“Che aspetto hanno i campi di confinamento costruiti o finanziati dai Paesi dell’Unione europea in questi anni per segregare i richiedenti asilo e/o i migranti in transito e come hanno stravolto i territori nei quali sono stati realizzati?”.
È la domanda a cui prova a dare una risposta “Chiusi dentro. Dall’alto”, indagine sui campi di confinamento dei migranti nell’Europa del XXI secolo visti dal satellite (clicca qui): il nuovo progetto multimediale della rete “RiVolti ai Balcani”, realizzato da Altreconomia in collaborazione con PlaceMarks. “Grazie all’utilizzo di immagini satellitari esclusive – scrivono i promotori – il progetto mostra il volto delle politiche europee degli ultimi dieci anni: per bloccare, respingere, confinare, condannare alla marginalizzazione”. Il racconto visuale si basa su oltre cento tra immagini satellitari e mappe relative ai campi presenti in 15 Paesi tra cui Turchia, Grecia, Serbia, Italia, Albania (con i nuovi centri finanziati dal governo italiano), Bosnia-Erzegovina, Lituania, Macedonia del Nord e Ungheria. Nato come spin-off del libro “Chiusi dentro” (Altreconomia, 2024), il nuovo progetto ha l’obiettivo di raccontare materialmente alcuni casi emblematici, e sotto certi profili inquietanti mostrando, grazie a degli effetti prima-dopo, la loro evoluzione nel tempo. Tra le costanti emerse nel tempo “la sempre più frequente natura carceraria” di questi campi, “l’essere realizzati in aree remote oppure dentro il cuore del contesto urbano”.
La rete “RiVolti ai Balcani” è nata nell’autunno del 2019 per rompere il silenzio sulle violazioni dei diritti umani lungo la “rotta balcanica” ed è composta oggi da oltre 30 realtà italiane.
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