Di Alessio Magoga
“Il Cammino sinodale di tutto il popolo di Dio è frutto della comune chiamata alla salvezza, accolta nel battesimo e nella professione di fede. Così la sinodalità ci esorta ad andare oltre sé stessi riconoscendo la verità e il bene di Colui che è prima di noi e ci chiama: Cristo Gesù”, così mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia e presidente della Conferenza episcopale del Triveneto commenta il grande movimento della Chiesa verso l’Assemblea sinodale.
Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia sta giungendo alla prima “grande visione d’insieme”, con le due Assemblee sinodali che si terranno a Roma dal 15 al 17 novembre e poi dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Che cosa si attende da questi due appuntamenti?
Abbiamo vissuto, in questi anni di Cammino sinodale, innanzitutto una proficua fase narrativa e di ascolto. Poi c’è stato il momento sapienziale, di valutazione e di discernimento, ed ora siamo entrati nella fase detta “profetica”. Ci attendiamo – e personalmente auspico tale passaggio – che siano individuate alcune precise tematiche, condivise nelle fasi precedenti, che possano valere per tutte le Chiese che sono in Italia insieme ad altre tematiche proprie delle Chiese particolari. Il Cammino sinodale, infatti, è comune alle Chiese e tocca le singole realtà ecclesiali in un contesto di comunione e per questo auspico che insieme a delle tematiche comuni – alcuni punti essenziali – ve ne siano altre più peculiari e affidate ai Cammini delle Chiese diocesane, poiché riguardano loro esigenze ed urgenze.
Quale percorso ha compiuto la Chiesa del Triveneto in questo tempo? Papa Francesco, tra l’altro, è stato tre volte nel Nordest: Venezia, Verona e Trieste…
Il Santo Padre ci ha fatto il dono di queste visite alle nostre Chiese e ricordo, in particolare, la consegna di due verbi “mariani” che ha fatto ai giovani di Venezia e anche del Triveneto, presenti con una rappresentanza, davanti alla basilica della Madonna della Salute:“Alzarsi: lasciarsi prendere per mano da Dio per camminare insieme! E dopo l’alzarsi, andare. Andare è farsi dono, donarsi agli altri… Andare incontro, camminare, andare avanti”.Mi sembra un’esortazione che può valere per tutte le nostre Chiese del Nordest che, insieme ai loro percorsi diocesani, hanno anche realizzato, in questo periodo, alcuni appuntamenti preparati e vissuti in modo autenticamente sinodale con il coinvolgimento di tante persone e diverse realtà nei vari territori. Mi riferisco al convegno ecclesiale triveneto sulla liturgia incentrato sul tema “Ritrovare forza dall’Eucaristia” e che ha avuto il suo momento culminante a Verona un anno fa e poi, più recentemente ossia a fine settembre scorso, ad Aquileia l’incontro conclusivo del convegno catechistico regionale: “Un annuncio che incontra la vita. Riscoprire il Battesimo porta della fede”. Come vescovi del Triveneto, inoltre, ci ritroviamo regolarmente e poi, almeno una volta l’anno, viviamo tutti insieme un incontro di approfondimento – allargato anche a sacerdoti, diaconi, persone consacrate e fedeli laici – su rilevanti temi pastorali e questioni che toccano da vicino la vita della Chiesa e delle nostre Regioni.
Quali sono le principali esigenze di cambiamento nel clero e nel laicato della Chiesa del Nordest?
A mio modo di vedere, c’è l’esigenza di costituire o far crescere un soggetto ecclesiale basato sulla comunione e fondato sulla realtà sacramentale, a partire dal battesimo e poi sul sacramento del matrimonio e dell’ordine sacro. Con tale soggetto ecclesiale è possibile superare forme incentrate esclusivamente (o quasi) sulla figura del prete.Bisogna superare la logica dell’aut aut, ossia credere che, se si valorizzano i laici, allora vuol dire che si penalizzano i preti e viceversa. Sempre più deve, invece, valere la logica dell’et et.Questa è la logica ecclesiale che ci deve accompagnare.
Recentemente è stato a Vittorio Veneto per i 200 anni della dedicazione della Cattedrale. Che ruolo ha il vescovo, oggi, nella Chiesa e nel Cammino sinodale?
Ritengo che alcune immagini tratte dal Vangelo aiutino a comprendere. Penso alla vite e ai tralci oppure alle icone che hanno scandito questo tempo sinodale: Marta e Maria e poi i discepoli di Emmaus. Il vescovo è figura di comunione nella Chiesa locale. Nella comunione, con l’umiltà, la forza e l’autorevolezza del suo ministero è chiamato ad indicare l’unità attorno a Cristo. Il vescovo ha il carisma della sintesi e questo comporta rispetto ed ascolto, ma anche fedeltà alla missione ricevuta, sempre a servizio della Chiesa e del mondo.
Quanto è importante la sinodalità all’interno della Chiesa?
La sinodalità è essenziale perché realizza un autentico camminare “insieme” della Chiesa.Non è uno stare insieme in chiave sociologica o politica ma sacramentale e qui è fondamentale il comune guardare – di pastori, laici e religiosi con i rispettivi carismi – alla persona di Gesù Cristo, l’Uomo per gli altri. Lui è la meta a cui perviene ogni autentico cammino ecclesiale, Lui è il vero Maestro che unisce nel cammino ecclesiale e che abbraccia storia, tempo ed eternità. A tal proposito la fede, per esser tale, partecipa della dimensione sincronica (l’oggi) e diacronica (la fede degli Apostoli). Il Cammino sinodale di tutto il popolo di Dio è, infatti, frutto della comune chiamata alla salvezza, accolta nel battesimo e nella professione di fede. Così la sinodalità ci esorta ad andare oltre sé stessi riconoscendo la verità e il bene di Colui che è prima di noi e ci chiama: Cristo Gesù. Si tratta di lasciarsi plasmare, come Chiesa, dalla Sua persona; un andare oltre sé stessi verso Cristo che è, appunto, il senso e la meta di ogni cammino ecclesiale.
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