(Foto Calvarese/SIR)

Cancellare i debiti e costruire un modello economico basato su giustizia e solidarietà. Due azioni non impossibili, se a muoverle c’è la volontà delle nazioni cosiddette più avanzate, e ribadite nel messaggio che Francesco ha dedicato alla 58ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2025), intitolato “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”. Il tema è stato al centro del convegno, organizzato alla Pontificia Università Lateranense e promosso dall’Istituto di diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo”, in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana, lo stesso Ateneo, il Forum Internazionale di Azione Cattolica e Caritas Italiana. Il Papa invita a metterci in ascolto del grido dell’umanità e di fare presto: “non potrà bastare – scrive – qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo”. In relazione alla remissione del debito, Francesco rammenta il significato della tradizione giubilare del popolo ebreo, presentata come un passo essenziale per liberare gli oppressi dai legami economici iniqui. “L’essenza di Dio è nella misericordia e quando è venuta a mancare fra le persone – perché sopraffatta dalla paura, dall’odio e dalla violenza – l’unico modo è stato il perdono per far ripartire le azioni di pace”, spiega Sandro Calvani, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto Toniolo, intervenuto in video collegamento. “La ripetuta richiesta – osserva – da parte dei cristiani di cancellare il debito dei Paesi in via di sviluppo, riflette diversi paradigmi umanistici e, nel mondo contemporaneo, rappresenta anche un interesse degli stessi Paesi ricchi per costruire relazioni sostenibili”.

Di fronte al quadro, in cui il populismo, la violenza e la guerra il debito alimenta tensioni all’interno e all’esterno degli Stati, è necessario istituire un forum presso le Nazioni unite che definisca nuove regole di prestito responsabile, indichi i criteri di sostenibilità del debito e gestisca le crisi, secondo l’economista Riccardo Moro che, durante il Giubileo del 2000, ha ricoperto il ruolo di direttore della fondazione della Cei che si interessò dell’operazione di remissione del debito di due Paesi africani (Guinea Conakry e Zambia) nei confronti dell’Italia. “Venticinque anni fa – rammenta – abbiamo posto la condizione del prestito responsabile per sottolineare la responsabilità di chi usa le risorse e chi le presta definendo condizioni adeguate. Quella nuova fase effettivamente cambiò la realtà in molti Paesi e permise la riapertura alcune borse”. Nel frattempo, “oggi – osserva – ci sono molti soggetti privati che hanno prestato risorse e con i quali è più difficile richiedere la cancellazione del debito”. Dell’impatto umano della crisi del debito parla Chiara Mariotti, in servizio presso l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite. “Ci sono 3 miliardi di persone al mondo che vivono in Paesi che spendono di più per ripagare il debito che per l’istruzione e la spesa pubblica per la sanità. Se non risolviamo la crisi del debito – sottolinea – non risolviamo le altre questioni fra cui quella climatica”. Come ribadisce Mariotti, sono spesso i Paesi in via di sviluppo i più esposti agli eventi estremi della crisi climatica, “nonostante – evidenzia – siano quelli che hanno meno contribuito alla crisi e quando il papa parla di ‘debito ecologico’ fa riferimento proprio a questo”.

In occasione del convegno, è stata lanciata la campagna “Cambiare la rotta. Trasformare il debito in speranza”. Una mobilitazione collegata a quella globale “Turn debt into hope”, promossa da Caritas internationalis. “Cambiare la rotta” mira a sensibilizzare sull’urgenza di ristrutturare, o meglio ancora, condonare i debiti dei Paesi poveri e a trasformare l’iniqua architettura finanziaria internazionale. Un sistema che continua a sostenere modelli di produzione e consumo che causano il riscaldamento climatico, alluvioni e siccità, a danno soprattutto delle popolazioni più povere e vulnerabili. Diverse e numerose le realtà promotrici: Acli, Agesci, Aimc, Azione Cattolica Italiana, Caritas italiana, Comunità Papa Giovanni XXIII, CVX Comunità di Vita Cristiana, Earth Day Italia, Focsiv Ets, Fondazione Banca Etica, Mcl, Meic, Missio, Movimento dei focolari Italia, Pax Christi, Salesiani per il sociale, Sermig. Ciascuna vede nel messaggio che accompagna il Giubileo la liberazione dei popoli e la promzione di giustizia e pace attraverso la riforma del sistema economico che crea concentrazione di potere e disuguaglianze a danno dei più vulnerabili della Terra.

“Il senso della campagna – spiega Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica – è un invito alla movimentazione globale. Abbiamo bisogno di gesti che si traducano in politiche pubbliche di chi ha responsabilità di governo. Questo tempo difficile, che il papa ci ha insegnato a definire di cambiamento, è il momento ideale per fare gesti di discontinuità. Un tempo per immaginare insieme percorsi di cambiamento”.  I promotori della campagna ribadiscono la necessità di investire nella giustizia climatica e sociale; superare le disuguaglianze attraverso modelli di sviluppo sostenibili; rafforzare le politiche di aiuto pubblico allo sviluppo e l’advocacy per riforme strutturali.

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