“Il pilastro su cui poggia l’universalismo dei servizi sanitari in Italia, la ricerca di tutela della salute per tutti, è lo sguardo che, nascendo venti secoli fa dal Vangelo, si posa su ogni essere umano, e in esso vede un fratello, una sorella, senza bisogno di altre successive definizioni. Tutto ciò si realizza poi in modo specifico, dove ciascuno possiede le proprie competenze, professionalità, capacità operative, con anni di studio, tirocinio e pratica”. Lo ha detto il segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin, al convegno internazionale “Universalità e sostenibilità dei Servizi sanitari nazionali in Europa” promosso nei giorni scorsi a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, dall’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute con le Federazioni che rappresentano le professioni sanitarie.
La “grande sfida”, ha proseguito il porporato, “è mantenere fermo il caposaldo universalistico dei sistemi: non per il bene dei singoli oggi, che pure è fondamentale, neppure per i più abbienti, rischiando di moltiplicare una ‘cultura dello scarto’ di chi non ha nulla per curarsi, ma come progetto di progresso per l’umanità che, al di là di ogni differenza culturale, riconosce nella persona umana il soggetto primario e irrinunciabile della società. Fin dal nascere di ogni essere umano”.
Per il cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, intervenuto con un videomessaggio, la “guarigione non è sempre possibile; la cura è sempre dovuta”. “Non possiamo sottovalutare l’importanza della qualità di un servizio di cura sanitaria offerto a tutti i cittadini, a qualunque condizione sociale appartengano”, ha proseguito. Di qui l’importanza di “lavorare insieme”, in sinergia: “se il servizio sanitario pubblico funziona, ed è l’eccellenza, anche la collaborazione con il privato può avere nuovi sviluppi; ma deve essere sempre il pubblico ad avere l’eccellenza, e così anche utilizzare propriamente il privato”.
“Dobbiamo lavorare per una Unione europea centrata sull’essere umano, così da integrare le politiche nazionali e assicurare protezione sanitaria in tutte le politiche dell’Ue”, il monito di mons. Mariano Crociata, presidente della Comece. Occorre “tornare a una visione dell’Europa che abbia a che fare con l’amore per l’uomo; e la Chiesa vuole contribuire”, ha osservato da parte sua mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei. “Anzitutto offrendo la propria visione di una persona integrale che ha bisogno della salute del corpo e anela alla salvezza dell’anima, creando comunità, perché chi è malato ha bisogno del sostegno di una comunità, dei propri familiari come dei propri paesi, di persone che possano prendersi cura di lui, offrendo un’immagine della vita per cui nessun suo frammento è assurdo e senza senso”.
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