scuolaDi Alberto Campaleoni

Sono ormai trent’anni dalla firma del Nuovo Concordato tra la Repubblica italiana e la Chiesa cattolica. Un punto di autentica svolta nei rapporti tra Stato e Chiesa, nel superamento dei Patti Lateranensi (tecnicamente si è firmata la loro revisione) e soprattutto, per quel che riguarda la comunità cristiana, nella direzione indicata dal Concilio.
La nuova normativa derivata per l’Insegnamento della religione cattolica nella scuola (Irc) è un punto forte degli accordi del 18 febbraio 1984 e ancora oggi ha qualcosa da dire. Non sembra aver esaurito la sua forza propulsiva, nonostante anni anche molto difficili, nel pantano di polemiche spesso viziate da ideologie anacronistiche. La sostanza dell’Irc neoconcordatario sta nell’atteggiamento della Chiesa di pieno servizio alla scuola di tutti. Nel riconoscimento della sua autonomia (le sue finalità), del valore di una collaborazione autentica con lo Stato “per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”, all’interno della quale ci sta con diritto – perché la scuola lo chiede (e a questo proposito bisognerebbe ricordare la lunga stagione dei dibattiti che precedette la firma del 1984) – lo studio dei temi religiosi e della religione cattolica, di quei “principi del cattolicesimo” che fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano.
In questi trent’anni, la “rivoluzione” neoconcordataria è stata messa seriamente alla prova, sia sul versante scolastico sia su quello ecclesiale. Sul primo, anzitutto attraverso una continua ridefinizione dell’Irc, attenta alle trasformazioni della scuola e alle esigenze educative rinnovate dei giovani italiani. Si pensi, ad esempio, al diverso impatto che ha, oggi, la questione dell’apertura e del confronto con le religioni diverse – anche sulla spinta, ma non solo, del fenomeno migratorio – raccolta nelle indicazioni programmatiche.
Si pensi, anche, all’opera continua di formazione e qualificazione dei docenti, intrapresa con decisione dalla Chiesa, convinta di dover offrire alla scuola persone qualificate dal punto di vista della preparazione culturale e professionale. Perché la scuola è uno snodo decisivo per l’educazione dei giovani e la comunità cristiana ci “scommette”. Si può ripercorrere questo sforzo all’interno delle prospettive attuali, dell’impegno della Chiesa italiana per l’educazione in generale, del prossimo appuntamento del mondo della scuola col Papa: ecco, l’impegno serio per la scuola e i più giovani nella scuola resta un filo rosso nella storia recente dell’Irc.
Sul versante squisitamente ecclesiale, l’Irc ha contribuito a far maturare una sensibilità di Chiesa mutuata dal Concilio. Con al centro la logica del servizio, dove ciascuno fa la sua parte, con spiritualità laicali da valorizzare, “ministeri” – si passi il termine – differenziati. Non è stato semplice, né tutto scontato, su un terreno di frontiera e spesso accidentato. Eppure, soprattutto i moltissimi insegnanti di religione, uomini e donne “della sintesi”, come vuole un’immagine suggestiva coniata dai vescovi, hanno davvero aiutato la Chiesa a “stare in mezzo”, come lievito, alla scuola, ai giovani, a questo mondo contemporaneo che è la sua casa.
È una storia di passioni ed entusiasmi quella dell’Irc in questi trent’anni. Passioni ed entusiasmi per l’uomo, per l’educazione, per il Vangelo. Passioni ed entusiasmi che non si sono esauriti.

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