ACQUAVIVA PICENA – Si è tenuto presso il Casolare Azzurro il pranzo e il Convegno che ne è seguito organizzato dall’Ente Palio del Duca aps, presidente cav. Nello Gaetani e proprio quest’ultimo ha introdotto i presenti nel vivo della giornata ricordando che l’Associazione da tanti anni promuove la storia e la cultura e collabora con altre realtà al fine di valorizzare e rievocare eventi che hanno segnato per sempre il territorio marchigiano. È sempre il Palio del Duca che organizza la prima settimana di agosto “Sponsalia”, patrimonio immateriale di Acquaviva Picena, si torna indietro nel tempo al giorno del matrimonio tra i giovani Forasteria degli Acquaviva e Rinaldo dei Brunforte.
La Giornata per la storia 2024 si è occupata di “Economia medievale: cibo, denaro e artigianato.
A prendere per prima la parola è stata la dott.ssa Franca Tacconi, della Fondazione Federico II Hohenstaufen di Jesi, che nel suo intervento ha detto: “Quest’anno come Fondazione abbiamo portato avanti l’argomento e quindi ho pensato di approfondire lo stesso tema in ambito medievale”.
L’ing, Maurizio Medori, storico locale ha approfondito soprattutto come veniva organizzato un Banchetto nel x secolo e in particolare ha spiegato ai presenti quello che poteva essere più o meno il banchetto di nozze di Forasteria e Rinaldo: “Gli invitati ad un Banchetto medievale dovevano rispettare un’etichetta, un codice di buone maniere, uno delle quali era lavarsi le mani prima di andare a tavola, mangiare con la bocca chiusa e molte altre, alcune sono giunte fine a noi. Il maestro di cerimonia era colui che si occupava dell’organizzazione del banchetto, due delle problematiche principali erano: dove allestirlo e il reperimento delle sedie. Un banchetto non comprendeva solo gli invitati, ma si doveva ospitare anche la servitù, i musicisti, i giocolieri, i ballerini e tutti gli altri che avrebbero eseguito lo spettacolo durante il pranzo. Il maestro di cerimonia doveva conteggiare bene gli ospiti perché altrimenti qualcuno avrebbe rischiato di rimanere fuori e a farne le spese erano sempre quelli di ceto inferiore, questo valeva anche per i posti a sedere: le sedie erano di grandezza e foggia diversa a seconda della nobiltà dell’invitato, se non ce ne erano a sufficienza per tutti a mangiare seduti per terra erano anche questa volta gli invitati meno importanti. Si usavano coltelli e cucchiai, non la forchetta, ognuno la portava da casa e la posava sul tavolo, da qui il termine . I cibi venivano insaporiti dalle spezie, a quell’epoca ce ne erano molte, servivano soprattutto come sostitute del sale e per dare un sapore sempre nuovo e sorprendente. Se andiamo ad approfondire il matrimonio di Forasteria e Rinaldo, noi non sappiamo se fosse realmente stato celebrato ad Acquaviva Picena, perché qui è presente una fortificazione esclusivamente militare, non una dimora permanente del signore del luogo, ma è possibile che tutto si sia svolto qui, perché un tempo i matrimoni erano contratti tra famiglie e il motivo di un’unione era da vedere sotto l’aspetto giuridico, i matrimoni per amore, almeno tra nobili sono da escludersi. A sotenere questa tesi, anche una pergamena conservata nell’Archivio di Stato di Fermo nella quale si legge che Rinaldo Dei Brunforte si lamenta con il suocero per via della dote di Forasteria, egli ritiene che fosse inferiore a quella del futuro cognato Ruggero Ugolini, marito di Elena degli Acquaviva, sorella di Forasteria”.
A seguire l’intervento dell’ing. Medori, è stata la dott.ssa Laura Ciotti, già archivista dell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, che si è occupata di studiare la tipologia dei documenti contrattuali e della moneta di scambio dell’epoca: “Prima della nascita dei Comuni le transazioni contrattuali erano spesso gestite dai Monasteri, la chiesa Sant’Angelo Magno ad Ascoli Piceno per esempio, all’epoca aveva terreni di proprietà, a questo punto ci viene da chiederci quale era la moneta di scambio. Dai tanti documenti analizzati ritroviamo: tarì o tarino, agontano, bolognino, fiorino d’oro e carlino e altri. Le dimensioni della moneta e il taglio differenziavano e a seconda del pagamento era destinato una tipologia diversa: soldi, denaro e libra”.
A concludere il convegno è stato il dott. Luigi Rossi, Deputazione di storia patria per le Marche che ha sottolineato come le Marche siano una Regione a vocazione artigianale fin dal Medioevo: “L’artigianato nelle Marche è l’asse portante dello sviluppo economico attuale, fonda le sue basi in epoca medievale. Dopo le guerre gotiche, con l’avvento dei ducati Longobardi, i marchigiani riprendono a ricostruire tutto, perfino le città e i borghi sono da rimettere in piedi perché solo Ascoli Piceno e Fermo resistettero alle invasioni. Gli artigiani erano divisi in Corporazioni, ve ne elenco alcune: fornaciari, vasari, canestrieri, pettinatori e setacciai, lanaioli, ciabattini e tanti altri. Un certo tipo di artigianato si sviluppava dove trovava le risorse necessarie, ad esempio nei paesi di montagna dove i greggi di pecore erano numerosi iniziò ad espandersi l’artigianato della lana. Le donne marchigiane e il loro lavoro misto a ingegno diede vita ad un artigianato calzaturiero dell’epoca, perché cucendo gli stracci, gli scarti, crearono una specie di pantofole, che poi i mariti avrebbero venduto nei mercati italiani”.
Il convegno si è concluso con l’intervento del Presidente dell’Associazione Laboratorio Terraviva, cav. Filippo Gaetani che ha parlato dell’artigianato locale acquavivano: le pajarole, cioè cesti di paglia intrecciata.
L’appuntamento è per il prossimo anno, dove si approfondirà un altro tema, dal punto di vista medievale.
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