Sono 117 i casi di ostilità e persecuzione contro la Chiesa cattolica in Nicaragua, nel corso del 2024. Lo si legge nella sesta edizione del rapporto “Nicaragua: una Chiesa perseguitata”, elaborato dall’attivista e ricercatrice Martha Patricia Molina, e presentato nel fine settimana. Non si è arrestato, come è noto, l’esilio di sacerdoti e vescovi, così come sono proseguiti discorsi di odio e proibizioni di attività religiose. Le 177 ostilità rappresentano un calo rispetto alle 321 riportate nel 2023. Tuttavia, Molina avverte che questa tendenza non riflette un miglioramento della situazione, ma potrebbe essere legata alla paura di denunciare, al fatto che, ormai, gran parte della Chiesa nicaraguense è costretta al silenzio. Insomma, “il lavoro” iniziato nel 2018 si può definire quasi “concluso”.
“C’è paura e terrore da parte del clero e dei laici di denunciare gli attacchi che ricevono. È possibile che questa cifra sia molto più alta di quella che abbiamo registrato nel 2023, semplicemente non hanno denunciato”, ha spiegato la ricercatrice. Da aprile 2018 a dicembre di quest’anno, sono state documentate almeno 971 aggressioni. Dal 2019, poi, sono state vietate 11.763 attività di pietà popolare, soprattutto processioni o feste patronali. “In Nicaragua non esiste una legge che vieti le processioni o le attività di pietà popolare, ma le autorità di polizia hanno costretto la Chiesa a svolgere queste attività esclusivamente all’interno dei templi”, sottolinea Molina. La repressione ha costretto all’esilio 266 religiosi, di cui 167 uomini (vescovi, sacerdoti, diaconi e seminaristi) e 99 donne (suore e religiosi).

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