Io dipendo. Questa è la verità. Ognuno di noi dipende. Siamo in quanto dipendiamo.
I social network sono una metafora della nostra esistenza: ci sentiamo “qualcuno“, ci sentiamo “vivi“, nella misura in cui un altro “contatto” ci riconosce e si relaziona con noi.
Abbiamo bisogno di un “tu” che ci riconosca. Se non fosse così non sarebbe social e non sarebbe network, inutile esistenza. Dipendiamo da qualcuno o da qualcosa. Dipendiamo dal nostro smart-phone, da un “mi piace”, da un commento della ragazza che ci piace su una foto che abbiamo “postato”.
Lo sappiamo benissimo: da noi stessi non verrà mai nessuna soddisfazione. T
utto quello che può renderci felici, o crediamo ci renda felici, viene dal di fuori di noi. Questa è pura realtà.
Questo è l’uomo!
Siamo fragili, abbiamo bisogno di certezze e continue conferme. Siamo così fragili che cerchiamo le certezze dove è più facile e immediato. Così ci circondiamo di oggetti usa e getta spinti a sostituirli appena esce un modello nuovo, relazioni e amicizie fluide che vanno e vengono, cambiamo facilmente gruppo, sport, luoghi di incontro.
Ci comportiamo così perché all’inizio tutto sembra attrarci, ma in questo modo rimaniamo imprigionati, legati, da un’esigenza di feed-back, di riscontro.
Ciò che facciamo deve avere un ritorno.
Mettere un video su youtube che mostra un tipo che si ubriaca e invita lo spettatore ad imitarlo, riceve più “mi piace” e viaggia sulla rete in modo più veloce di un video che propone un’opera buona, di pace. Emergenza Neknomination in Riviera, rispondiamo con la Raknomination, tu ne sarai capace?
Dipendiamo dalla bellezza: ciò che è bello ci attrae. La bellezza è felicità.
Dipendiamo da nostra madre fin dal concepimento.
Dipendiamo da nostra moglie, o marito, dai nostri figli, dal lavoro, dallo studio.
Sì, dipendiamo anche da cose buone, eppure anche qui si rischia di farsi del male se non sappiamo riconoscere il valore ultimo delle cose.
In definitiva, essendo per natura dipendenti, abbiamo bisogno di riconoscere nell’altro, nelle situazioni della nostra vita, in tutto ciò che abbiamo, il vero “Tu” da cui dipendere.
Si tratta di scegliere e la scelta non contempla rinuncia, ma indica libertà. Innanzitutto scegliere di non dipendere dalla prima cosa che ci capita, ma avere la dignità di guardare avanti. Scegliere di vivere, come proponeva Sant’Agostino, sentendosi dei “viandanti in una locanda” che usano tutti gli oggetti della locanda sapendo che ciò che tengono in mano non è un trattenere, non è un possedere, ma è un “tenere”, un’azione momentanea, perché oggi siamo in questa locanda e domani saremo altrove.
Per scoprire la vera bellezza, per scoprire da chi dipendiamo veramente, c’è bisogno di questo sentimento di povertà, di ricerca dell’essenziale. Dove? Qui. Quando? Ora.
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