Più flessibilità e interattività, guardando non solo ai singoli studenti, ma a gruppi in grado di essere fermento nei rispettivi ambiti. A sette anni dalla nascita assume nuovo slancio il corso Anicec, promosso dall’Università Cattolica e dall’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali e rivolto ad Animatori della cultura e della comunicazione, sulla scia del direttorio Cei sulle comunicazioni sociali “Comunicazione e missione” (2004).
Logica partecipativa. “In questi anni la società e il mondo delle comunicazioni hanno registrato tanti cambiamenti”, osserva Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica di Milano, che fin dall’inizio segue il progetto. “Le tecnologie per comunicare – riporta la presentazione dell’iniziativa – sono sempre più diffuse: nel 2013 il 62% degli italiani possiede uno smartphone e si porta in tasca l’accesso istantaneo a un’infinità di contenuti e servizi. Il 30% è iscritto a Facebook e ha cambiato il proprio modo di socializzare e comunicare. Entrambe sono tecnologie che non esistevano dieci anni fa”. Ecco, dunque, i nodi emersi dal confronto con gli studenti delle passate edizioni che costituiranno i pilastri del futuro. Innanzitutto l’interattività, “superando – osserva Giaccardi – il concetto classico ‘unidirezionale’ nell’apprendimento, con docenti e studenti”. Introdurre una “logica partecipativa” permette di rendere gli stessi studenti protagonisti “creando momenti d’incontro virtuale, discussione e confronto”. In altri termini, è come frequentare una classe – una “community” nel linguaggio dei social network -, dove il confronto permette di mettere in luce esperienze significative – raccontate dagli stessi studenti – che provengono dal territorio.
Più flessibilità. In secondo luogo la flessibilità. “Il corso – prosegue la docente – oggi è fruibile pure dai dispostivi mobili”, così chi lo frequenta può sfruttare tutti i tempi a disposizione, ad esempio in pausa pranzo o mentre è in viaggio. Inoltre anche la durata non è più fissa. “Dato che molti dei nostri studenti lavorano – precisa Matteo Tarantino, docente alla Cattolica e coordinatore del corso – abbiamo deciso di lasciarli liberi di scegliere quando iscriversi e quando sostenere gli esami” al termine di ogni insegnamento. Da alcuni giorni è possibile iscriversi e frequentare le lezioni “on line”. “Vogliamo integrarci nella vita quotidiana dei nostri studenti”, prosegue Tarantino, presentando una formula che prevede “corsi base”, che “formano l’ossatura per capire come funziona il mondo della comunicazione”, e altri “avanzati”, con risvolti pastorali e teologici.
Favoriti i gruppi. In altri termini, “vogliamo offrire una preparazione completa sia storico-teorica, sia etico-politica, sia pratica”, evidenzia il coordinatore, sottolineando come, nelle rette d’iscrizione, siano previsti sconti per “gruppi di studio che appartengono a una medesima comunità”, sia essa una parrocchia, un’associazione, una diocesi. “La nostra sfida – rimarca Giaccardi – è formare persone che sappiano rispondere alle esigenze della loro comunità, ad esempio dando vita a una piattaforma digitale in grado di ‘agganciare’ i giovani e portarli in parrocchia. Questa è la sfida del fare Chiesa nel 2013”.
La presenza sui social network. Il target dell’Anicec va da genitori o catechisti che vogliono capire le dinamiche della comunicazione a quanti “desiderano operare in maniera attiva nella propria realtà”. Per questo, oltre al sito www.anicec.it, il corso prevede pure un account Twitter (@anicec2013) e una pagina Facebook (www.facebook.com/anicec2013), appena nata ma già con più di 250 membri “che l’hanno conosciuta con il passaparola, dal momento – nota Tarantino – che deve essere ancora presentata ufficialmente”. Triplice l’obiettivo della presenza sui social network. In primo luogo “presentare cosa offre il corso”, poi “favorire un senso di comunità tra gli studenti” e, infine, “dare visibilità a una serie di contenuti su media e tecnologie cui i singoli non avrebbero altrimenti accesso”. In altri termini, attraverso Facebook – conclude Tarantino – passa la possibilità di “una formazione permanente”. Perché non si tratta di prendere un attestato o un’abilitazione, ma essere fermento competente per rispondere alla sfida dell’evangelizzazione con gli strumenti oggi a disposizione.
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