Di Roberto Comparetti
Mons. Antonello Mura, vescovo della diocesi di Nuoro e di Lanusei, è il Presidente della Conferenza episcopale sarda e sta partecipando, dopo la prima, anche alla seconda sessione dell’assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi che si svolge a Roma. Facendo parte anche della presidenza del Comitato del Cammino sinodale della Conferenza episcopale italiana, parteciperà attivamente – insieme agli altri vescovi italiani – dal 15 al 17 novembre all’assemblea nazionale della Chiesa italiana. La Sardegna sarà presente con i delegati regionali e quelli delle 10 diocesi dell’isola. “Ciascuna delle nostre diocesi in questi tre anni – dice mons. Mura -, ha scelto di svolgere il cammino sinodale seguendo le indicazioni della Cei ma scegliendo autonomamente, come previsto, di privilegiare con autonomia – tra le linee indicate e le fasi di ascolto e quella sapienziale – il percorso da portare avanti, in modo che, nelle proprie realtà, il camminare insieme si concretizzasse”.
Dopo tre anni quale bilancio si può fare?
È certo le Chiese della Sardegna hanno fortemente scelto l’ascolto come criterio, ma hanno anche portato avanti dei percorsi originali, individuando nuove vie accanto a quelle indicate, tra le quali l’iniziazione cristiana, oppure i rapporti con le realtà istituzionali o, come è avvenuto significativamente, portando avanti itinerari sinodali nelle carceri. Certamente il Cammino sinodale ha messo in movimento diversi aspetti della vita parrocchiale e diocesana, che dopo il covid si erano bloccati in diversi ambiti.
Lo scorso settembre le Chiese della Sardegna hanno vissuto ad Orosei un appuntamento unitario.
Nell’incontro regionale sinodale è stata è stata importante sia la preparazione che la successiva celebrazione, divisa in due mezze giornate, e svoltasi a Orosei. L’appuntamento ha permesso di mettere in rilievo l’importanza di raccontare quanto si era vissuto nelle diocesi, ma anche di indicare qualche prospettiva per il futuro, in particolare nel campo dell’evangelizzazione. Sono state presentate buone pratiche ed esperienze in atto e, allo stesso tempo, sono state individuate parole chiavi per il futuro.
E ora cosa accade per ciascuna delle diocesi?
Ognuna individuerà i percorsi che più stanno a cuore alla vita diocesana, tenendo conto dei diversi contesti e dando risposte alle domande che sono emerse nella fase di ascolto.
Nell’incontro regionale un ruolo importante lo hanno avuto i tavoli sinodali, luoghi di scambio e condivisione.
Si tratta di un elemento caratteristico del Cammino sinodale. In Sardegna è diventato uno spazio concreto non solo per il racconto di quanto emerso finora, ma anche per condividere parole generative e sguardi profetici riguardanti i sette temi che nel quale il tema dell’evangelizzazione era stato suddiviso: missione, parrocchia, linguaggi e comunicazione, formazione, corresponsabilità, gestione delle strutture, scelte dei giovani.
In quale maniera si è svolto l’Incontro sinodale regionale?
Oltre ai tavoli, nei quali i partecipanti hanno potuto affrontare a scelta uno dei sette temi, c’è stato spazio in plenaria per le lectio, la preghiera e per testimonianze di vita concreta. Momenti che hanno permesso alle Chiese della Sardegna di condividere insieme il tema dell’evangelizzazione.
Quanto maturato nell’incontro regionale verrà donato alla Chiesa italiana in cammino sinodale?
Nelle due assemblee nazionali del 15-17 novembre e del 30 marzo – 4 aprile la voce della Sardegna arriverà grazie ai vescovi e ai referenti: a loro il compito di portare la realtà della Chiese dell’isola, contribuendo a dare al Cammino sinodale della Chiesa italiana idee, prassi e prospettive nelle quali riconoscersi. Sarà importante anche stabilire quali passi concreti bisogna fare per rispondere alle domande di questo tempo, sia dentro la Chiesa che come contributo alla vita sociale.
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