“Di Alberto Campaleoni
Mamma, devo fare una ricerca… mi serve il computer”. Quanti genitori si sentono rivolgere una frase del genere dai propri figli, tornati da scuola, già alle elementari? Qualcuno ha poi il tempo di sedersi a fianco del piccolo alunno, e guidarlo a cercare le cose più disparate, altri lasciano, per necessità o per scelta, che faccia da sé. E a scuola arrivano tanti bei fogli A4 stampati in casa (o negli uffici dei genitori) con le definizioni di Wikipedia, le relazioni di qualche sito specializzato, le immagini reperite sul web.
I ragazzi, normalmente, imparano così, oggi, a fare le ricerche, attività che non tanti anni fa richiedeva tanta pazienza, sfoglio di libri, magari una visita in biblioteca, taglio e ritaglio, bella scrittura. Tutte cose che impegnavano tempo, ma anche inventiva, oltre a una buona dose di fatica.
Oggi si fa più in fretta. A cominciare dalle elementari, per arrivare poi alle medie e alle superiori, con un crescendo delle necessità di ricerca individuale – fino all’università, il regno della “ricerca” e dell’approfondimento – e insieme una migliore capacità di padroneggiare gli strumenti elettronici, davvero indispensabili.
Non tutto però è così semplice. Al punto che una università di Castellanza (Varese), la Liuc Carlo Cattaneo, da qualche anno organizza corsi appositi per i ragazzi di tutte le scuole superiori che vogliono imparare a impostare un buon lavoro di ricerca. Il motivo lo spiega Laura Ballestra, la responsabile che si occupa dei corsi: “Ormai da una decina di anni alla Liuc organizziamo corsi per insegnare agli studenti dei corsi di economia, giurisprudenza e ingegneria dell’università come si imposta e si fa una tesi di laurea. Ma nel 2011, parlando con alcuni professori delle scuole superiori, ci siamo accorti che il problema d’individuare le fonti corrette c’è, a maggior ragione, anche nei ragazzi più giovani”. Nel 2013 ai corsi hanno partecipato circa 800 studenti, quest’anno sono già iscritti al progetto più di mille ragazzi provenienti prevalentemente da scuole lombarde, ma non solo. Evidentemente il bisogno c’è ed è avvertito.
Individuare fonti corrette: questo un nodo chiave. E torniamo a internet e alla “magia” di Google, che a qualunque richiesta risponde con una sfilza di innumerevoli link, rimanda a siti anche improbabili, propone immagini di ogni genere (meglio usare un buon filtro). Sempre dalla Liuc segnalano: “In un’epoca in cui tutto sembra facilmente reperibile su internet, diviene sempre più importante saper valutare i materiali”. E allora durante il corso, agli studenti s’insegna come si consulta la biblioteca, “anche servendosi dell’aiuto dei bibliotecari o del catalogo online”, e, tra l’altro “come scegliere il testo più autorevole in rete, cercando di capire per esempio chi è l’autore o l’editore”.
Non sono davvero banalità. Anzi, la questione della correttezza e della gerarchia delle fonti è forse la prima da porre nei confronti dell’immensità d’informazioni che vengono dalla rete. Acquisire capacità di “orientamento” nel complesso mondo del web – capacità che cominciano da prima che si accenda il pc, con le attitudini alla curiosità, alla domanda… alla “ricerca”, appunto, in senso lato – è oggi decisivo. Le tecnologie aiutano la vita – e la scuola – a patto che non siano, fin dalle elementari, un comodo ripiego. E Google – o chi per esso – un imbonitore come il pifferaio dei fratelli Grimm.
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