“Ma perché quando mio figlio Giuseppe, di vent’anni, esce la sera con gli amici io sto tranquillo, e invece quando esce Elena, la figlia maggiore di un anno, mia moglie e io non riusciamo a prender sonno? Eppure sono tutti e due dei bravi ragazzi…”.
Sta qui, riassunto nei dubbi di un genitore che parla a ruota libera durante una diretta radiofonica, il significato dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna.
Il papà preoccupato non fa rivendicazioni sessiste, non scomoda le differenze di genere, non invoca il diritto alla sicurezza personale, non pesca nelle pur buone ragione delle “pari opportunità” tra donne e uomini.
Dice solo, a chiare lettere, che ancora tante, troppe volte, c’è un mondo ostile verso le donne, le ragazze, le bambine.
Le statistiche parlano chiaro: le donne sono ancora vittime di violenza (in casa, per strada, spesso ad opera degli stessi padri o mariti); le donne sono, a parità di responsabilità, meno retribuite degli uomini; sono vittime di pregiudizi e di discriminazioni velate o palesi; in politica e nelle imprese fanno fatica a giungere nei posti chiave. Sarà un caso? Certamente no.
E non saranno le “quote rosa” o simili marchingegni artificiali a mettere sullo stesso punto di partenza maschi e femmine nel percorso della vita. La vera parità – che, detto per inciso, è anche quella che rispetta e valorizza le differenze – nasce dall’educazione e dai valori trasmessi alle giovani generazioni, dall’attenzione al prossimo e alla prossima, dal rispetto imprescindibile della dignità di ogni essere umano. Sia esso maschio o femmina, giovane o vecchio, sano o malato, simpatico o meno, ricco o no, italiano o straniero.
Le donne, si sa, sono oltre la metà della popolazione italiana e mondiale. Per alcune la vita è una fantastica e quotidiana avventura, con grandi soddisfazioni, splendide relazioni affettive, successi personali, gioie intense, vera libertà. Per tantissime altre non è così.
“Mia figlia Elena l’altra sera mi ha detto – racconta ancora il papà preoccupato -: ‘prova tu a salire su un tram e sentirti addosso gli sguardi tutt’altro che limpidi di almeno dieci uomini’”. Ecco, confida il genitore, “lì ho capito che, nonostante siamo nel 2014, l’8 marzo e la mimosa hanno ancora un senso”.
0 commenti