Ancora una volta papa Francesco ha sottolineato l’insufficienza della ragione umana nel percorso salvifico verso Dio. Durante l’omelia di questa mattina a Santa Marta, il Pontefice ha sottolineato che, per entrare nel mistero di Dio, oltre all’intelligenza, sono necessarie “contemplazione, vicinanza e abbondanza”.
Prendendo spunto dalla Prima Lettura odierna (Rm 5,12.15b.17-19.20b-21), il Santo Padre ha detto che, quando la Chiesa vuole “dirci qualcosa sul mistero di Dio”, esso è sempre un “mistero meraviglioso”.
La comprensione di tale mistero, che riguarda la “nostra salvezza” e la “nostra redenzione”, avviene soltanto si ci poniamo “in ginocchio, nella contemplazione”. Quando l’intelligenza pretende di spiegare un mistero “diventa pazza”, ha aggiunto papa Francesco.
La contemplazione è dunque “la prima parola che forse ci aiuterà” ad entrare nel mistero e quest’ultimo deve assorbire ogni componente umana: “intelligenza, cuore, ginocchia, preghiera”.
La seconda parola che aiuta ad entrare nel mistero è la “vicinanza” che si sostanzia nella natura di Gesù Cristo che, come essere umano, svolge “un lavoro di artigiano, di operaio”. Se un uomo – Adamo – ha commesso il primo peccato, è stato un uomo – Gesù – a redimerci. E Dio ha sempre “camminato con il suo popolo”, fin dai tempi di Abramo.
Come un “infermiere” in un ospedale, Dio “guarisce le ferite”; Egli “si coinvolge, si immischia nelle nostre miserie, si avvicina alle nostre piaghe e le guarisce con le sue mani, e per avere mani si è fatto uomo”.
Dio viene essenzialmente per guarirci dal peccato e non ci salva “per un decreto” ma con la “tenerezza”; ci salva “con carezze” e “con la sua vita”.
La terza parola chiave è “abbondanza”. San Paolo afferma: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”. Ognuno di noi conosce i suoi peccati e le sue “miserie”, tuttavia “la sfida di Dio è vincere questo, guarire le piaghe” ma soprattutto “fare quel regalo sovrabbondante del suo amore, della sua grazia”, ha sottolineato il Papa. Da qui si comprende la “preferenza di Gesù per i peccatori”.
Se nel cuore della gente “abbondava il peccato”, lui si avvicinava alle persone con “sovrabbondanza di grazia e di amore”. La grazia di Dio vince sempre “perché è Lui stesso che si dona, che si avvicina, che ci accarezza, che ci guarisce”.
Sebbene a qualcuno la cosa possa piacere poco, “quelli che sono più vicini al cuore di Gesù sono i più peccatori”; è lui stesso, infatti, a dire: “quelli che hanno buona salute non hanno bisogno del medico; io sono venuto per guarire, per salvare”.
Uno dei “peccati più brutti”, ha proseguito il Santo Padre, è la diffidenza, in particolare nei confronti di Dio. Come è possibile, si è domandato il Papa, “diffidare di un Dio così vicino, così buono, che preferisce il nostro cuore peccatore?”. Si tratta di un mistero di difficile comprensione, tanto più se ci si ostina volerlo capire solo “con l’intelligenza”.
Di molto maggiore aiuto, ha spiegato Francesco, ci saranno le tre parole prima menzionate: “contemplazione, vicinanza e abbondanza”. E Dio vince sempre “con la sovrabbondanza della sua grazia, con la sua tenerezza”, “con la sua ricchezza di misericordia”, ha poi concluso il Papa.
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