DIOCESI – Sabato 21 Dicembre 2024, alle ore 21:00, presso la cattedrale Santa Maria della Marina in San Benedetto del Tronto, il giovane Francesco Bollettini riceverà l’ordinazione diaconale durante la Celebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo delle Diocesi del Piceno, mons. Gianpiero Palmieri.
Francesco, che ha ventisei anni ed è originario di Martinsicuro, è il secondo di due figli. Ha frequentato il Liceo Linguistico “Augusto Capriotti” in San Benedetto del Tronto e, proprio durante gli anni di studio nella Scuola Superiore, ha sentito un forte desiderio di riscoprire il suo essere cristiano, scoprendo poi anche il desiderio di voler donare la sua vita al Signore, nel Ministero Ordinato. Conseguito il Diploma di maturità Linguistica, dopo aver vissuto un anno di servizio civile, ha iniziato l’anno propedeutico – un periodo di discernimento nel quale si verifica la possibilità di dedicare la propria vita a Dio e agli altri nella via del sacerdozio ministeriale –, entrando poi nel 2019 come seminarista al Pontificio Seminario Regionale Pio XI in Ancona. Dopo il rito di ammissione agli Ordini Sacri, avvenuto il 14 Novembre del 2021, ha ricevuto il Lettorato nel 2022 e l’Accolitato nel 2023. Terminati gli Studi Teologici nello stesso anno, è stato poi in missione in Camerun, dove ha vissuto una bella esperienza di Chiesa universale. Nei cinque anni di Seminario ha effettuato il suo tirocinio pastorale in diverse parrocchie: prima un anno nella comunità di San Basso a Cupra Marittima; poi due anni nell’unità pastorale Regina Pacis e Sacro Cuore di Gesù in Centobuchi di Monteprandone; infine due anni nella comunità Madonna della Speranza a Grottammare, dove ancora svolge il suo servizio.
Lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio.
A quale parrocchia appartieni?
Vengo dalla parrocchia Sacro Cuore di Gesù di Martinsicuro, una delle parrocchie abruzzesi della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.
Qual è stato il tuo rapporto con la fede durante l’infanzia e l’adolescenza?
Ho frequentato il catechismo e ho ricevuto i Sacramenti del Battesimo, della Comunione e della Cresima. Tuttavia andavo a Messa solo a Pasqua e a Natale e quando c’era un’attività con gli Scout. Dagli otto fino ai diciannove anni, infatti, ho sempre fatto parte del Gruppo Scout Martinsicuro 1 e la mia unica partecipazione in parrocchia era legata agli Scout.
Tra i tredici ed i quattordici anni, però, ho iniziato a farmi delle domande sulla vita e sulla fede cristiana cattolica, soprattutto contestandola. Mi ponevo interrogativi a cui, a volte, non riuscivo a dare risposta. Un giorno, poi, è accaduto un fatto che ha iniziato a cambiare la mia vita. Durante un campo estivo, con gli Scout siamo andati vicino Rieti e lì abbiamo conosciuto un prete che ci ha detto, durante l’omelia, che Gesù Cristo è il più grande bluff della storia. È arrivato persino a negare la comunione a due suore che erano con noi. Questo fatto mi ha colpito molto, non tanto per le parole dette da quel sacerdote, ma per il perdono che le due suore hanno mostrato verso quel prete. Ci dissero che lui è sempre figlio di Dio, amato dal Signore, non importa cosa avesse detto o fatto. Grazie a questo episodio, ho sperimentato per la prima volta che Dio è amore e misericordia. Mi sono detto: “Se tale misericordia vale per questo prete, vale anche per me, anche io sono figlio amato“.
Gli anni del Liceo sono stati determinanti anche per un altro motivo: sono stati infatti anche gli anni in cui ho maggiormente vissuto la dimensione diocesana ed universale della Chiesa, sia partecipando alle iniziative di pastorale giovanile organizzate in Diocesi, tra cui l’esperienza di Casa Giovani, sia partecipando alla GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) del 2016 a Cracovia, in Polonia.
Quando e come hai maturato l’idea di volere diventare prete?
La prima chiamata che ho riconosciuto è stata quella ad essere cristiano. Poi, con il tempo, mi sono domandato come potessi trasmettere ad altri la bellezza di essere figlio di Dio e ho pensato al Ministero Ordinato . È stato quasi un passaggio naturale: mentre crescevo, cresceva con me la fede e anche la domanda su come poter servire la Chiesa.
Devo dire che nella mia adolescenza e giovinezza ho incontrato tante persone che sono state la presenza di Gesù per me e che mi hanno aiutato a crescere come uomo e cristiano. Penso a don Patrizio Spina, che allora era mio parroco a Martinsicuro. Penso alla pastorale vocazionale e giovanile con don Pierluigi Bartolomei e don Roberto Traini. Penso anche ai vari incontri vocazionali regionali organizzati da don Claudio Marchetti e suor Gina Masi. Ci sono moltissime altre persone che sono state importanti per me in questi anni, ma non basterebbe tutta l’intervista per ringraziarle.
È stato così comunque che, una volta diplomato, ho voluto verificare la possibilità di servire la Chiesa, svolgendo un anno di Servizio Civile alla Caritas di San Benedetto del Tronto, con don Gianni Croci, i volontari e le molte persone che lì ho incontrato.
Come hai vissuto l’esperienza in Seminario e l’amicizia con gli altri seminaristi?
Il Seminario è stato per me un luogo in cui ho vissuto nella mia vita l’esperienza della Pasqua: qui ho incontrato di nuovo il Signore. Se penso a quello che ho vissuto in Seminario, mi viene in mente l’episodio della resurrezione di Lazzaro, raccontato nel Vangelo. I seminaristi e i formatori sono stati, per me, come gli amici di Lazzaro, quelli che mi hanno aiutato a slegare le bende, una volta che ero uscito dalla tomba.
Sarò sempre grato ai fratelli del Seminario, ai compagni e ai formatori per avermi donato nuovamente la vita: al rettore don Claudio Marchetti, ai miei formatori per diversi anni don Daniele De Angelis e don Andrea Righi e al mio padre spirituale don Luca Bottegoni.
Terminata la tua formazione teologica, sei stato in missione in Africa. Puoi raccontarci brevemente dove sei stato e cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Questa estate ho vissuto un’esperienza decisiva per la mia vocazione in Camerun, precisamente nella città di Douala, insieme all’amico seminarista Andrea D’Aprile. Siamo stati nella parrocchia Nostra Signora delle Vittorie, nel quartiere New Bell, insieme a don Florindo D’Emidio, un prete incardinato a Douala ma originario di Sant’Egidio alla Vibrata. In quei quaranta giorni, ho sperimentato che davvero che Dio è vicino ad ogni uomo ed è presente in ogni situazione, anche la più difficile. Ho veramente toccato con mano che è sempre possibile annunciare la Speranza del Vangelo, anche nelle avversità. Ringrazio le persone di Douala, in particolare gli anziani e i malati, per avermi testimoniato la fede e la realtà della vita eterna, la possibilità di essere nella gioia anche se nel dolore.
Quest’esperienza è stata il modo con cui il Signore mi ha aiutato a fare sintesi del cammino vissuto fino a quel momento e con il quale mi invitava a scegliere di donare la mia vita per servire i fratelli, in particolari i più differenti.
Si legge e si sente spesso in giro che le vocazioni siano in calo e che ci siano sempre meno preti. Perché? A te, invece, cosa piace della Chiesa?
La risposta vera è che non lo so. In merito alla mancanza di vocazioni, credo la Chiesa, che è prima di tutto il popolo di Dio, non dovrebbe preoccuparsi tanto di questo, bensì dell’annuncio del Regno di Dio, ciò dove Dio ha l’ultima parola già qui sulla terra, con la sua giustizia, il suo amore. Questo è per tutti, cristiani e non cristiani. E tutti siamo chiamati a servirci gli uni gli altri, ciascuno secondo il proprio carisma. Credo che i laici, perciò, dovrebbero essere protagonisti della vita della Chiesa, anche se avessimo molti preti! I laici sono la Chiesa. Siamo noi, diaconi e preti, a servizio di Dio e della gente. Di tutti.
Per quanto riguarda cosa mi piace della Chiesa, devo dire che la mia esperienza è quella di uno che non era tanto cristiano, ma che è stato attratto da una comunità che non giudica, che dà fiducia ai giovani, li accoglie e li rende protagonisti. Una comunità di cristiani che riescono a rendere presente Gesù nella vita di tutti i giorni, attraverso parole e comportamenti coerenti con il Vangelo. Spesso un certo moralismo da bacchettoni e una certa fede individualistica sono grandi tentazioni, a cui oggi si cede e che allontanano altre persone; una fede autentica, invece, si traduce in una vita vissuta personalmente e comunitariamente in maniera coerente al Vangelo. Una Chiesa così mi ha attratto e attrae molti. Forse alla Chiesa oggi serve proprio questo: l’accoglienza di tutti e il non giudizio. Ripeto quello che ha detto papa Francesco diverse volte: nella c’è spazio per tutti, tutti, tutti. O la Chiesa è accogliente con tutti o non è Chiesa.
Quali sentimenti hai nel cuore in attesa di ricevere l’Ordinazione Diaconale e cosa ti aspetti dal futuro?
Sono molto trepidante e felice allo stesso tempo. Sono anche molto grato, perché, se sono arrivato a dire sì, è grazie alle tante persone incontrate. Le esperienze vissute nelle varie parrocchie, infatti, mi hanno fatto incontrare numerose persone che sono state per me uno strumento, il modo in cui Gesù mi ha chiamato a servire la Chiesa. So quindi che anche in futuro il Signore non mi abbandonerà e mi donerà fratelli e sorelle.
Cosa mi riserverà il futuro nel dettaglio non lo so e credo che nemmeno mi interessi! Posso solo dire che mi sento un peccatore di cui Dio ha avuto misericordia, un povero a cui Dio ha fatto grazia. So di essere profondamente amato da Dio attraverso le tante persone che mi sono vicino: don Pierluigi, con cui sto svolgendo il tirocinio pastorale; poi il mio parroco don Anselmo, gli amici del Gruppo Scout e tutta la comunità di Martinsicuro; infine le comunità in cui sono stato in questi anni e i parroci di tirocinio don Matteo Calvaresi e don Armando Moriconi. Colgo l’occasione per ringraziare tutti di cuore e per invitarli a partecipare alla Eucaristia di Sabato, dove verrò ordinato diacono. Desidero invitare a venire chiunque voglia, cristiani e non cristiani. Sentitevi tutti i benvenuti e le benvenute.
Che messaggio vuoi dare ai lettori?
Io vengo da Martinsicuro e ringrazio Dio per questo. È una cittadina che ha tante risorse e brava gente, ma allo stesso tempo ci sono molti ultimi e dimenticati, ci sono situazioni di violenza, povertà e purtroppo anche problemi di droga e criminalità. Questo ha fatto nascere in me il desiderio di donare la mia vita a tutti, a partire dai sofferenti, come un povero tra poveri, che ha scoperto che Dio è Amore. Mi sono chiesto: come posso comunicare a tutti che il Signore è misericordia, dà una vita nuova, dona a tutti una possibilità di ricominciare? Attraverso i luoghi e le persone che ho incontrato, il Signore mi ha fatto venire voglia di prendermi cura dell’umanità ferita.
Il messaggio che voglio dire a tutti, allora, è che spesso questa umanità è invisibile ai nostri occhi, invece noi siamo chiamati prestarle attenzione, perché ha bisogno di tutti noi. Anzi spesso anche noi ne facciamo parte. Anche noi siamo poveri, ognuno a suo modo. Amati dal Signore e da Lui perdonati, siamo chiamati a scoprire che possiamo essere guariti anche noi dal Padre, per guarire – o almeno lenire – le ferite dei nostri fratelli.
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