ASCOLI PICENO – «Don Oreste Benzi è stato definito da papa Benedetto XVI come un infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi. Nato a pochi chilometri da Rimini e sesto di una famiglia molto povera, ha scelto di vivere il Vangelo in una maniera radicale. Si è caricato di tanti gravi problemi che affliggono il mondo contemporaneo, combattendo e vincendo molte battaglie sociali: quelle a favore dei poveri, quelle contro i pregiudizi nei confronti dei tossicodipendenti e delle persone con disabilità, quelle della giustizia sociale a favore degli operai e delle fasce più deboli tra i lavoratori e quelle contro la tratta, una lotta quest’ultima che lo ha impegnato per anni e che ha permesso di salvare molto vite. Don Oreste era un prete di strada che ci ha insegnato a vivere il Vangelo con umiltà e semplicità nei modi, ma con rigore e profondità nei contenuti».

Si è aperto con queste parole di Claudia Zappasodi, referente del Servizio Accoglienza Adulti e Minori del Centro Italia della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’incontro avvenuto Venerdì 26 Ottobre, alle ore 21:00, presso i locali della parrocchia Santi Simone e Giuda di Ascoli Piceno. Al centro dell’evento il ricordo delle opere di carità di don Oreste Benzi, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, e la testimonianza di alcune famiglie e volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, di cui il prete romagnolo è fondatore.

L’iniziativa, che rientra nell’ambito delle manifestazioni organizzate in occasione della festa patronale, ha registrato la partecipazione di don Giampiero Cinelli, parroco della comunità Santi Simone e Giuda, e di alcuni movimenti ed associazioni con cui la Comunità Papa Giovanni XXIII collabora: l’associazione “Kairos” della Diocesi di Ascoli Piceno che collabora anche con la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, rappresentata da Simonetta Sgariglia e Daniela Bruni, che ne sono rispettivamente la presidente e la vicepresidente; il Gruppo del Vangelo della Tenda del Magnificat; il movimento dei Focolarini, rappresentato dalla signora Luciana; il gruppo “Il Mosaico”, costituito dai volontari del carcere di Marino del Tronto; l’associazione “Cento per cento” e la Caritas di Centocbuchi, rappresentate dalla signora Tiziana. Presenti altresì suor M. Lea Procaccioli della Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, don Mauro Servidei, parroco della comunità di Colli del Tronto, e i ragazzi del gruppo Scout AP4 della parrocchia Santi Simone e Giuda.

Dopo il saluto del parroco don Giampiero Cinelli, la serata è entrata nel vivo con la testimonianza di Claudia Zappasodi, la quale ha ricordato l’impegno nel sociale che ha caratterizzato tutta la vita di don Oreste Benzi. L’illustre referente della Comunità Papa Giovanni XXIII ha raccontato, tra gli altri, un episodio in cui è venuta fuori tutta la tenacia del prete dell’Emilia Romagna: « Ricordo che un benefattore di Canazei aveva regalato all’associazione un terreno che si trovava proprio in una zona turistica bellissima del Trentino, ma gli abitanti del posto non volevano la presenza di persone con disabilità lì, proprio vicino a loro: sostenevano, infatti, che la vista dei disabili sarebbe stata poco decorosa per i turisti. Don Oreste combatté questo grandissimo pregiudizio, andando in America a trovare i fondi per costruire un’attività ricettiva altamente inclusiva. Fu così che fece costruire un albergo non solo destinato alla villeggiatura di persone con disabilità, ma addirittura gestito da ex tossicodipendenti e donne tolte dalla strada. Questo era don Oreste! Insegnava il Vangelo vivendolo per primo e facendolo vivere anche agli altri».

Raccontando varie situazioni ed aneddoti riguardanti don Benzi, Zappasodi ha sottolineato la vita straordinaria del prete, il quale viveva la sua santità nella quotidianità. Toccante la profezia della sua morte che don Oreste aveva in qualche modo previsto: «Una sua abitudine era quella di scrivere i commenti alle letture del giorno. Nel 2007, l’anno in cui è morto, li aveva scritti con largo anticipo. Chiaramente don Oreste non sapeva in quale giorno sarebbe morto, eppure a commento di quel giorno aveva scritto: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che mi sarà vicino dirà: ‘È morto!’. In realtà è una bugia: sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché, appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio”. Questa è la profezia di don Oreste, scritta molti giorni prima di morire».

Nel corso dell’incontro sono stati descritti i molteplici ambiti in cui la Comunità Papa Giovanni XXIII lavora: il carcere, le comunità terapeutiche, le discoteche, la strada, le comunità di rom, le ragazze madri, le missioni. Dopo la proiezione di un video documentario sulla vita di don Benzi e sulle varie attività dell’associazione, la serata è proseguita con la testimonianza di Alexandra Cameli e Massimo Mascitti, una coppia di sposi di San Benedetto del Tronto che fa parte della Comunità fondata da don Benzi e che da moltissimi anni costituisce una famiglia accogliente che ospita persone con difficoltà.

«Può trattarsi di anziani senza fissa dimora, di persone con disabilità fisica o psichica, di donne scampate alla prostituzione: a seconda delle necessità, apriamo le porte della nostra casa e li accogliamo come nuovi membri della famiglia» – ha spiegato il marito Massimo – «Don Oreste diceva sempre di essere curiosi e di non lasciare mai nessuno indietro e noi, seppur con i nostri limiti, cerchiamo sempre di farlo. E negli anni abbiamo scoperto che spendersi per gli altri è un valore aggiunto anche per il nostro rapporto di coppia: cementa e fortifica il legame, ci unisce molto».

Dello stesso avviso la moglie Alexandra, la quale ha affermato: «Onestamente, pur riconoscendo la fatica e l’impegno necessari per portare avanti una famiglia accogliente come la nostra, non pensiamo di fare cose grandiose. Il cristianesimo, infatti, è alla portata di tutti. L’amore è per tutti. Io, inoltre, faccio parte del servizio antitratta e quindi periodicamente, insieme agli altri componenti dell’unità di strada, vado ad incontrare ragazze che sono vittime di tratta o che si trovano in situazioni di vulnerabilità. La prima volta regaliamo loro un momento di umanità, di bellezza e anche un rosario. Poi, con il tempo, diventiamo un momento di felicità in una vita brutta. E anche il rosario fa la sua parte: notiamo, infatti, che le ragazze spesso lo conservano, perché ogni volta che torniamo ce l’hanno con loro. In qualche modo restituiamo loro rispetto, affetto e dignità».

A concludere le testimonianze è stata una giovane donna vittima di tratta, che da sei anni vive in casa con Massimo e Alexandra. Il suo racconto, che ha commosso tutti i presenti, è la storia di tante donne che purtroppo vengono costrette a prostituirsi: «Le donne africane spesso sono vittime di un sistema di tratta – ha detto la giovane –, invece le donne dell’Est Europa vengono obbligate alla vita di strada dai mariti o dai compagni. I ricatti psicologici, le minacce di morte anche verso i familiari lontani, la violenza e la paura sono le ragioni che impediscono ad una donna che vive in quelle situazioni di ribellarsi. Io sono giunta in Italia con la promessa di avere un lavoro come baby-sitter e invece mi sono ritrovata sulla strada. Un giorno un cliente mi ha maltrattata, quindi sono finita in ospedale e lì ho deciso di uscirne. Da sei anni sono a casa di Massimo e Alexandra e ho trovato finalmente una famiglia che mi ama come una figlia, così come io li amo come un padre e una madre. La famiglia che accoglie, infatti, non dà solo un tetto o del cibo, ma anche la testimonianza di bene, di felicità e di amore che solo una famiglia può dare».
La storia della giovane, che oggi ha ritrovato la sua dignità anche attraverso un lavoro decoroso, ha suscitato l’interesse dei presenti, i quali hanno approfittato dell’occasione per rivolgerle alcune domande.

La conclusione della serata è stata affidata alle parole di don Oreste Benzi, di cui sono state ricordate tre massime di vita, che lo hanno sempre accompagnato e che costituiscono, per tutti gli associati della Comunità Papa Giovanni XXIII, una preziosa eredità a cui ispirarsi:

«Nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere nulla. E nessuno è così povero da non avere nulla da dare».

«Nella vita si può perdere tutto, ma non si può perdere tutti».

«Le cose belle, prima si fanno, poi si pensano».

 

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