(Da New York) A meno di due settimane dalle elezioni, mentre vari stati hanno già iniziato a inviare via posta le loro preferenze o a recarsi alle urne anticipatamente, come permesso dalla legge, i due candidati alle presidenziali americane si stanno sfidando sui fondi che finanziano le loro campagne. L’ultima donazione eclatante, che ha rotto i protocolli di riservatezza, è stata quella di Bill Gates, il fondatore di Microsoft che ha donato alla campagna elettorale di Kamala Harris circa 50 milioni di dollari.
L’uomo più ricco al mondo, Elon Musk, fondatore della casa automobilistica Tesla e della compagnia spaziale X sta invece sorteggiando 1 milione di dollari al giorno in una lotteria a cui possono partecipare elettori registrati per votare e che firmano una petizione a sostegno delle libertà espresse nel primo e nel secondo emendamento della Costituzione. La legge federale vieta di pagare le persone per registrarsi per votare, ma il miliardario sta puntando ad ottenere un milione di nuovi elettori nei cosiddetti stati “oscillanti”, quelli cioè dove non è chiaro se a vincere saranno i democratici o i repubblicani.
Musk, a cui Trump vorrebbe assegnare un incarico di governo sui tagli alla spesa, ha creato un comitato elettorale in cui sono confluiti oltre 75 milioni di dollari dai suoi strepitosi guadagni e attraverso apparizioni mirate e la sua piattaforma social X (ex Twitter) sta continuando a drenare consensi, spesso usando disinformazione mirata. Un’analisi pubblicata dal gruppo di ricerca OpenSecrets, agli inizi di ottobre, ha rivelato che una manciata di potenti mega-donatori sta assumendo un ruolo sproporzionato nel dare forma alla corsa presidenziale del 2024 e molti di questi miliardari sono schierati con Donald Trump. L’uomo d’affari Timothy Mellon ha donato al comitato di Trump “Make America Great Again” 125 milioni di dollari; mentre Miriam Adelson, vedova del magnate dei casinò Sheldon Adelson di milioni di dollari ne ha donati 95. Entrambi hanno poi donato oltre 10 milioni di dollari per sostenere le elezioni alla Camera e al Senato. Sul fronte democratico ad esporsi maggiormente è stato l’ex sindaco di New York, Mike Bloomberg che ha donato 19 milioni ad un comitato che sosteneva la rielezione di Biden e ora è schierato con la Harris.
Anche lui ha elargito 10 milioni ad un comitato per le elezioni della Camera. A queste cifre vanno aggiunte le donazioni in criptovalute, 7,5 milioni per Trump e un milione per la Harris e quei 162 milioni collegabili a società fittizie o a finanziamenti in nero, non facilmente riconducibili ai reali proprietari.
Le due campagne elettorali insieme sono riuscite a raccogliere quasi due miliardi di dollari, l’equivalente del 37% circa del Prodotto Interno Lordo della Sierra Leone e del 28% di quello del Malawi, usando come termine di comparazione gli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale. Queste cifre che non si sono comunque rivelate decisive nel far emergere un candidato sull’altro, avrebbero potenzialmente potuto avere un notevole impatto sullo sviluppo e la crescita dei due paesi africani. Questo ammontare sproporzionato di finanziamenti che rendono le candidature politiche un business per pochi o un business in cui diventa quasi inevitabile una contropartita, una volta eletti, necessiterebbero limiti più marcati di quelli attuali. Alcuni stati, come il Maine e l’Illinois hanno provato a legiferare sulle linee di demarcazione, ma senza successo. La campagna del 2024 si annuncia la più costosa della storia americana e allo stesso tempo quella che mostra quanto la diseguaglianza continui a crescere nella prima economia del mondo.
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