Foto e video di Simone Incicco
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Le Diocesi del Piceno hanno un nuovo diacono, il giovane martinsicurese Francesco Bollettini. Sabato 21 Dicembre 2024, infatti, alle ore 21:00, a San Benedetto del Tronto, in una cattedrale Santa Maria della Marina gremita di fedeli, Bollettini ha ricevuto l’ordinazione diaconale per l’imposizione delle mani e di preghiera consacratoria del vescovo delle Diocesi di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, mons. Gianpiero Palmieri.
A concelebrare la Santa Messa anche mons. Carlo Bresciani, vescovo emerito della Diocesi Truentina, e numerosi presbiteri e diaconi delle due Diocesi del Piceno. Tra i presenti: don Patrizio Spina, vicario generale della Diocesi di Bollettini, nonché primo prete a cui il nuovo diacono ha confidato le sue intenzioni appena ventenne; don Gianni Croci, direttore della Caritas di San Benedetto del Tronto, dove il giovane diacono ha prestato un anno di servizio civile per verificare la possibilità di servire la Chiesa, prima ancora di entrare in Seminario; don Roberto Traini, parroco della comunità di San Basso in Cupra Marittima, ove Bollettini ha svolto il suo primo tirocinio pastorale; don Matteo Calvaresi e don Armando Moriconi, parroci in solido dell’unità pastorale Regina Pacis e Sacro Cuore di Centobuchi, dove il giovane ha svolto altri due anni di servizio; don Pierluigi Bartolomei, parroco della comunità Madonna della Speranza a Grottammare, l’ultima in cui Bollettini ha prestato il suo servizio ed in cui è presente già da due anni; don Anselmo Fulgenzi, vicario foraneo della Vicaria San Giacomo della Marca, nonché parroco della comunità Sacro Cuore di Gesù di Martinsicuro, parrocchia di provenienza del giovane Bollettini. Presente anche una nutrita rappresentanza del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano Pio XI di Ancona, ove Bollettini sta acquisendo la sua formazione. Oltre agli ex compagni di seminario ora presbiteri e agli attuali seminaristi, c’erano: il formatore don Daniele De Angelis, della Diocesi di Ascoli Piceno, formatore; don Luca Bottegoni, dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, padre spirituale; don Valerio Rastelletti, dell’Arcidiocesi di Pesaro, formatore che si è aggiunto lo scorso anno; don Claudio Marchetti, della Diocesi Truentina, rettore.
È stato proprio quest’ultimo, il rettore don Claudio Marchetti, all’inizio della Messa, a chiedere al vescovo Palmieri l’ordinazione diaconale di Bollettini, sottolineando le varie tappe del suo percorso vocazionale. Il giovane, che oggi ha ventisei anni, è entrato come seminarista al Pontificio Seminario Regionale Marchigiano Pio XI nel 2019, a soli ventuno anni. Dopo il rito di ammissione agli Ordini Sacri, avvenuto il 14 Novembre del 2021, ha ricevuto il Lettorato nel 2022 e l’Accolitato nel 2023. Terminati gli Studi Teologici nello stesso anno, è stato poi in missione in Camerun, dove ha vissuto una bella esperienza di Chiesa universale. Nei cinque anni di Seminario ha effettuato il suo tirocinio pastorale in diverse parrocchie della Diocesi Truentina. Al termine della sua orazione, don Marchetti ha dichiarato Bollettini pronto per questo importante passo nel suo cammino verso il sacerdozio ministeriale.
Dopo la lettura del Vangelo, proclamato dal diacono Andrea D’Aprile, e i riti di presentazione ed elezione del candidato ordinante da parte del rettore don Claudio Marchetti, la Celebrazione Eucaristica è proseguita come di consueto. Il vescovo Gianpiero Palmieri ha iniziato così la sua omelia: «Carissimo Francesco, oggi la Chiesa ti affida il Ministero del Diaconato, cioè del servizio del regno di Dio. Non ti viene semplicemente detto di fare qualche servizio, come hai vissuto fino adesso, quando qualcuno dei sacerdoti ti ha chiesto di dare una mano. Tu diventi “servo dentro”, intimamente e radicalmente servo, cioè alla radice di ciò che sei in tutte le tue fibre. Il tuo essere servo plasma tutta la tua vita, il tuo modo di vedere le cose, di pensare, di volere, di agire. E anche se un giorno diventerai presbitero, sarà perché vivrai un sacerdozio ministeriale, vale a dire un sacerdozio particolare a servizio del sacerdozio di tutti i battezzati.
Si potrebbe commentare: “Non è un po’ troppo per un giovane di 26 anni? Alla tua età, non si dovrebbe puntare un po’ di più al benessere e alla realizzazione personale, all’affermazione del proprio io e dei propri talenti, ad esultare la libertà di seguire le proprie idee, ad assecondare la propria assertività o – perché no – anche un po’ il proprio istinto? Che c’è di male? Perché invece diventare servo, per di più legando la propria vita – che si pretende coincida con l’essere servo – all’obbedienza, a quello che la Chiesa ti chiede e alla solitudine del celibato, per cui sei certamente disponibile h24 e hai tanti amici, ma in fondo sei solo, solo, solo? E non è che ti capiterà che oggi con gioia dai tutto te stesso, ma che poi in futuro, un po’ per volta, tu non ti riprenda ciò che oggi hai donato?”
Questa obiezione ha qualche elemento di verità, ma a chi la fa, sfugge ciò che è più vero e più importante. Ed è proprio quello che adesso stiamo celebrando. Tu non sei solo, non lo sei mai stato, neanche nei momenti in cui sei fuggito da tutto o da tutti, ti sei rinchiuso in camera illudendoti di aver lasciato il mondo fuori e sei rimasto dolorosamente con la tua tristezza e le tue ferite. La tua solitudine è sempre stata abitata. C’è la presenza del Signore Risorto accanto a te. E ciò che hai sperimentato, come ci hai raccontato ieri alla veglia, è che questo spazio buio si è gradualmente diradato, perché è entrata sempre più potentemente la Luce del Signore Gesù».
Il vescovo Gianpiero ha poi condiviso con i presenti un ricordo personale: «Mi permetti un ricordo personale, che ogni tanto mi ritorna nel cuore? – ha chiesto mons. Palmieri – Da giovane prete, ho incontrato e conosciuto, quando ormai era novantenne, l’anziano piccolo fratello Arturo Paoli. Aveva una strana luce sul viso, padre Arturo, e un sorriso non normale che veniva dall’anima. Spesso raccontava che, quando aveva quarant’anni e aveva importanti responsabilità pastorali, fu ingiustamente allontanato da tutto. Allora fuggì nel deserto con la scusa di imitare Charles de Foucault, ma in realtà era in preda al risentimento e alla tristezza. Durante un lungo anno di solitudine, il Signore, con delicatezza e con fermezza, si era avvicinato a lui, come si vede nel deserto arrivare un cammello in lontananza e poi sempre più vicino, ma il cammello – il Signore – gli diceva in maniera sempre più chiara: “Non sei tu che cerchi me, ma sono io che cerco te. Non sei tu che cambi il mondo, ma sono io che ti vengo a prendere, a salvarti dalle tue ferite, a farti camminare con me nel deserto”. Ecco, questo è il punto! Questa realtà della Luce nel buio va al di là di ogni ragionamento umano di buon senso. Rappresenta la variabile misterica della nostra esistenza, che da variabile diventa non variabile, ma fondamento della nostra vita. Un po’ come Elia, che, deluso e arrabbiato con il Signore, si rinchiude nel buio della grotta. E lì, nel silenzio della santa montagna, ode la voce di Dio che parla nel silenzio e che gli consegna una parola che apre gli occhi, che fa scoprire che Elia non è solo, bensì ci sono 4000 Israeliti che non hanno piegato le ginocchia a Baal … “E tu, Elia, non te ne sei neppure accorto!”».
«Agli occhi del mondo è tutto molto strano – ha proseguito mons. Palmieri –. Hai sentito una voce nel silenzio? Ed è la voce di Dio? Un’esperienza impalpabile, che ha dell’incredibile, ma che diventa il pilastro della nostra vita, della tua vita. E, come tu mi hai scritto, l’origine di una gioia strana, profonda e costante, una gioia che scaturisce dalla Fede. Ecco le tue parole, che io stasera simpaticamente riferisco a tutti: “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto!” Questa beatitudine io l’ho vissuta grazie all’ascolto della Parola di Dio. Senza l’amore per le Scritture, che mi hanno trasmesso molti fratelli e sorelle, io non sarei mai riuscito ad interpretare la mia vita alla luce di Dio, mi sarei lasciato prendere dalla tristezza e dalla disperazione, rassegnandomi al fatto che la vita sia sofferenza e non abbia senso. Invece, grazie a questa Parola, che mi prometteva la gioia e la vita eterna, sono stato guarito da tante ferite, la mia vita ha trovato sempre più il suo senso e in me è cresciuto il desiderio di servire i fratelli e le sorelle donando a mia volta quello che da loro avevano ricevuto».
Ha continuato poi il vescovo: «È una strana gioia. Guarda, caro Francesco, che le parole dell’Angelo a Maria “Gioisci, tu che sei stata riempita dalla grazia dello Spirito Santo! Il Signore è con te!” significano: “Maria, tu non sei sola. Il Signore ti ama, ti è vicino e non ti molla! E anche se la potenza dell’Altissimo non sarà tutta luce, ma anche ombra e una spada di trafiggerà l’anima, niente e nessuno potrà strapparti questa gioia dal cuore!“. È una gioia profonda, “che permane anche in mezzo alle lacrime“, scriveva San Paolo VI in “Gaudete in Domino“. Tu hai scritto infatti: “Ho sperimentato anche io nella mia vita come il Signore sia fedele a quello che dice, come sia Lui a portare a compimento l’opera, come sia Lui a dare la gioia e la tenerezza di vita. Mi colpisce molto anche come tutto il brano sia pieno di gioia. E di un tipo particolare di gioia. Mi sembra che Maria sia causa di gioia per Elisabetta e viceversa, perché entrambe riconoscono nell’altra l’opera di Dio. Mi colpisce come Lui faccia fiorire la vita di Maria ed Elisabetta. Per questo gioiscono l’una per l’altra. Anche io desidero essere al servizio di questa gioia per chiunque incontrerò!“.
Ecco allora in che consiste l’offerta del tuo corpo, della tua vita, unita a quella del Signore di cui parlava la Seconda Lettura: servo sì, ma della gioia, della libertà, della fede, dei tuoi fratelli. Che ci può essere di più bello nella vita? C’è forse una realizzazione personale più bella di questo servizio del Vangelo? C’è una assertività più efficace, più realistica e più utile di questo servizio allo Spirito Santo che è all’opera nel mondo per trasformarlo nel regno di Dio? Per che cosa altro o per chi altro vale la pena dare tutto, se non per il Signore che ci restituisce tutto il centuplo quaggiù e la vita eterna? Trasfigurato dalla sua Luce, non c’è niente di più bello davvero!».
«Carissimo Francesco – ha concluso il vescovo Gianpiero -, ecco allora alcuni consigli pratici.
Primo: Nella scena evangelica l’unico che non gioisce, canta, esorta e danza è Zaccaria, sacerdote del tempio. Noi religiosi siamo spesso troppo rigidi tra di noi e con gli altri sembra che, se siamo un po’ pazzi per il Signore, perdiamo credibilità. Tu non mi sembri così, dovresti avere abbastanza anticorpi rispetto all’immobilismo e alla rigidità. Continua così!
Secondo: Se ti capita di fuggire dagli altri, c’è qualcosa che non va, lo ha imparato. Guarda questa quanta gente ti vuole bene! Puoi contare su questa comunità cristiana, talvolta contraddittoria, piena di peccati, spesso divisa, ma sincera nel seguire il Signore. Amala follemente! Non entrare mai nella logica dei corporativismi, del settarismo, degli uni contro gli altri, delle élite dei – presunti – migliori e del disprezzo dei – presunti – peggiori. Amare la Chiesa significa accettare, accogliere, amare tutti i tuoi fratelli e le tue sorelle.
Terzo: Custodisci il tuo santuario interiore: lì dove sei con il Signore, la stanza buia diventa luminosa. Lì, nell’oasi dove dialoghi con il cammello (n.d.r. il Signore), scendi spesso! Guarda che la Fede è potente e fragile nello stesso tempo. Ricordati che, senza una buona scorta dell’olio dello Spirito Santo, la lampada si spegne, il servo si assopisce o comincia a maltrattare i suoi fratelli, dice Gesù. Il Vangelo, che oggi ricevi solennemente, sia ciò di cui vivi e di cui per sempre vivrai, compagno abituale nella solitudine del Santuario interiore!
Quarto ed ultimo: Tieniti unito ai poveri e ai sofferenti! Ricordati che i diaconi sono stati inventati dal Signore perché la Chiesa non si scordasse di loro e se ne prendesse sempre cura. Sperimenterai che sono proprio loro che ti provocano, ti mettono in discussione, ti chiedono di uscire da te stesso, ti ricordano – semmai ce ne fosse bisogno – che tutti veniamo da storie ferite e che siamo chiamati a diventare poveri, per essere più pronti a seguire lo Spirito».
Al termine dell’omelia, il giovane Bollettini ha manifestato, davanti a tutto il popolo di Dio riunito per l’occasione, la sua volontà di assumere gli impegni derivanti dal ministero del Diaconato, con umiltà e carità, in aiuto dell’ordine sacerdotale e a servizio del popolo cristiano. Queste le promesse più significative: conformare a Cristo tutta la propria vita, custodendo in una coscienza pura il mistero della fede, per annunziarla con le parole e le opere, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa; vivere il celibato in segno della sua totale dedizione al Signore; riservare filiale rispetto ed obbedienza al vescovo e ai suoi successori.
Dopo aver preso gli impegni solenni, il seminarista, come previsto dal rito, si è sdraiato a terra e, insieme all’assemblea riunita, ha pregato le Litanie dei Santi, invocandoli per concedere a lui la benedizione. A seguire Bollettini si è inginocchiato davanti al vescovo Palmieri, il quale ha imposto le mani sul capo del giovane e ha supplicato il Signore di effondere in lui lo Spirito Santo, affinché lo fortifichi con i sette doni della Sua Grazia, così da compiere fedelmente l’opera del Ministero.
«Sia pieno di ogni virtù – ha detto mons. Palmieri –: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel suo servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito. L’esempio della sua vita, generosa e casta, sia un richiamo costante al Vangelo e susciti imitatori nel Tuo Popolo Santo. Sostenuto dalla coscienza del bene compiuto, forte e perseverante nella fede, sia immagine del Tuo Figlio, che non venne per essere servito ma per servire, e giunga con Lui alla gloria del Tuo regno»
Sono poi seguiti tre segni importanti: la vestizione con gli abiti diaconali, la consegna del Libro dei Vangeli e l’abbraccio di pace.
Queste le parole che il giovane Francesco Bollettini, con grande emozione, ma anche con l’ironia che lo contraddistingue, ha pronunciato al termine della Celebrazione per ringraziare tutte le persone che, in qualche modo, hanno contribuito a seminare in lui la fede e il desiderio di servire Dio e la Chiesa: «Vorrei condividere con voi la gratitudine che ho verso Dio, per ciascuno di voi presenti e anche per chi non è potuto venire. Non è possibile nominarvi tutti – anche se avrei voluto – ,quindi nominerò soltanto alcuni, che però rappresentano tutti. Sentitevi ringraziati uno ad uno.
Ringrazio il Signore per mamma e papà, per avermi fatto nascere e avermi donato la vita eterna nel Battesimo. Grazie a mia sorella Elvira per la cura, l’amore e la stima che ha avuto e ha verso di me, anche quando io non mi stimavo. Grazie zie, zii che mi avete custodito e aiutato a crescere, per avermi accolto in casa vostra moltissime volte. Grazie ai miei nonni, Elio e Paolo.
Grazie ai miei cugini Linda, Alessandro Francesca, Eduardo, Mattia, Paola, Davide, Elisabetta, Lorenzo, Erica e Marco. Grazie ad Angelica, Simona e Alex e a tutti gli amici e i compagni che ho incontrato finora. Grazie anche a nonna Fortunata, nonna Silvana, zio Tony e tutti i miei parenti e amici che sono in Cielo e oggi sono qui con noi a fare festa.
Grazie a chi per primo mi ha testimoniato Gesù e il suo Amore: grazie a don Patrizio Spina e a don Roberto Traini. Voi mi avete trasmesso l’amore per le Sacre Scritture e, con il vostro esempio, mi avete insegnato che Gesù è nostro fratello, Dio è padre e la Chiesa è madre.
Grazie allo Scoutismo che ho vissuto in Agesci, che mi ha fatto incontrare Gesù. Grazie a chi ha fatto parte del Martinsicuro 1, compagni di strada per un momento fondamentale della mia vita. Grazie ai Gruppi Scout San Benedetto 1, dove ho fatto la promessa da lupetto, Monteprandone 1 e Grottammare 3. Grazie per la vostra amicizia e la vostra fraternità.
Ringrazio il Signore per le comunità che mi hanno accolto in questi anni: prima di tutto quella di Martinsicuro. Grazie a Sandra e Adriana, che sono state le mie catechiste, a Silvano e a Mario, che non sono diaconi ordinati, ma mi hanno insegnato molto su cosa voglia dire il servizio. Nel mio essere diacono penso anche a loro come riferimento. Grazie a tutti i fratelli e sorelle di Martinsicuro che mi hanno visto crescere. Grazie a don Anselmo e a don Silvio. Grazie alla Caritas Diocesana, e a don Gianni Croci, alle molte persone che mi hanno accolto nel mio anno di servizio civile. Grazie alla comunità di Cupra, la prima ad accogliermi negli anni della formazione. Grazie alle comunità di Centobuchi, ai ragazzi, i catechisti e don Armando e don Matteo, che mi hanno accolto per due anni. Un grazie particolare a Cleto e Valentino. Il vostro esempio di cristiani, la vostra fede mi ha fatto bene. Grazie alla comunità di Madonna della Speranza. Grazie per la vostra accoglienza e generosità. Grazie a don Pierluigi, che mi conosce da diverso tempo, da prima della GMG di Cracovia, ed è stato uno dei testimoni di Gesù per me. Grazie per la sua disponibilità e accoglienza. Grazie per aver iniziato, insieme a don Roberto Traini e ad altri fratelli e sorelle, l’esperienza di Casa Giovani. Grazie ai ragazzi e alle ragazze della comunità di MDS che per me sono d’esempio, con il loro entusiasmo e la loro gioia. Grazie a ciascuno di voi per farmi sentire a casa.
Un ringraziamento particolare a tutti quelli che hanno preparato il rinfresco, la musica, la liturgia per questo giorno: alle comunità di Madonna della Speranza e di Martinsicuro, al Coro composto dalle varie comunità dove sono stato. A nome di tutti ringrazio Marco Laudi per il suo servizio, veramente grazie di cuore. Grazie ai ragazzi di MDS per aver fatto i libretti: grazie in particolare a Francesco, Giorgio, Elena, Giada, Valeria.
Ringrazio la comunità del Seminario: ringrazio don Claudio Marchetti, don Daniele de Angelis, don Andrea Righi, miei formatori in questi anni , don Luca Bottegoni, padre spirituale, Marzia Rogante, mia psicoterapeuta, tutti i miei compagni, quelli già preti, quelli che hanno preso altre strade e quelli attuali. In particolare ringrazio chi ha condiviso più da vicino il cammino con me: Gianluca, Giovanni, Elia, Piergiorgio, Davide, Pierdomenico, David, Jacopo, Byron, Carlos. Voi per me siete stati per me come gli amici di Lazzaro: mi avete aiutato ad incontrare Gesù che mi ha fatto risorgere dalle mie morti e uscire dalla tomba, e mi avete aiutato a liberarmi dalle bene che ancora tenevano legata la mia vita. Di questo, fratelli carissimi, vi sarò per sempre grato e ringrazio Dio.
Ringrazio il presbiterio, ognuno di voi, che lo sapesse o meno, è stato fondamentale nel mio discernimento. A nome di tutti ringrazio don Luciano Paci. Se ho voglia di diventare prete, è anche grazie al tuo esempio luminoso, al tuo entusiasmo e alla tua vita che profuma di Vangelo. Ringrazio il vescovo Carlo, per avermi accolto in seminario e per avermi accompagnato per quasi tutta la mia esperienza in seminario. Grazie per avermi trasmesso l’amore al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Grazie al vescovo Gianpiero per la sua fiducia, accoglienza e tenerezza. Grazie per la sua attenzione ai poveri e all’annuncio del Regno di Dio.
Ringrazio i diaconi, che oggi mi hanno accolto nella loro comunità. A nome di tutti ringrazio Walter e Emanuele, con i quali ho condiviso tante Pasque e Natali in questi anni.
Ringrazio anche Andrea d’Aprile e Simone Gasperi: per me voi siete fratelli su cui contare. Grazie anche al vostro esempio, il passo che ho fatto oggi è stato più leggero. Siete Gesù per me e mi trasmettete la sua gioia e il suo amore.
Grazie a Don Florindo D’Emidio e alla comunità del quartiere New-Bell di Douala in Camerun, che ho avuto l’onore di incontrare quest’estate insieme ad Andrea. Grazie a loro la mia fede è cresciuta e ho potuto sperimentare la vita eterna, ed è cresciuto in me il desiderio di donarmi per servire ogni uomo e ogni donna.
L’ultimo ringraziamento a Dio lo faccio per aver donato alla nostra Chiesa Diocesana don Vittorio Massetti, don Elio Gaetani e don Gianni Anelli, che ora sono in Cielo e fanno festa con noi. La loro vita che ha testimoniato l’Amore e la Misericordia di Dio è stato uno dei modi che il Signore ha usato per chiamarmi al servizio di questa Chiesa diocesana.
Vi ringrazio tutti, perché attraverso di voi Dio mi ha proposto di mettere la mia vita a vostro servizio, proprio perché voi siete stati i primi a curarmi ed accogliermi fragile e povero così come ero. Siccome da stasera in poi, per tutta la mia vita, sarò a vostro servizio, aiutatemi a fare del mio meglio per essere pronto a servirvi. Correggetemi quando sbaglierò, esortatemi quando avrò paura, consolatemi quando soffrirò, confermatemi quando dubiterò. Siate per me madri e padri, fratelli e sorelle. Io cercherò di essere per voi quel Gesù che voi siete per me. Grazie per la vostra fiducia!».
Grande la gioia dei fedeli presenti, in particolare dei familiari e degli amici intervenuti, ma anche di tutta l’assemblea: una vocazione al servizio e ad una probabile futura vita presbiterale è una ricchezza in più per tutta la comunità diocesana, che in questo caso comprende due Diocesi.
Tra gli auguri più belli quelli del capo Scout e delle catechiste che hanno formato Bollettini alla religione cattolica durante l’infanzia e l’adolescenza. Sandra Tattoni, catechista che lo ha preparato a ricevere la Prima Comunione, ha dichiarato : «Conosciamo Francesco da sempre: era un bambino buono e molto curioso di sapere le cose. Ci ha fatto veramente piacere che stasera tra le persone ringraziate abbia menzionato anche noi. L’augurio da parte mia è che continui questo cammino sotto la protezione della Vergine Maria e che la sua vita sia una bella testimonianza per tanti giovani che oggi sono persi». Adriana Ferreri, catechista che lo ha preparato a ricevere il sacramento della Cresima, ha affermato: «Nel gruppo di catechismo Francesco era il più disponibile e il più attento agli altri: i segni di un cammino cristiano c’erano già tutti. In certi momenti abbiamo anche cercato di dissuaderlo, ma lui era sempre presente nell’aiutare i compagni e convinto di voler diventare prete. Noi lo abbiamo amato e continuiamo a volergli bene a pregare per lui. Il mio augurio è che il suo cammino a servizio della Chiesa sia sempre radioso». Dello stesso avviso anche Mauro Campli, capo Scout del gruppo Scout Martinsicuro 1 all’epoca della partecipazione del diacono Bollettini: «In quegli anni a Martinsicuro non c’era un gruppo Scout, quindi per cercare di riaprirlo, venni mandato a San Benedetto del Tronto. Francesco aveva otto anni e io lo presi, insieme ad altri, come lupetto nel Gruppo San Benedetto 1. L’anno dopo abbiamo riaperto il gruppo a Martinsicuro e Francesco non ci ha mai abbandonato! Con la sua energia ha dato tanto agli Scout, quindi il mio augurio è che ora convogli tutto il suo entusiasmo verso questa scelta che porta molta gioia a lui, ma anche a tutti noi che lo abbiamo visto crescere!».
Queste, invece, le parole di gratitudine ed orgoglio dei suoi familiari. La mamma, Lodovica Poloni, ha detto: «Questa ordinazione diaconale è un dono grande che il Signore ha fatto non solo a Francesco, ma anche a noi familiari. Un dono per il quale mi sento poco degna, ma la gioia e l’emozione di mio figlio rendono anche me molto felice. Gli sono veramente grata di questo». Il papà, Roberto Bollettini, ha affermato: «La strada scelta da mio figlio non è stata una sorpresa per noi familiari. Quando era piccolo, infatti, Francesco non utilizzava i soliti giochi dei bambini, bensì giocava a preparare l’altare! Una cosa che a me sembrava stranissima, ma che oggi comprendo bene. Stasera, quindi, provo una gioia immensa nel vedere che il cammino che sta compiendo lo rende felice e pieno di gioia. Una gioia che di riflesso è anche nostra». Anche la sorella di Francesco, Elvira Bollettini, ha dichiarato: «Francesco, già a quattro anni, faceva il chierichetto, serviva la Messa e faceva il suo presepe personale, con un’attenzione ed una cura fuori dal comune per un bambino di quella età. Quando parlo di mio fratello a chi non lo conosce, io dico sempre che, pur essendo io la più grande, lui per me è una sorta di fratello maggiore, perché, anche senza rendersene conto, è il mio faro, il mio unico vero punto di riferimento, la persona di cui mi fido di più e a cui vorrò sempre bene. A volte ho pensato di non essergli stata abbastanza vicino; invece le sue parole di questa sera mi hanno fatto molto piacere. Gli auguro di fare grandi cose, come quelle che già sta facendo, ovvero riuscire a toccare sempre il cuore delle persone e trasformarlo».
La serata si è conclusa con un momento di agape fraterna nei locali e nel piazzale attigui alla cattedrale.
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