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Di A. B.

LORETO – Che cosa è un convegno ecclesiale? Non ve lo spiego, ma vi racconto in breve l’ambito a cui ho partecipato che è stato “il patrimonio artistico e culturale e il ministero dell’accoglienza”.
Partiamo dalla constatazione che le Marche colpiscono ed attraggono per la quantità e qualità dei suoi paesi delle sue chiese , dei monasteri e conventi.
Poi ci chiediamo : “ne sappiamo valorizzare il messaggio e le opportunità?” Bella domanda!

Le Marche già sono abbastanza sconosciute, figuriamoci il suo patrimonio. Ma il vero guaio – che qui emerge chiaramente- è che non lo conosciamo neanche noi!
Da questo punto è encomiabile l’iniziativa della diocesi di Ascoli , infatti se è vero che – come diceva un santo- l’ignoranza è la migliore alleata del diavolo, ecco che viene varato il progetto “Chiese aperte” che richiede la formazione dei ragazzi che faranno le guide.
È proprio tramite l’arte che i ragazzi conoscono i simboli, la liturgia, il vangelo, la sacra scrittura.E così il quadro ,il museo, la chiesa diventano lo strumento per far comprendere la catechesi anzi è strumento di catechesi . E così emerge che davanti a un quadro si può parlare al turista di arte , ma se si dà anche un senso religioso – di fatto- si parla al turista di vangelo  e per esperienza sappiamo che  i più distanti sono i più interessati. Meditate gente! Allora , va da sé, non basta affidare il turista ad una qualsiasi guida, ma occorre formare una guida per far si che la visita sia anche … un pellegrinaggio.

A questo punto ecco l’UNITALSI di Jesi con i suoi pellegrinaggi con estensione artistica: il bello aiuta , la bellezza salverà il mondo e anche i malati ne traggono beneficio!

Ed ora emergono i limiti : “quando entro in un santuario, dove trovo qualcuno che abbia un interesse artistico e dia un’integrazione culturale al mio pellegrinaggio?
E il bigliettaio del museo diocesano sarà in grado di fare l’integrazione arte catechesi?” si inizia , pertanto, a parlare della funzione pastorale dei musei ecclesiastici. I nostri quadri nascono come strumenti di catechesi , per dimostrare l’esperienza di fede che stava vivendo una comunità non certo per fare opere d’arte . Ora manca la cultura per spiegare i quadri e farne strumento di catechesi,manca una sensibilità per valorizzare quello che i nostri avi hanno realizzato.

Occorre spiegare cosa vuol trasmettere il quadro, di che cosa è espressione: i beni erano per una funzione pastorale, sta a noi riscoprirla. Mi sto chiedendo come recuperare quella cultura , ma la domanda la potrò porre  solo nella sezione dei quesiti altrimenti il coordinatore mi bacchetta!

Quello che ora ho ben chiaro è che spiegare il quadro è anche uno strumento di dialogo con i non credenti se riusciamo a spiegare le ragioni di quello che è stato fatto.

Ed è strumento di accoglienza: se si spiega il significato del quadro si fa partecipe l’altro della nostra cultura e della nostra fede.

Dunque oltre alla lettura del museo che fanno gli umanisti – trasmettitore di cultura – a quella che danno gli economisti – impresa- dovremmo pensare anche a quella dei credenti: museo luogo di pastorale.

A presto la sintesi di tutto il laboratorio.

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