(Foto Vatican Media/SIR)

M.Michela Nicolais

“La vera pace potrà nascere solo da un cuore disarmato dall’ansia e dalla paura della guerra”. Lo ribadisce  Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio 2025 sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”.

“Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace!”,

l’auspicio del Papa, che nel messaggio invita a combattere quelle che S. Giovanni Paolo II ha definito “strutture di peccato”, in occasione di un evento – l’Anno Santo – che è sempre stato per la Chiesa “un evento che riempie i cuori di speranza” da far “riecheggiare in tutto il mondo” per “ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia”.

“Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità”,

la prima consegna del messaggio, in cui si citano le “sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta: “Mi riferisco – spiega – alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare”.

“I beni della terra sono destinati non solo ad alcuni privilegiati, ma a tutti”,

ribadisce il Papa: “Come le élites ai tempi di Gesù, che approfittavano delle sofferenze dei più poveri, così oggi nel villaggio globale interconnesso, il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri”. Il riferimento è alla crisi del debito che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo ed è frutto della “logica dello sfruttamento del debitore”.

“Il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati”,

la denuncia di Francesco: “A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati”. Per il Papa, “il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia”: di qui l’invito alla comunità internazionale, in vista del Giubileo, a

“far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono” e allo  sviluppo di “una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

“Un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, perché ogni persona possa amare la propria vita e guardare con speranza al futuro, desiderando lo sviluppo e la felicità per sé e per i propri figli”. E’ la seconda richiesta concreta per il Giubileo. “Senza speranza nella vita, infatti, è difficile che sorga nel cuore dei più giovani il desiderio di generare altre vite”, argomenta Francesco, che rilancia la sua richiesta per l’eliminazione della pena di morte in tutte le nazioni. Altra richiesta rinnovata nel messaggio, quella di utilizzare “almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di

un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.

“Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari”, l’appello sulla scorta di S. Paolo VI e Benedetto XVI: “Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”.

“Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato”,

l’indicazione di rotta del Papa: “un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo”. “Il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri”, garantisce Francesco: “A volte, basta qualcosa di semplice come un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito”. Perché la pace “non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato”.

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