A due anni dal naufragio della Costa Concordia, ieri era in programma un sopralluogo per verificare il corretto funzionamento degli ascensori e del generatore diesel di emergenza. Intanto la sagoma spettrale del relitto riporta all’attenzione il problema della compatibilità tra grandi navi e ambiente; in particolare, il dibattito che da anni divide Venezia, soprattutto dopo l’arenarsi nel 2004 della tedesca “Mona Lisa” nel bacino di San Marco.
Una città mai uguale a se stessa, dalla bellezza struggente e fragile fatta di pietra, acqua e luce, con una laguna e un ecosistema il cui precario equilibrio viene messo sempre più a dura prova; in alcuni momenti dell’anno soffocata, quasi espropriata, dallo sciamare rumoroso e inconsapevole di masse di turisti. È vero: non ci sono parole per descrivere l’emozione dell’ingresso lungo la via acquea del bacino di San Marco dall’alto di una nave da crociera, quando le cupole della basilica, il campanile, i contorni delle chiese e dei palazzi si stagliano nella luce perlacea dell’alba o contro il cielo fiammeggiante del tramonto. Da brivido.
Eppure, non si può dare torto al comitato “No grandi navi” che da anni protesta contro l’impatto architettonico e ambientale di “mostri” e “grattacieli galleggianti” superiori anche a 96mila tonnellate. Il decreto Clini-Passera del 2012 ha stabilito che le grandi navi non devono più attraversare il bacino di San Marco e il canale della Giudecca, ma il divieto si applicherà quando ci saranno vie alternative. Tra i progetti esaminati, ad oggi ne è stato formalizzato uno, quello dell’Autorità del porto, mentre si fa avanti anche l’idea di un terminal galleggiante da ormeggiare davanti alle dighe del Mose. Nei giorni scorsi, intanto, il Venice terminal passeggeri, la società che gestisce il traffico crocieristico, ha presentato un ricorso al Tar contro le limitazioni, mentre gli operatori del settore e dell’indotto lanciano l’allarme sulla possibilità che queste portino all’esclusione di Venezia dai percorsi crocieristici, con la conseguente perdita di oltre 2.500 posti di lavoro.
Tra costi e benefici, molti gli interessi in gioco. Una certezza: la città e la laguna non possono più essere messe a rischio dal passaggio delle grandi navi, a meno che non vengano sviluppate adeguate soluzioni infrastrutturali. Servono onestà, competenza e buon senso perché si tratta di scelte strategiche dalle quali può dipendere il futuro di Venezia, della laguna e delle sue attività economiche.
0 commenti