DIOCESI – Si è svolto Sabato 12 Ottobre, alle ore 15:00, presso il monastero Santa Speranza delle Sorelle Clarisse in San Benedetto del Tronto, il primo incontro del nuovo vescovo Gianpiero Palmieri con i docenti di Religione Cattolica della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.
L’appuntamento, che ha registrato la partecipazione quasi totale dei docenti IRC della Primaria e della Secondaria, sia di Primo che di Secondo Grado, è stata l’occasione per mons. Palmieri per conoscere le persone, ascoltare le criticità riscontrate nel mondo della Scuola e restituire nuovo slancio alla missione educativa, ripartendo dalla Parola del Signore e programmando nuove opportunità di formazione per i docenti.

Dopo un breve momento di preghiera, l’incontro si è aperto con il saluto della direttrice diocesana del Servizio IRC, la prof.ssa Giuseppina Mozzoni, la quale ha dato il benvenuto al vescovo Palmieri, assicurandogli, a nome dei docenti, il «sostegno nella preghiera per il suo ministero», oltre che la «disponibilità e docilità verso quanto il Signore vorrà dirci attraverso la sua figura di Pastore». La professoressa ha poi sottolineato il cammino fatto negli anni passati sia in merito ad una sempre maggiore attenzione alle relazioni tra i docenti sia per quanto concerne la formazione pedagogico-didattica e disciplinare. Un percorso non sempre facile, che però ha portato a camminare insieme, a migliorare la comunione tra le persone e a condividere e migliorare anche le competenze.

Dopo una breve presentazione dei singoli docenti, chiamati a rispondere “Eccomi!” come segno di volontà a partecipare a questo nuovo cammino, l’incontro è proseguito con la lettura di un brano evangelico scelto – come rivelato dal vescovo stesso – «per dare motivazione agli insegnanti». Si tratta del celebre passo di Luca, conosciuto come la “parabola del figliuol prodigo”, anche se – come avrebbe fatto notare di lì a poco mons. Palmieri – sarebbe più corretto definirlo la “parabola del padre prodigo” (Lc 15, 11-32).

«Ci troviamo nel contesto abituale di Gesù, in quella che potremmo definire la sua liturgia preferita, ovvero il banchetto nuziale di misericordia – ha esordito il vescovo Gianpiero –. Voi sapete che Gesù ama salire al tempio, pregare nella sinagoga, ma anche vivere la dimensione del banchetto. Spesso si fa invitare a casa di qualcuno, porta con sé i pubblicani, i peccatori e sente l’uditorio dividersi in due. Il Signore ama annunciare in questo modo la misericordia. Ricordiamo le parole del profeta Osea: “Misericordia io voglio e non sacrifici (Os 6,6). Nel contesto del banchetto Gesù vive pienamente la dimensione della misericordia. La parabola del padre prodigo viene dopo quella della pecorella smarrita e quella della moneta perduta, tutte sul tema della misericordia».

Dopo averne inquadrato il contesto, il vescovo Gianpiero ha spiegato dettagliatamente i tre momenti della parabola.

La prima scena è quella in cui il figlio minore chiede al padre la sua parte di eredità. Mons. Palmieri ha sottolineato come si tratti di «una richiesta che esprime la sfacciataggine che solo un adolescente può avere. L’eredità, infatti, si prende quando una persona è morta; questo figlio invece la vuole prima. Da un punto simbolico, è come se questo figlio voglia uccidere il padre, colui che pone dei limiti ai suoi progetti. Solo che questo Padre, che egli vede come un limite, in realtà lo ama in modo smisurato. Questo figlio, che ha un piano delirante, ha solo un avversario: un padre che lo ama, un padre che sa che in gioco c’è qualcosa di molto importante, più importante delle sostanze che chiede, ovvero quello che questo figlio vuole essere, quello che sa di sé. Il padre allora divide le sue ricchezze in due parti uguali, dando una parte a ciascun figlio. Il padre probabilmente sa che il figlio minore sperpererà il suo patrimonio, ma gli lascia la libertà di fare e sbagliare».

La seconda scena è quella della presa di coscienza. Il figlio minore sperpera il denaro ricevuto dal padre. I soldi finiscono e lui si trova nel bisogno. «Ecco la realtà! – ha affermato il vescovo Gianpiero – Non è il padre a dare due schiaffi a questo figlio arrogante, è la la realtà a dargli due schiaffi. Caro ragazzo, la vita è diversa da come l’avevi immaginata. Hai litigato con tutti e ora resti solo. Ti sei incastrato in una storia tossica e ora non sai come uscirne. Hai sprecato il tuo tempo e ora non sai come rimediare. Ti trovi alle prese con un bisogno impellente. Soluzioni? Qualcuno ti dà soluzioni che non funzionano, altri non te lo danno affatto. Così rimani solo con te stesso. E allora rientri in te stesso. Succede a tanti ragazzi di trovarsi così e di sentire un bisogno. Il bisogno è molto importante, perché permette proprio questo: di rientrare in sé. Ma cosa significa? È pentito? No! È il bisogno che parla. Il povero figlio decide di tornare casa, ma non per amore del padre, bensì per soddisfare un bisogno. Un po’ come avviene con i bambini o con i ragazzi, quando fai loro un regalo e si concentrano più sul dono e non tanto su chi glielo dona. Questo figlio adesso ha capito che la fame lo abita, non va a cercare cibi finti che non nutrono, ha capito che deve dare una svolta alla sua vita. Così si prepara anche un bel discorsetto che racchiude tutta la sfacciataggine di un adolescente che va dal padre, sapendo di essere perdonato. Sa che il padre è religioso, quindi userà un bel registro. Gli dirà: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te”. E gli chiederà di rientrare come servo, non come figlio. Il suo discorso è un capolavoro di ipocrisia adolescenziale! Bellissimo!
Ma poi c’è la rivelazione del padre. Perché Gesù ci dipinge il Padre come uno prodigo? Per spiegarci la sua grande misericordia. Il padre vede il figlio e ne ha compassione. La parola compassione ha la stessa radice sia in greco sia in ebraico che significa utero, quindi la frase dell’evangelista Luca significa che a questo padre/madre freme l’utero, tanto che corre incontro al figlio e lo bacia. Ecco un altro gesto importante. Al tempo di Gesù il bacio non avviene sulla guancia, ma sulle labbra e rappresenta il soffio di Dio, della nuova creazione. Dio ti rigenera e ti dona nuovamente il suo soffio vitale. Forse adesso che viene rigenerato, il figlio capirà di avere un padre e di essere figlio amato. Con la sua misericordia, con il suo abbraccio, il padre rigenera il figlio. E sebbene il figlio inizi a fare il suo discorso, il padre lo ferma lì, non lo fa andare avanti, gli lascia la dignità di figlio. Questo è molto importante, perché nella Bibbia l’opposto di figlio, non è orfano, ma schiavo. Il padre non vuole un figlio schiavo, ma lo vuole libero. Ecco allora che gli mette li mette i segni della dignità del figlio: l’anello, la veste, i sandali, la festa. Sembra che questo padre stia dicendo al figlio: “Non te lo dimenticare più! Tu sei figlio. Puoi fare della tua vita quello che vuoi, ma non perdere mai la tua dignità di figlio!“. Nel Vangelo non ci viene detto se il figlio capirà la lezione oppure no, quel che è certo è che il padre fa tutto ciò che può, per farlo essere figlio e non schiavo».

La terza scena è quella che vede protagonista il figlio maggiore, ma, come ha detto mons. Palmieri, «è quella in cui siamo protagonisti tutti noi, che a casa stiamo sempre: noi, i bravi ragazzi, i figli del gruppo dei Farisei. Il figlio maggiore torna dai campi – perché lui è quello bravo, quello che lavora – e chiede spiegazioni di ciò sta avvenendo. È curioso che lo chieda ad un servo, non al padre. E, quando gli viene detto che suo fratello minore è tornato sano e salvo, non è affatto contento, anzi non riconosce più la sua casa ed esce fuori. Suo padre allora esce per supplicarlo e gli fa notare che lui avrebbe potuto fare festa in qualsiasi momento. La casa, infatti, è sua. Il capretto è suo. È tutto suo. All’inizio abbiamo detto che il padre ha diviso le sue sostanze in due, quindi la metà delle sue ricchezze appartiene al figlio maggiore. Qual è dunque il problema? Il problema è che il figlio maggiore non pensa di avere un padre, bensì un padrone che tratta come farebbe un servo. Non sa di avere un padre, non vuole saperne del fratello, è pieno di sé stesso. Per quale motivo ha pensato sempre di avere un padrone e non un padre? Perché non riesce a provare la gioia che suo fratello, che ha sbagliato, forse ora ha capito e non lo farà più? Pur essendo diversi, entrambi non sanno di avere un padre. Ma, mentre uno se ne accorge, chiede perdono e si sveglia, l’altro no: rimane arroccato sulle sue posizioni e pensa di non aver bisogno di nessuno».

Proprio dal comportamento del padre misericordioso, il vescovo Gianpiero ha tratto alcuni suggerimenti utili per i docenti, ma anche per gli educatori, i catechisti e i genitori, e ha concluso: «Dal punto di vista educativo, questa è una bellissima scommessa: aiutare i ragazzi a scoprire la loro dignità di figli, a scoprire il fatto che siamo oggetto di un Amore straordinario, che vuole farci crescere liberi e amati. Questo è un compito educativo straordinario! Sappiamo che c’è una crisi enorme della genitorialità e che i ragazzi affrontano nella vita quotidiana molti problemi. Questo vi rende educativamente sovraccarichi: da una parte avete il compito di rendere credibile un insegnamento molto importante, dall’altra parte siete l’anello in molti casi considerato più abbordabile all’interno del Collegio dei docenti e questo vi rende particolarmente credibili agli occhi dei ragazzi. È un lavoro faticosissimo, ma – lasciatemelo dire – anche una sfida bellissima! Questa generazione di ragazzi, infatti, non sente significativa la Messa, l’incontro con l’Eucaristia, ma non è chiusa a Dio o alla spiritualità, semplicemente la trova in altri contesti. Noi siamo capaci di donare prodigalità, un di più di ascolto e di pazienza? Diamo ai ragazzi i mezzi per capire chi sono veramente?».

Con questi interrogativi aperti, il vescovo Gianpiero ha lasciato spazio al dibattito tra i docenti, i quali hanno preso la parola e si sono confrontati. Numerosi sono stati gli spunti emersi.
Primo fra tutti il la presenza di sacche di disagio non solo tra gli studenti adolescenti, ma anche tra gli alunni della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di Primo Grado. Le varie problematiche sono in genere legate a situazioni di difficoltà familiari che rendono i bambini più fragili ed ansiosi. In secondo luogo i docenti presenti hanno anche evidenziato la necessità di formarsi, soprattutto nell’ambito della comunicazione, per rimanere al passo con una società che cambia velocemente e con una componente studentesca che pone sfide sempre nuove.
Come ultimo spunto di riflessione tutti hanno concordato anche sull’importanza di creare relazioni all’insegna della concordia, della collaborazione e della condivisione con gli altri colleghi docenti.

Al termine del dibattito la prof.ssa Mozzoni, a nome di tutti i docenti, ha donato a mons. Palmieri un piccolo dono, una penna, con l’augurio di scrivere insieme una bella pagina della storia della nostra Diocesi. L’intenso pomeriggio si è poi chiuso con la promessa di un prossimo incontro e con la proposta del vescovo Palmieri di partecipare ad un convegno che si terrà l’8, il 9 e il 10 Novembre 2024 a Loreto e che registrerà la partecipazione come relatrice di Paola Bignardi, pedagogista e pubblicista, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori. L’occasione sarà un momento formativo e di condivisione molto importante che il vescovo Gianpiero consiglia caldamente.

 

 

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