Di Silvia Rossetti

Secondo i dati della Relazione annuale sulle tossicodipendenze (2024), a cura del Dipartimento per le politiche antidroga, gli studenti tra i 15 e i 19 anni consumatori di cannabis sono oltre 580mila (28%). Un dato in crescita e piuttosto allarmante. Ne parliamo con Antonio Bolognese, onorario di Chirurgia presso La Sapienza di Roma e responsabile scientifico della Commissione Cannabis e altre dipendenze dell’Ordine dei medici e odontoiatri di Roma.

Un terzo degli adolescenti italiani è consumatore di cannabis. Quali sono le ragioni della diffusione di questa sostanza?
Le cause sono molteplici. Sulle caratteristiche e gli effetti della cannabis c’è tanta disinformazione. Il primo equivoco riguarda la sua classificazione nell’opinione comune come “droga leggera”. Questa definizione è assolutamente falsa. L’utilizzo di cannabis non determina morti per overdose, ma può causare arresti cardiaci e alimentare pensieri suicidi. La cannabis si diffonde tra i giovani anche per la sua facile reperibilità: negli smartshop la troviamo “in vetrina” e questo contribuisce a sdrammatizzarne le insidie. Alcune persone ne sottolineano le proprietà terapeutiche, ma è necessario precisare che l’impiego riguarda solo alcune specifiche malattie o in alcuni casi la gestione del dolore in patologie oncologiche molto gravi. Infine, non da sottovalutare il ruolo giocato dalla pandemia nella crescita di questa dipendenza.

Quindi la cannabis non è una droga leggera…
Forse questa definizione poteva essere adeguata 50 anni fa. All’epoca la percentuale del THC (il principio attivo responsabile delle alterazioni che questa sostanza determina) era intorno al 3%; oggi sofisticate tecniche di coltivazione e l’utilizzo di semi geneticamente modificati hanno incrementato la quantità di THC nelle piantine di cannabis fino al 40-50%. Questo aumento rende la dipendenza più forte e pericolosa.

È vero che il consumo di cannabis in età adolescenziale può determinare danni cognitivi?
Un recente studio pubblicato da Jama Pediatrics dimostra che il consumo, se inizia in età precoce ed è prolungato nel tempo, determina una riduzione del quoziente intellettivo dell’8-10%. Chiaramente i danni cognitivi si riverberano anche nel rendimento scolastico. L’abuso di cannabis rende il consumatore apatico e disinteressato al proprio futuro. Così molti giovani abbandonano il percorso di studi e alimentano le sacche della dispersione scolastica.

Le relazioni sociali sono alterate dal consumo di queste sostanze?
I ragazzi che abusano di cannabis possono sviluppare una sindrome chiamata amotivazionale, o demotivazionale. Progressivamente smettono di praticare sport, di partecipare ad attività culturali o associazionistiche, configurando in alcuni casi un vero e proprio ritiro sociale. Il consumo di cannabis sviluppa inoltre aggressività, soprattutto in ambito domestico.

I danni da cannabis sono irreversibili?
Oggi ci sono “consumatori” di nove o dieci anni, età in cui la struttura cerebrale è in pieno sviluppo. La precocità nel consumo di queste sostanze altera irreversibilmente l’architettura neuronale e riduce lo spessore della corteccia frontale. Si possono riscontrare danni cerebrali anche in età gestazionale: una donna che consuma cannabis in gravidanza può causare danni al feto.

Come si può educare i giovani alla prevenzione?
Per combattere qualsiasi tipo di dipendenza servono sinergia e multidisciplinarità. Il progetto pilota In-Dipendenza dell’Osservatorio sulle dipendenze e della Commissione dell’Ordine provinciale dei medici di Roma, di cui sono responsabile scientifico, mira a una prevenzione precoce avvalendosi della metodologia del peer to peer. Le azioni beneficiano del supporto della Fondazione Roma e della collaborazione della Fondazione Di Liegro e si avvalgono del contributo di medici, psicoterapeuti, psichiatri, pediatri, e altri esperti. Gli interventi riguardano scuole, ambienti sportivi e famiglie. Tra i promotori e sostenitori mons. Baldassarre Reina, Vicario generale per la diocesi di Roma, mons. Michele Di Tolve, rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, e don Giovanni Carpentieri, “prete di strada”. Tra gli enti coinvolti figura il Ciscod (Comitato italiano sport contro le droghe), presieduto dall’ex atleta olimpico Daniele Masala.

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