da quello che Israele voleva! Eppure Gesù decide affrontare il suo destino. Nella Bibbia c’è spesso questa convinzione che il giusto possa soffrire per uno, due giorni, ma il terzo Dio lo aiuterà. Perciò anche Gesù ha questa convinzione: comprende che, se anche dovrà abbracciare la morte, è sicuro che il Padre gli restituirà vita”.

“Nel brano che abbiamo ascoltato – ha proseguito mons. Palmieri – c’è una domanda, che divide a metà il Vangelo: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27).  Dopo le parole di Pietro, che gli dice «Tu sei il Cristo» (Mc 8,29), Gesù si dirige verso Gerusalemme e smette di parlare alle folle, senza quasi fare più per niente gesti miracolosi; si ferma a parlare solo ai discepoli, spiegando loro che il Messia morirà e raccomandando loro di rimanere uniti, di vivere la fraternità e il perdono. Sono queste forse le pagine più tenere del Vangelo, in cui Gesù dà ai suoi discepoli tante consegne prima di affrontare la morte e li prepara, spiegandone il senso, agli eventi che lo attendono: la croce, la morte, il fatto che non scenderà dalla croce e il fatto che il Padre che rimarrà in silenzio. Gesù spiega che il Messia realizzerà il Regno non salvando la pelle, ma donando la vita. Ovviamente Pietro, che è il principe delle gaffe, non comprende e rimprovera aspramente Gesù, perché crede che il re sia quello che siede sul trono, che comanda. Ma Gesù usa parole dure, molto dure: ‘Pietro, tu non sei più Pietro, perché ragioni come gli uomini e non come Dio. Pietro, tu che ti stai comportando come Satana, viene dietro di me. Tu sei chiamato a vivere il discepolato dietro di me e di comprendere quali sono i piani di Dio. Quando tu ragioni in maniera troppo umana, stai andando contro i pensieri di Dio che sono diversi dai tuoi’. Ci fa bene masticare questa Parola! Quello che Dio ha in mente io sono chiamato a scoprirlo. Quello che Dio vuole dalla nostra comunità siamo chiamati a discernerlo. Certamente non ci viene spontaneo ragionare come Gesù, ma camminando con Lui, solo con l’aiuto dello Spirito Santo, solo con l’aiuto della Parola di Dio – letta e meditata -, possiamo farlo. E questo siamo chiamati a fare”.

Il vescovo Gianpiero ha infine concluso: Gesù dice ai suoi anche un’altra cosa importante, che chi perde la vita la ritrova. Più dai, più ti dai, più tu esisti. Oggi ricordiamo San Gennaro. Sapete qual è il segreto che il vostro patrono ha capito? Così come tutti i martiri, Gennaro ha compreso che chi segue Gesù fino in fondo, trova la vita vera, mentre chi pensa di salvare in qualche maniera se stesso e non è capace di andare fino in fondo per amore, si ritrova con un pugno di mosche. Gennaro ha compreso bene questa lezione grande del Vangelo, quindi non è fuggito, non si è ritirato, ha continuato a fare il vescovo del suo popolo. E, anche si è trattato di morire, Gennaro è andato fino in fondo, donando il sangue, quel sangue che è talmente pieno di vita che misteriosamente si rinnova, si rivitalizza ogni volta. Al di là del miracolo, comprendiamo bene il simbolo del sangue che diventa nuovamente vivo e dona la vita: chi si spende è infatti più vivo che mai. Questo è l’esempio dei Santi e di tante persone che seguono Gesù fino in fondo e si ritrovano una vita piena.
Carissimi, allora, questa Parola di Dio e l’esempio di Gennaro ci spingono a crescere come comunità e a spenderci davvero gli uni per gli altri!”.

Terminata la Messa, i fedeli, hanno dato vita alla consueta processione per le vie del quartiere con la statua di San Gennaro, cantando e pregando. Ad accompagnarli il coro parrocchiale “Schola Cantorum”, diretto da Emidio Bollettini e accompagnato all’organo da Mirko Peci, e l’unico corpo bandistico  della città, la Foliband, diretta dal M.° Alberto Albanesi, nella sua formazione al completo. Presente tra i musicisti anche la presidente dell’omonima associazione musicale, la clarinettista Maria Grazia Calcagni. Lungo le strade percorse, diverse persone malate o anziane si sono affacciate ai balconi o si sono avvicinate all’uscio delle porte di casa per vedere passare la statua di San Gennaro e il corteo. Mons. Palmieri ha fatto sentire a tutti loro la sua vicinanza e quella del Signore, a volte da lontano imponendo la mano per benedire, altre volte da vicino per abbracciare, altre volte ancora solo per accennare con lo sguardo, uno sguardo però intenso, colmo di partecipazione, come a dire a ciascuno: “Io ti vedo e anche il Signore ti vede e vede la tua sofferenza“.

Sergio Spurio, un parrocchiano amante della storia locale, ci racconta la devozione della comunità di Folignano a San Gennaro: “La storia del vescovo Gennaro, martire a Napoli, nel 305 d.C., risulta intrecciata con la storia della nostra comunità parrocchiale, tanto che lo stesso paese oggi denominato Folignano, si chiamava nel lontano medioevo “Villa Sancti Januari”. Nell’archivio parrocchiale di Folignano risulta presente un manoscritto del 1500 che riporta la vita del santo martire Gennaro, suggestioni e tradizioni si intrecciano, iniziando a dare delle possibili risposte, la vicinanza con il Regno delle due Sicilie, anzi la linea di confine, contaminazioni culturali, terra di confine, zona franca, luogo sì di briganti, ma anche di grande calore umano per l’accoglienza riservata ai fuoriusciti ascolani o regnicoli, come ogni luogo di confine. San Gennaro allora, si presenta come il Santo che si pone al confine, un Santo che viene da lontano, ma che si trova insieme ai tanti fuoriusciti, in un luogo di passaggio tra realtà diverse, una presenza amica per coloro che lasciavano il Regno, una presenza beneaugurante per coloro che dovevano raggiungerlo, una cerniera culturale e spirituale tra due mondi allora divisi“.

“La comunità di Folignano – prosegue Spurio – è gemellata con l’Arcidiocesi di Napoli dal lontano 2001, gemellaggio poi esteso anche alla Diocesi di Ascoli Piceno, nel nome dei comuni martiri Gennaro ed Emidio. Con l’esperienza maturata in questi venti anni di gemellaggio, abbiamo avvicinato diversità ed arricchito la nostra umanità. E pensare che questo gemellaggio – umanamente parlando – ha dell’inverosimile! È un dono dello Spirito Santo per l’Anno Giubilare del 2000. Tutto è nato in seguito ad una gita parrocchiale a Napoli, durante il Giubileo. Ad essa abbiamo voluto dare un timbro spirituale attraverso la scoperta dei luoghi in cui è vissuto il Patrono di Folignano, San Gennaro. In tale occasione, casualmente, è avvenuto un incontro con l’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Vincenzo Pelvi, e successivamente, nel Settembre dello stesso anno, con il cardinale Michele Giordano. Quasi miracolosamente, è nata la scintilla del gemellaggio per la calorosa accoglienza che abbiamo ricevuto da parte del prelato, ammirato per il fatto che la devozione al Santo, diffusa quasi esclusivamente nella Campania e nel sud, ci fosse anche nel centro Italia. In seguito a tale evento, sono intercorsi rapporti epistolari tra la comunità di Folignano, la Diocesi di Ascoli Piceno e la Curia di Napoli e, con meraviglia di tutti, nell’arco di un anno, il 5 Maggio del 2001, il sogno del gemellaggio si è realizzato. Sono passati oltre 20 anni da quel lontano 2001, ma il gemellaggio continua ogni anno con un pellegrinaggio a Napoli e lo scambio di rappresentanti alle feste patronali annuali. La festa liturgica di San Gennaro, che si festeggia a Napoli, cade il 19 Settembre. A Folignano la celebriamo sempre la terza Domenica del mese, che quest’anno è ricaduta al 15 Settembre”.

 

 

 

 

 

 

 

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