Da Zenit di Salvatore Cernunzio
Prima di incontrare il presidente Obama in Vaticano, Papa Francesco il sassolino dalla scarpa contro gli errori e le ideologie spesso presenti nella gestione politica se l’è tolto qualche ora prima, nella Basilica di San Pietro. Qui il Papa ha presieduto la Messa con 493 parlamentari italiani, tra cui nove ministri e i presidenti di Senato e Camera, Piero Grasso e Laura Boldrini. La quale, in un’intervista alla Radio Vaticana poco dopo la celebrazione, ha definito “un po’ severo” il discorso del Papa ai politici.
Effettivamente, dall’Altare della Cattedra, il Papa non ha avuto alcun problema a parlare di corruzione, interessi di partito e lotte interne per il potere, e a denunciare quell’atteggiamento da ‘dottori del dovere’ per cui spesso uomini e donne della politica finiscono per calpestare il prossimo. Gesù Cristo compreso.
Il pensiero di Bergoglio è andato infatti, durante l’omelia, alla “classe dirigente” al tempo del Messia. Proprio per inseguire una ideologia, essa ha “abbandonato” il suo popolo, cacciandosi in un groviglio di corruzione ed egoismo li rende talmente ciechi da non riconoscere nemmeno il Figlio di Dio che si palesava ai loro occhi. Anzi – come narra il Vangelo del giorno – tacciano Gesù per uno stregone, un guaritore, un figlio di Beelzebùl piuttosto che di Dio.
Queste persone “hanno voltato le spalle” al Signore, ha evidenziato Francesco, provocando un grande “dolore” a Dio che il profeta Geremia esprime nella prima Lettura, attraverso il “lamento di Dio” verso una generazione che non ha accolto i profeti e che spreca le energie per parare i colpi dei propri peccati.
“Il cuore di questa gente, di questo gruppetto, – ha commentato Bergoglio soffermandosi sul brano di Luca – con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti”. La situazione è ancora più grave, perché “è tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro”: “Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti”, ha rimarcato il Pontefice, “ma il corrotto è fissato nelle sue cose”.
E questi personaggi del Vangelo “erano corrotti”, per questo – ha spiegato il Papa – “si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio”. Loro portano avanti una “resistenza alla salvezza di amore del Signore”. E così facendo, ha sottolineato Papa Francesco, “hanno sbagliato strada”, “sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del dovere”.
Il rifiuto dell’amore di Dio ha fatto sì che questo popolo cieco e stolto si ponesse “su una strada che non era quella della dialettica della libertà che offriva il Signore, ma quella della logica della necessità, dove non c’è posto per il Signore”.
E non è la stessa cosa seguire l’una o l’altra logica, ha ribadito il Santo Padre, perché “nella dialettica della libertà c’è il Signore buono, che ci ama, ci ama tanto”.
Invece, “nella logica della necessità non c’è posto per Dio: si deve fare, si deve fare, si deve…”. Seguendo questa logica si diventa “comportamentali”, “uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini”. Tanto che Gesù accusa queste persone di essere “sepolcri imbiancati”.
Come nelle omelie mattutine a Santa Marta, Bergoglio ha esortato quindi il suo uditorio a mettersi una mano sul cuore e un’altra sulla coscienza e domandarsi: “Ma io sono su questa strada? O ho il pericolo di giustificarmi e andare per un’altra strada? Una strada congiunturale, perché non porta a nessuna promessa…”.
Due, in conclusione, le raccomandazioni del Pontefice ai parlamentari: “In questa strada della Quaresima ci farà bene, a tutti noi, pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della libertà dove c’è l’amore”.
L’esortazione è quindi a pregare il Signore “che ci dia la grazia di andare sempre per la strada della salvezza, di aprirci alla salvezza”. Perché la salvezza, ha concluso il Pontefice, “viene soltanto da Dio, dalla fede”, non da quello “che proponevano questi ‘dottori del dovere’, che avevano perso la fede a reggevano il popolo con questa teologia pastorale del dovere”.
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