Giovanna Pasqualin Traversa
Nel nostro Paese permangono ancora troppe differenze regionali nel consumo dei farmaci, non spiegabili dal punto di vista epidemiologico, ma frutto di un’inappropriatezza prescrittiva e dei consumi sulla quale c’è ancora da lavorare. Generici tuttora in rampa di lancio, con un consumo pari al 22,8% che ci colloca al terz’ultimo posto in Europa. Cresce invece il consumo di antibiotici, nonostante campagne e appelli ad un loro uso consapevole per arginare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza che in Italia uccide 11mila persone l’anno. Sono alcuni dati emersi dal Rapporto Osmed 2023 L’uso dei farmaci in Italia, realizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e presentato il 12 novembre a Roma.
La spesa. Nel 2023 la spesa farmaceutica totale nel nostro Paese è stata pari a
36,2 miliardi di euro, di cui il 68,7% rimborsato dal Ssn.
La spesa territoriale pubblica, comprensiva di quella convenzionata e in distribuzione diretta e “per conto”, è stata di 12 miliardi e 998 milioni, con un aumento rispetto all’anno precedente del 3%. La spesa per compartecipazione a carico del cittadino è stata invece pari a 1 miliardo e 481 milioni, circa 25 euro pro-capite. Aumenta dell’1,7% la spesa per i ticket sulla ricetta o la confezione, mentre i farmaci di fascia C acquistati direttamente dal cittadino vedono un incremento vicino al 10%, per una spesa che supera i 7 miliardi di euro. Nel 2023 in Italia sono state consumate ogni giorno complessivamente 1.899 dosi di medicinali ogni mille abitanti, il 69,7% delle quali erogate a carico del Ssn e il restante 30,3% acquistate direttamente dal cittadino.
Il consumo. Al primo posto nel consumo nazionale i farmaci per il sistema cardiovascolare (513,9 dosi giornaliere per mille abitanti per una spesa pubblica di 3.557 milioni di euro nel 2023). Al secondo posto i farmaci dell’apparato gastrointestinale (298,6 dosi giornaliere per mille abitanti con una spesa pubblica di 3.321 milioni di euro). A seguire i farmaci del sangue, del sistema nervoso centrale e gli antidiabetici.
Antibiotico-resistenza. Aumenta del 6,4% il consumo di antibiotici, nonostante la diffusione di batteri resistenti sia indicata dall’Oms come una delle grandi emergenze sanitarie che nel 2050 potrebbe provocare oltre 39 milioni di morti nel mondo. Problema che ci riguarda da vicino.
In Italia si registra la maggiore antibiotico-resistenza riscontrata in Europa (200mila pazienti l’anno colpiti da batteri resistenti) che causa 11mila vittime.
Lo scorso anno quasi 4 persone su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico, con livelli più elevati al Sud (il 44,8% della popolazione) contro il 30,9% del Nord e il 39,9% del Centro. Differenze che fanno riflettere sull’appropriatezza di prescrizioni e consumi. I dati in crescita sul consumo di antibatterici a uso ospedaliero, “suggeriscono la necessità – si legge nel Rapporto – di migliorare la sorveglianza delle infezioni nelle strutture sanitarie, garantendo una risposta tempestiva e adeguata”. Di qui la necessità di “implementare programmi di ‘Antimicrobial Stewardship’ in particolar modo nelle popolazioni ad alta prevalenza d’uso per ottimizzarne il consumo e ridurre la resistenza antimicrobica”.
Appropriatezza prescrizioni e aderenza a terapie. Sul fronte dell’appropriatezza delle prescrizioni di un farmaco e del rispetto delle sue indicazioni d’uso che c’è ancora da lavorare. Per tornare agli antibiotici, parlano i dati delle dosi giornaliere per mille abitanti registrati nelle singole Regioni: dalle 11,1 dosi di Bolzano alle 22,4 dell’Abruzzo, alle 21,7 della Campania e le 21,5 della Basilicata. Ancora scarsa l’aderenza alle terapie da parte degli anziani. Le donne sono meno aderenti e “persistenti” degli uomini; le Regioni del Sud registrano livelli di aderenza e persistenza al trattamento più bassi rispetto alle altre aree geografiche, con la sola eccezione degli antidepressivi, per i quali si osservano invece valori simili da Nord a Sud.
Cresce al 31,2% il consumo dei farmaci generici, soprattutto al Nord, ma l’Italia è terz’ultima in Europa.
In Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata il ricorso agli equivalenti oscilla infatti tra il 19 e il 21%, mentre a Trento e in Lombardia i valori sono rispettivamente del 44 e 43%. Aumenta la spesa per farmaci di fascia C; i più acquistati sono le benzodiazepine.
Un tavolo di esperti. Per il presidente di Aifa Robert Nisticò, c’è molto da lavorare su appropriatezza prescrittiva, aderenza alle terapie e diffusione dei generici. Su quest’ultimo punto spiega: “Per velocizzare l’accesso sul mercato dei nuovi generici, l’Aifa adotta già procedure semplificate di prezzo e rimborso; in due soli Cda sono stati approvati equivalenti per un risparmio pari a circa 200 milioni”. Ma non basta:“occorre fare più informazione e formazione: a parità di efficacia e sicurezza i generici aiutano a tenere in ordine i conti dello Stato e quelli delle famiglie italiane che oggi spendono più di un miliardo per pagare la differenza di prezzo con il farmaco branded”.Inoltre, per migliorare appropriatezza prescrittiva e aderenza terapeutica l’Agenzia ha aperto un tavolo sulla medicina di precisione e sulla “prescrittomica” con gli esperti delle società scientifiche e delle organizzazioni mediche per studiare l’interazione tra fattori genetici ed epigenetici – come quelli legati ad età, attività fisica e fattori ambientali – e il loro impatto su efficacia e sicurezza dei farmaci prescritti.
Strumenti di programmazione. “L’Italia – sostiene il direttore tecnico-scientifico di Aifa, Pierluigi Russo, è uno dei Paesi che rende disponibili ai pazienti il maggior numero di farmaci dopo l’autorizzazione centralizzata europea, con un tasso di disponibilità che nel 2023 è stato del 63%”. Con uno sguardo complessivo sulla spesa farmaceutica, Russo sottolinea infine l’urgenza di “adeguati strumenti di programmazione, a tutti i livelli, dell’organizzazione del Ssn e di risorse coerenti con la sostenibilità” dei costi al fine di “preservare gli attuali standard assistenziali”.
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