Decine di migliaia di serbi si sono riuniti ieri in una grande protesta di massa nella piazza Slavija di Belgrado esprimendo il loro malcontento verso il decennale governo del presidente della Repubblica Alexander Vucic. Il motivo concreto di questa serie di manifestazioni, il cui culmine è stato registrato domenica, è il crollo della tettoia della stazione di Novi Sad, in cui hanno perso la vita 15 persone. “La gente non crede all’inchiesta avviata dalle autorità statali – spiega al Sir l’analista dei Balcani Nikolay Krastev –; ci sono stati arresti dimostrativi e dimissioni di alti funzionari ma non si è arrivati all’apice dei responsabili”. Krastev spiega che “la stazione era stata ristrutturata di recente con la partecipazione di società cinesi, ma dietro ci sono sospetti di corruzione e commissione di appalti pubblici. Sistemi che portano ai vertici dello Stato, secondo i manifestanti”. A suo avviso, “si tratta della maggiore manifestazione che richiama le proteste che hanno portato alla caduta dello storico leader Slobodan Milosevic”. Krastev descrive Vucic come “arrogante nei confronti degli studenti e degli agricoltori che sono il cuore della protesta”, “convinto però che se si arrivasse alle elezioni, il suo partito, partito progressista serbo, vincerebbe di nuovo”. Comunque, “questo malcontento non porterà un cambio di rotta nella politica serba anche se si tratta di un segnale forte che la pazienza di giovani e società civile ha raggiunto il limite”. Dal 1° novembre gli studenti universitari stanno occupando le aule delle facoltà mentre le autorità hanno anticipato le vacanze natalizie di 10 giorni cercando di placare gli animi. Concludendo, Krastev cita uno degli slogan della protesta: “Se i miei genitori potevano cambiare la Serbia, perché io non potrei”.
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