DIOCESI – Si è concluso da pochi giorni il campo diocesano unitario organizzato dell’Azione Cattolica della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, che si è svolto Sabato 14 e Domenica 15 Settembre 2024 a Montemonaco, presso Casa Gioiosa, e che, come di consueto, sancisce l’inizio del nuovo anno associativo.
L’iniziativa, dal titolo “Che pesci pigliare – Gettare le reti per prendere il largo”, ha registrato la partecipazione di due relatori d’eccezione: mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle due Diocesi del Piceno, e Angela Paparella, consigliera nazionale AC per il Settore Adulti. Presenti anche il presidente del Consiglio Diocesano dell’AC, Lorenzo Felici, che è anche consigliere nazionale, e l’assistente unitario diocesano don Lanfranco Iachetti.
I lavori della duegiorni montemonachese sono stati divisi in tre momenti distinti e significativi, durante i quali ogni associato ha potuto dapprima misurarsi con la Parola del Signore, poi ha potuto approfondire il legame con l’Associazione ed infine è stato chiamato a passare dall’io al noi e a ripensare il suo essere testimone di Cristo nella Chiesa e nel mondo non più da solo, bensì insieme all’altro.
Ripercorriamo la rotta seguita durante il viaggio immaginario fatto a Montemonaco, attraverso il racconto di Paola Di Felice, vicepresidente diocesana del Settore Adulti, la quale dichiara: “L’appuntamento del mini campo unitario diocesano si riconferma consapevolmente un momento formativo, aggregante e di fraternità molto forte per la vita associativa“.
Io e la Parola – Pulire le reti
La mattinata di Sabato 14 Settembre si è aperta, nella consueta ma sempre splendida cornice naturale di Montemonaco, con la preghiera comune delle lodi, a cui ha fatto seguito il saluto di benvenuto del presidente Lorenzo Felici.
I lavori sono poi entrati nel vivo con l’intervento del vescovo Gianpiero Palmieri, che ha letto, spiegato e commentato la nota pagina del Vangelo di Luca sulla pesca miracolosa (Lc 5,1-11), icona biblica che accompagnerà il cammino dell’Azione Cattolica in questo nuovo anno associativo 2024/2025, a cui ha collegato e paragonato un’altra pesca miracolosa, ma questa volta avvenuta dopo la Resurrezione e raccontata nel Vangelo di Giovanni (Gv 21, 1-14).
Dopo aver sottolineato come nel brano di Luca “proprio dal vertice dell’esperienza del fallimento arrivi un’improvvisa fecondità” ed aver anche spiegato il comportamento di Simon Pietro che indietreggia e si allontana da Gesù perché si sente un peccatore indegno, il vescovo Gianpiero ha detto: “Però davvero Simone non immaginava che sarebbe stato così peccatore! Nel pretorio, proprio nel momento del rinnegamento, lo scoprirà. Un’esperienza fortissima per lui, anche perché è accompagnata da uno sguardo da parte di Gesù, uno sguardo d’amore che gli fa sentire ancora più forte il suo tradimento. E Pietro rimane solo con se stesso. O meglio, rimane con Satana, l’accusatore. Nel suo cuore si eclissa la fede. Diventa tutto buio. Non c’è più la fede in Dio, non c’è più la fede in Gesù. Questa volta sì, che sente veramente il peso del suo essere peccatore. Questa storia, però, non può finire così! Il cuore di Pietro ha bisogno di essere guarito. Ed è quello che avviene nel Vangelo di Giovanni, che racconta di quando Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul Mare di Tiberiade”.
Prima di spiegare come guarirà il cuore di Pietro, mons. Palmieri ha preso spunto da un passaggio del brano per ricordare ancora una volta quanto sia importante che la Chiesa sia unita: “In questa circostanza ci sono solo sette apostoli. La Chiesa, nonostante la Resurrezione di Gesù, non è un’unità, è ancora divisa. E per di più è una Chiesa tentata di ritornare alle cose di sempre. Allora diciamolo con chiarezza: essere divisi e fare le cose di sempre è assolutamente infecondo. Questa immagine di Giovanni 21, della Chiesa che è divisa, è preziosa anche per oggi. Quanto è importante lo stile della Chiesa degli Atti degli Apostoli, che, quando vede un momento difficile, convoca tutti. Guardate: At 1, At 4, At 6, At 10 e poi At 15. Sempre, quando c’è un problema, un momento di passaggio, una svolta, la Chiesa trova una soluzione radunandosi tutta insieme. La sinodalità non è un’invenzione di papa Francesco. La prima Chiesa non demanda a qualcuno la soluzione del problema, bensì riunisce tutti insieme. Si mette in ascolto della Parola di Dio e, facendo discernimento delle indicazioni dello Spirito, ascoltandosi reciprocamente e ascoltando la realtà, individua ciò che il Signore vuole”.
Il vescovo ha poi proseguito analizzando il comportamento di Giovanni, il discepolo che Gesù amava, che riconosce per primo Gesù: “Il discepolo credente riconosce che il Signore è Gesù. Ma non solo allora, sempre, anche oggi. Quando facciamo la nostra assemblea sinodale e ci chiediamo cosa vuole il Signore, è lui che ci aiuta a dire: «Forse il Signore ci chiede questo», ed è lui che ce lo dice, lui che ci indica la strada. Lo Spirito Santo non ci dice nulla di diverso da Gesù. Ci trasmette oggi la Parola di Gesù”.
E finalmente anche Pietro viene guarito. “Questo gesto di mettersi la veste attorno ai fianchi, perché era nudo, e di buttarsi in mare per raggiungere a nuoto l’altra riva, è un segno – ha detto mons. Palmieri -, è un simbolo del Battesimo. Il Battesimo significa morire e rinascere. Pietro è morto, è sprofondato nella sua miseria, è stato schiacciato sotto il peso delle accuse. Pietro sicuro di sé, Pietro che aveva capito tutto, Pietro il gradasso, Pietro il codardo, Pietro che conosciamo bene, è morto nelle acque del Battesimo. È nudo, come un verme. Esce dall’acqua per comparire davanti a Gesù. Qui, questo povero che ha fame, proprio lui, ha preparato il pesce e il pane per i discepoli. È il Signore, il Signore della Chiesa, è Lui che dà quel pane della Parola e il pesce, che è simbolo di Gesù. E poi dice: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Il nostro contributo alla causa del Regno di Dio. Allora Simon Pietro sale sulla barca e tira a terra la rete piena di 153 grossi pesci e, benché siano tanti, la rete non si squarcia. Certo, nella Chiesa, nella rete ci sono pesci buoni e cattivi, ci sono tutti. Perché ci sono tutti quanti in questa Chiesa! In questa Chiesa, fatta di peccatori perdonati, di gente che è passata attraverso l’acqua del Battesimo, c’è spazio per tutti!”
Ha poi concluso mons. Palmieri: “C’è la prima chiamata, quella di quando il Signore ti chiama e tu dici: «Oh Signore, hai scelto me, hai fatto proprio bene, non ti deluderò, farò quello che dici tu, getterò le reti. Vedrai, Signore, ti dimostrerò che sono in gamba. E se anche tutti ti tradiranno, io no». Come Pietro. Quell’«allontanati da me, perché sono un peccatore» era pieno di modestia un po’ presuntuosa, perché non immaginava fino a che punto sarebbe arrivata la sua debolezza.
Questa seconda chiamata, invece, è molto più bella. Perché Pietro è autentico e vero. Non si illude su se stesso, non si inganna, non è preda di un delirio di grandezza. Pietro adesso si conosce davvero. E allora questa seconda chiamata di Gesù nasce da uno sguardo d’amore: «Mi ami?» Perché Gesù continua ad amare Pietro. Dalla consapevolezza di un rapporto d’amicizia che si è costruito, che è solido e autentico. Pietro gli risponde: «Ti voglio bene». E c’è un affidamento di Pietro a Gesù: «Signore Gesù, guida me». Ma Pietro, guarda che io ti guiderò fino alla croce. Pietro risponde: «Guidami tu. Mettimi tu sulla strada giusta. Portami tu dove vuoi». Perché si arriva a dire questo, Signore? Perché l’importante è che tu sia con me. Poi, se sei con me, che gioco vuoi fare con la mia vita? Tu sai come mi servirai.
Allora, nel Vangelo, Gesù è sempre così: ci fa fare un’esperienza battesimale che ci rende piccoli, e allora sì che diventiamo i discepoli che Lui desidera. E allora gettiamo le reti. Qual è il mistero della fecondità di una pesca così grande? Quando sulle tue labbra non c’è la parola umana, ma la Parola di Dio. Non c’è il protagonismo del tuo io, ma l’umile affidamento. Quando lasci che sia il Signore a fare i giochi“.
Queste le parole di Paola Di Felice: “La mattinata di Sabato è stata completamente dedicata all’ascolto e alla meditazione della Parola di Dio. Il brano scelto, che è stato commentato dal nostro vescovo con parole semplici ma alte, ci ha accompagnato per tutta la giornata. Non solo ci ha spinto a profonde riflessioni nell’immediato, mettendoci nella condizione di sentirci Simon Pietro nella seconda chiamata, e, sollecitati anche dalle sue domande, ci ha stimolato a confrontarci tra noi, ma ha anche ispirato le nostre attività laboratoriali successive, sia quelle del pomeriggio che quelle di Domenica mattina. Proprio da questo sentire generale di riconoscerci in quel momento, dentro quella Parola e dentro quella chiamata, abbiamo vissuto i laboratori per gli adulti e l’esperienza dell’orienteering per i giovani, con un cuore e una postura più aperta, fiduciosa e coraggiosa”.
Io e l’Associazione – Mollare le reti
Nel pomeriggio, dalle ore 15:00 in poi, si è dato spazio alle attività laboratoriali, che sono state divise per Settore.
“I Giovani sono stati chiamati a mettere in campo le loro capacità di orientarsi – dichiara Paola Di Felice –: prima di tutto ad orientarsi tra le linee generali per il prossimo triennio associativo, delineate dall’ultima Assemblea Nazionale e, a livello regionale e parrocchiale, dai vari Consigli; poi ad orientarsi, sempre in senso figurato, tra i sentieri della vita, sperimentando le difficoltà, ma anche la bellezza, di cercare un orientamento comune che indichi la giusta rotta; infine ad orientarsi proprio in senso letterale tra i boschi e gli spazi verdi che circondano Casa Gioiosa, attraverso un’attività di orienteering che ha molto divertito i ragazzi e le ragazze presenti”.
“Noi adulti, invece – prosegue Paola Di Felice – siamo stati protagonisti di un laboratorio di conoscenza, sotto la guida sapiente ed esperta della consigliera nazionale Angela Paparella, una testimonianza preziosa per la nostra Associazione, la quale, tra le altre cose, ha ribadito l’importanza della formazione che ci educa alla corresponsabilità, ci aiuta a rileggere la realtà e ad avere quello slancio missionario che ci appartiene”.
Prima della cena, preparata da alcuni parrocchiani della comunità del Sacro Cuore di Martinsicuro, don Lanfranco Iachetti ha guidato un bel momento di preghiera nella cappella di Casa Gioiosa, dove, con grande creatività e con i pochi mezzi a disposizione, ha ricreato un ambiente marino: con i banchi ha dato vita alla sagoma di una grossa barca; all’interno ha sistemato dei teli, alcuni color azzurro chiaro e altri color blu intenso. “Il mare – precisa Paola Di Felice – è chiaramente una metafora della vita, sia umana che associativa che ecclesiale; il diverso colore delle acque, invece, come ci ha spiegato don Lanfranco, simboleggia il mare in superficie e la profondità degli abissi. Dopo averci fatto costruire delle barchette di carta, ha chiesto a ciascuno di posizionarle da qualche parte sulle acque. Il senso vero di quel gesto lo abbiamo capito pienamente il giorno successivo. L’intento dei laboratori del Sabato pomeriggio, infatti, è stato quello di farci entrare negli orientamenti triennali, calati nella vita associativa e nelle esperienze formative dei Settori, che ci hanno preparato a vivere meglio il giorno successivo il nostro essere testimoni di Cristo nella Chiesa e nel mondo. Come ha detto don Lanfranco, siamo pronti a gettare le reti. Domani prenderemo il largo!”.
Anche il tempo trascorso insieme dopo cena è stato molto significativo. “Il Settore Giovani – racconta ancora Paola Di Felice – ha organizzato un momento di giochi e di festa, che ha permesso, a coloro che hanno pernottato a Montemonaco, di conoscersi meglio, di legare e di mettersi in gioco nella semplicità e nella fraternità, favorendo quello scambio intergenerazionale tanto auspicato da papa Francesco”.
Noi nella Chiesa e nel mondo – Prendere il largo
La Domenica mattina, la svolta: dopo aver ascoltato e meditato la Parola ed aver effettuato i diversi laboratori che hanno permesso a ciascuno di lavorare sull’io, le attività del 15 Settembre sono approdate al noi: non più singolarmente, né divisi per settore, bensì in gruppi misti, come avviene nella nostra vita sia all’interno della comunità ecclesiale di cui facciamo parte, sia in altri contesti, come quello della scuola, del lavoro, del tempo libero.
Quattro sono state le “Isole di condivisione“, preparate dalla Presidenza Diocesana, a cui si è dato vita: l’Isola della comunità educante, l’Isola tra mondo e fede, l’Isola del fiorire e far fiorire, l’Isola della conversione ecologica.
“La Domenica mattina – conclude Paola Di Felice –, attraverso le ‘Isole di condivisione’ abbiamo affrontato diversi aspetti della vita comunitaria. Il presidente Lorenzo Felici ha precisato che non avremmo dovuto produrre nulla, ma solo favorire l’esperienza dell’incontro tra Adulti, Giovanissimi e Giovani, insieme, con lo stile dell’ascolto, dello scambio e del progettare, stando su quella terra ferma – che per me è rappresentata dalla vita associativa e dal vivere il gruppo – che emerge dal mare della vita e dalla quale insieme si può prendere il largo, segnando nuove rotte, con la libertà di cambiarle, perché insieme e perché sulla barca con Cristo e con i compagni di viaggio che Lui chiama.
Poi, dopo la celebrazione della Santa Messa presieduta dal nostro don Lanfranco Iachetti, abbiamo fatto un gesto molto significativo: abbiamo spostato le barche di carta della sera prima, posizionandole tutte sui teli blu. Come ha detto don Lanfranco, infatti, possiamo addentrarci nel mare più profondo, perché finalmente, con la presenza del Signore, siamo pronti a prendere il largo!
Se penso alla rotta da seguire, dopo questa esperienza di vita associativa e di Chiesa, direi che i passaggi sono: pulire le reti, prendere il largo, gettare le reti dal lato destro, sulla Tua Parola, chiamare gli amici per tirare su l’abbondante pescato, per poi mangiare insieme il pane e il pesce, dal sapore buono!”.
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