Sono stati 19 i morti accertati nel giorno delle elezioni in Bangladesh. Un bilancio pesantissimo, che si aggiunge a quello dei 300 manifestanti uccisi nel corso dell’intero 2013, che chiedevano le dimissioni del Governo, presieduto da Sheikh Hasina. La leader dell’Alleanza Popolare Bengalese ha vinto le consultazioni, alle quali ha però partecipato solo il 22% degli elettori. L’opposizione, costituita dal Bangladesh Nationalist Party e dai suoi alleati – guidata da Khaleda Zia, agli arresti domiciliari nella sua abitazione, a Dacca – oltre a proclamare uno sciopero generale di 48 ore, ha chiesto al popolo di boicottare il voto ed ha anche agito con violenza perché l’obiettivo si realizzasse, attaccando e incendiando decine di seggi elettorali. La situazione, già tesa tra governo e opposizione, è degenerata quando il Primo Ministro uscente, nel dicembre scorso, ha deciso di non seguire una prassi consolidata – in vigore dal 1996 – che prevede le dimissioni del Governo in carica in caso di consultazioni elettorali. Dopo l’esito del voto, che ha visto la conferma di Hasina – a causa della mancanza di candidati del Bnp e dei partiti che lo appoggiano, si è votato solo in 147 delle 300 circoscrizioni equivalenti ai seggi del Parlamento, mentre nelle restanti 153 la vittoria è stata assegnata al partito di maggioranza – l’opposizione ha proclamato uno sciopero generale di protesta di 48 ore, nel corso del quale sono state bloccate strade, ferrovie, comunicazioni fluviali e marittime.
Il pericolo dell’islamismo militante e radicale. Nel corso di un colloquio con l’Agenzia Fides, l’arcivescovo di Dacca, monsignor Patrick D’Rozario, descrivendo la situazione all’indomani delle elezioni, ha affermato: “La situazione sociale e politica resta tesa. Come cristiani, non abbiamo vissuto particolari problemi ma un ordigno ha colpito una chiesa di Dacca, causando pochi danni e nessuna vittima. I cittadini cristiani bengalesi vivono questo momento tormentato per il Paese con tutti gli altri, pregando e sperando”. L’arcivescovo si è anche soffermato sul pericolo che deriva dall’islamismo militante e radicale, definendolo “reale” ed ha aggiunto: “Nei mesi scorsi, organizzazioni islamiche radicali hanno alzato la voce e alzato il tiro verso la politica: staremo a vedere come si evolverà la situazione. L’appello della Chiesa è sempre un appello di pace e di riconciliazione per il Paese che, attraversa una stagione di violenza, disordine e instabilità”.
Due cristiani uccisi. In Bangladesh i cristiani sono lo 0,5% su 165 milioni di abitanti. Una piccolissima minoranza, spezzo oggetto di violenza. Proprio durante i giorni delle elezioni, nel distretto di Barisal, a sud, sono stati ritrovati i cadaveri di due cristiani, madre e figlio, che avevano ricevuto colpi di arma da taglio su collo e testa. Un secondo figlio della donna, è scomparso. Il segretario generale dell’Associazione dei cristiani del Bangladesh, ha detto ad AsiaNews: “Chiunque sia stato, ha approfittato del clima di impunità e di violenza delle elezioni. Chiediamo una punizione esemplare”. Parenti delle vittime hanno accusato alcuni vicini della famiglia – di fede musulmana – che avrebbero ucciso i due per motivi di terre. Tutto è ancora da accertare. L’unica cosa per ora certa – come ha dichiarato il responsabile del centro pastorale di Barisal – è che “la gente è molto preoccupata per questi omicidi; vive nella paura. Noi preghiamo per la pace”.
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